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https://www.middleeastmonitor.com I sionisti arabi e Gaza La malafede e la sconfitta hanno sottolineato il loro record in Palestina. Il vanaglorioso primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu li descrive come suoi amici. Nella Striscia di Gaza, i palestinesi li denunciano come gli uomini di ieri che desiderano essere rilevanti anche oggi. Con ogni vittoria segnata dalla resistenza è diventato sempre più chiaro che non c'è futuro per i sionisti arabi che hanno prosperato sulla miseria palestinese per generazioni. Il 15 di luglio Channel Two Israeliano ha effettuato il report di un incontro segreto a Parigi, tenutosi a fine giugno, tra il ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman e il ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti, Abdullah ibn Zayd, per discutere di come sradicare Hamas dalla Striscia di Gaza. Secondo il rapporto, anche i ministri degli esteri sauditi e giordani erano a Parigi in quel momento, dove si sono incontrati con il Segretario di Stato americano John Kerry per discutere gli sviluppi in Medio Oriente. Alla fine, è stato deciso che Israele avrebbe eseguito l'operazione militare contro Hamas, mentre gli Emirati Arabi Uniti fornivano i fondi. Gli unici assenti di rilievo alla riunione di Parigi, erano gli egiziani. Sembra che la loro partecipazione fosse assicurata, al punto che non è stato richiesto alcun incontro preliminare per convincerli. Inoltre, dal momento che non erano in grado di agire indipendentemente dai loro finanziatori negli Stati Uniti e nel Golfo, la loro presenza nella capitale francese è stata ritenuta superflua. Tutto ciò che è stato richiesto al Cairo è che mantenesse il valico di Rafah chiuso e si coordinasse con Israele, quando l'assalto fosse iniziato. Due giorni dopo che Israele ha lanciato la sua offensiva il 7 luglio, l'Egitto ha annunciato la distruzione di 19 tunnel al confine con Gaza. Una volta che il bilancio delle vittime civili a Gaza è cominciato a salire, il Cairo ha proposto una iniziativa di cessate il fuoco, ben sapendo che sarebbe stata inaccettabile per i gruppi della resistenza a Gaza, anche perché non erano né parte delle discussioni, e tanto meno gli sarebbero state offerte garanzie che il blocco del territorio sarebbe stato abolito. In effetti, la proposta egiziana ha dato a Israele più tempo per finire il lavoro. Il coinvolgimento di Tony Blair nella preparazione, rafforza questo punto di vista, dato che nel 2006 come primo ministro britannico si era rifiutato di chiedere la sospensione di un attacco israeliano simile, nel Libano, nella speranza che i suoi amici a Tel Aviv avrebbero avuto tempo sufficiente per schiacciare Hezbollah. Gaza ha avuto più della sua giusta quota di aggressione israeliana negli ultimi anni. Tuttavia, ciò che distingue quest’ultimo attacco è stato il livello di complicità regionale. Il ruolo attribuito ai governi regionali è variato da una collaborazione attiva a un’estrema e tacita approvazione. Il doppio gioco Egiziano è sempre stato fondamentale. Mentre chiedeva il sostegno per il suo piano di cessate il fuoco, chiudeva sempre più strette le viti sul valico di Rafah, negando l'ingresso a gruppi di medici europei e regionali inviati per aiutare le vittime della brutalità israeliana. Dopo due settimane di implacabili bombardamenti da terra, aria e mare, è chiaro che Netanyahu abbia fatto il passo più lungo della gamba a Gaza. Nonostante le dichiarazioni che l'offensiva di terra israeliana sia iniziata, i fatti le smentiscono. I soldati israeliani rimangono rintanati dietro i loro carri armati e l’artiglieria ai confini di Gaza, incapaci di spingersi più di 300 metri dentro l’enclave. L’ex capo militare dell'Egitto e oggi presidente, Abdel Fattah Al-Sisi, aveva evidentemente dato a Netanyahu il suo sostegno senza riserve e la garanzia che l'operazione sarebbe stata breve e che le forze israeliane sarebbero state in grado di uscirne con facilità. Cosa che si è rivelata essere un errore di calcolo mortale. Di fronte a un numero crescente di soldati uccisi in azione, gli appelli vengono ora ascoltati in Israele, per un'inchiesta di questo ultimo fiasco. Con la cattura di un soldato da parte delle Brigate Ezzedine Al-Qassam la pressione sul primo ministro israeliano si intensificherà nei prossimi giorni. Nonostante la sua dotazione hardware superiore, l'esercito israeliano sembra riluttante a confrontarsi con le forze della resistenza, ben addestrate, disciplinate e altamente motivate. Dopo la messa in scena di una serie di incursioni di audaci commando dietro le linee nemiche che hanno lasciato gli israeliani demoralizzati e confusi. Quindi, le osannate Forze di Difesa Israeliano con il loro motto: "purezza delle armi" hanno fatto ricorso ad attacchi indiscriminati contro i civili in tutta Gaza. Anche se i portavoce israeliani sostengono che Hamas sta usando i civili come pedine, il massacro in Shujaeya ha dimostrato che è vero il contrario. Nel tentativo di fare pressione la resistenza dell'esercito israeliano ha rifiutato, per diverse ore, di concedere l'accesso alla Croce Rossa per evacuare morti e feriti. Molti hanno disegnato un parallelo tra il massacro di Sabra e Chatila nel 1982 in Libano con il massacro di Shujaeya. I sanguinosi, corpi straziati sono, senza dubbio, simili. Forse l'unica grande differenza in questa occasione è che, mentre nel 1982 erano le forze cristiano-maronite che hanno collaborato con gli israeliani, oggi sono i musulmani arabi sionisti. Dopo aver pianificato e collaborato con il nemico per attaccare i palestinesi quando hanno rotto il loro digiuno di Ramadan, si possono solo descrivere come "musulmani"; il loro status reale sta diventando sempre più chiaro. Il massacro sistematico di civili a Gaza nelle ultime due settimane non è stato in alcun modo il lavoro di un esercito di forte morale. E non avrebbe mai potuto accadere senza il tradimento dei palestinesi da parte dei sionisti arabi. Anche così, quest’ultima aggressione si sta dirigendo verso un risultato; una sconfitta umiliante per Israele e i suoi alleati. Il loro errore fatale è che essi hanno giudicato male la natura e la capacità della resistenza, che ha visto il premio della libertà più vicino che in qualsiasi altro momento, in questo conflitto di lunga durata. https://www.middleeastmonitor.com
