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https://www.middleeastmonitor.com La repubblica della paura C'era una volta un tempo in cui abbiamo sognato di essere liberi, quando la libertà ci ha chiamati con il suo canto liberatorio e siamo rimasti ipnotizzati dal profumo dei fiori di gelsomino che è stato associato alle rivoluzioni in atto in lungo e in largo in questo paese. E' stato lì che abbiamo trovato il calore nelle notti di gennaio e scambiato sentimenti di sicurezza e protezione. Ci siamo coperti con il nostro sogno di libertà e coricandoci per le strade, e non importava quanto duro fosse il marciapiede. Abbiamo ignorato i segni premonitori dei nostri stomaci vuoti. Improvvisamente, segni di ruggine cominciarono ad apparire e abbiamo chiesto altre tende, perchè erano troppo strette per ospitare tutti. Ognuno di noi è sfuggito ai propri auto-imposti muri di isolazionismo e ha decostruito la paura e l'ego fino a trasformarli in un unico e medesimo. Le nostre preoccupazioni e lo scetticismo svanirono nel nulla e tutti iniziarono a cercare il porprio senso di sé e a ridefinire che cosa significasse essere egiziano. Abbiamo sperimentato un senso di migrazione interna in cerca di una patria che sentivamo assente e fuori dalla nostra portata. Abbiamo sofferto del dolore interno per decenni, la paura e l'alienazione, ed improvvisamente le nostre restrizioni erano svanite e abbiamo rotto le barriere della paura, del silenzio e dell’alienazione. In quel momento abbiamo sentito un senso di tranquillità e di intimità molto simile alla fragranza del Nilo dopo che si coltiva la terra vicino al delta. Dietro questa immagine tranquilla di nebbia attesa e confusione, ancora per qualche tempo i nostri occhi hanno brillato di speranza e luccicato con fiducia. Con la nostra forza eravamo ansiosi di riempire i cieli con il suono delle nostre canzoni di vittoria e di piangere il figliol prodigo che torna dopo una lunga assenza. I nostri corpi e le anime, se messi insieme, producono una forza capace di spostare le montagne. Nonostante il nostro senso del dolore, tutti noi abbiamo sentito sorprendentemente confortevole la presenza dell'altro e insieme abbiamo urlato che non avrenno avuto paura dopo oggi. Abbiamo promesso che non avremmo avuto paura di noi stessi e che avremmo rotto le barriere del nostro isolamento. Non abbiamo bisogno di nessuno per aiutarci a scoprire il nostro senso di umanità e non abbiamo bisogno che anziani e mediatori ci limitino e ci separino. Ci siamo promessi l’un l'altro che non avremmo avuto paura e che nessuno si sarebbe sentito alienato nella sua patria. A quel tempo, abbiamo anche detto che nessun cittadino si sarebbe come un estraneo. In quel momento abbiamo creduto ciò che segue: Ciò che ci avrebbe tenuto insieme è il sogno che tutti abbiamo avuto, di vivere insieme un giorno e di costruire le nostre necessità insieme al sogno. Vorremmo pregare, cantare e lodare Dio insieme. Insieme, vorremmo cantare una canzone di vittoria che loda la nostra patria, che è invincibile contrapposta ad un luogo di paura. Vorremmo raggiungere un luogo di riconciliazione e scoprire la bontà della nostra terra. Vorremmo piantare i semi della libertà, che noi tutti coltiviamo e nutriamo con le acque del nostro sacro Nilo. Vorremmo evitare che i venti della rabbia danneggino questi semi e prevengano ogni egoismo che voglia distruggerli. Vorremmo lavorare insieme per coltivare i nostri semi di pace e prevenire eventuali spine della sopraffazione. Vorremmo sollecitare l'aiuto dei nostri nonni contadini saggi, per aiutarci nel nostro cammino senza alcun mediatore. Vorremmo lavorare insieme in modo che possiamo essere in grado di recuperare la bontà della nostra terra. Vorremmo lavorare insieme per sradicare i semi della malvagità dalla nostra terra, quei semi che hanno incorporato un senso di malattia nelle nostre anime. Vorremmo lavarci via questa tirannia sanguinaria che minaccia la nostra vita. Eppure, dopo un pò ho incontrato un vecchio amico di Tahrir e nonostante tutti questi sentimenti ho sentito un senso di paura che mi