The Arab Zionists and Gaza Bad faith and defeat have underlined their record in Palestine. Israel's vainglorious Prime Minister Benjamin Netanyahu describes them as his friends. In the Gaza Strip, Palestinians denounce them as yesterday's men who wish to be relevant today. With every victory scored by the resistance it has become ever clearer that there is no future for the Arab Zionists who have thrived on Palestinian misery for generations. On 15 July Israel's Channel Two carried a report of a secret meeting in Paris in late June between Israeli Foreign Minister Avigdor Lieberman and the foreign minister of the United Arab Emirates, Abdullah ibn Zayd, to discuss how to eradicate Hamas from the Gaza Strip. According to the report, the Saudi and Jordanian foreign ministers were also in Paris at the time, where they met with US Secretary of State John Kerry to discuss developments in the Middle East. In the end, it was agreed that Israel would execute the military operation against Hamas while the UAE provided the funds. The only notable absentees from the Paris meeting were the Egyptians. It appears that their participation was so assured that they required no meeting to persuade them. Moreover, since they are in no position to act independently of their US and Gulf paymasters their presence in the French capital was deemed unnecessary. All that was required from Cairo was that it kept the Rafah crossing closed and coordinated with Israel when the assault began. Two days after Israel launched its offensive on 7 July, Egypt announced the destruction of 19 tunnels on the border with Gaza. Once the civilian death toll in Gaza began to rise Cairo proposed a "ceasefire initiative" knowing full well that it would be unacceptable to the resistance groups in Gaza, not least because they were neither party to the discussions nor offered guarantees that the blockade of the territory would be lifted. In effect, the Egyptian proposal gave Israel more time to finish the job. The involvement in its preparation of Tony Blair reinforces this view, given that in 2006 as British prime minister he had refused to call for a halt to a similar Israeli attack on Lebanon in the hope that his friends in Tel Aviv would be given enough time to crush Hezbollah. Gaza has had more than its fair share of Israeli aggression in recent years. However, what distinguishes this latest attack has been the level of regional complicity. The role ascribed to regional governments has varied from active collaboration at one extreme to tacit approval on the other. Egypt's double-dealing was always crucial. While it drummed up support for its plan, it turned the screws ever tighter on the Rafah crossing, denying entry to European and regional medical teams sent to help the victims of Israeli brutality. After two weeks of relentless bombing from land, air and sea, it is clear that Netanyahu has bitten off more than he can chew in Gaza. Despite claims that the Israeli ground offensive has started the facts disprove them; Israel's soldiers still remain holed-up in and behind their tanks and artillery on the borders of Gaza, unable to push more than 300 metres into the enclave. Egypt's former military chief and now president, Abdel Fattah Al-Sisi, had apparently given Netanyahu his unreserved support and assurance that the operation would be short and that the Israeli forces would be able to pull out with ease. That has turned out to be a deadly miscalculation. Faced with a rising number of soldiers killed in action, calls are now being heard in Israel for an inquiry into this latest fiasco. With the capture of a soldier by the Ezzedine Al-Qassam Brigades the pressure on the Israeli prime minister will intensify in coming days. Despite its superior US-supplied hardware, the Israeli army seems reluctant to take on the highly motivated, well-trained and disciplined resistance forces. After staging a series of daring commando raids behind enemy lines they have left the Israelis demoralised and confused. Hence, the feted Israel "Defence" Forces (Motto: "Purity of Arms") have resorted to indiscriminate attacks on civilians across Gaza. Even though Israeli spokesmen claim that Hamas is using civilians as pawns, the massacre in Shujaeya demonstrated that the opposite is true. In an attempt to pressure the resistance the Israeli army refused, for several hours, to grant access to the Red Cross to evacuate the dead and injured. Many have drawn parallels between the 1982 massacre at Sabra and Shatila in Lebanon with the massacre at Shujaeya. The bloody, mangled bodies are, undoubtedly, similar. Perhaps the only major difference on this occasion is that whereas in 1982 it was the Maronite Christian forces who collaborated with the Israelis, today it is the "Muslim" Arab Zionists. Having planned and collaborated with the enemy to attack the Palestinians when they broke their Ramadan fast, they can only be described as "Muslims"; their real status is becoming clearer. The systematic massacre of civilians in Gaza over the past two weeks was by no means the work of a strong or "moral" army. It could never have happened without the betrayal of the Palestinians by the Arab Zionists. Even so, this latest aggression is heading toward one result; a humiliating defeat for Israel and its allies. Their fatal error is that they misjudged the nature and capability of the resistance, which has seen the prize of freedom closer than at any other time in this long-running conflict.
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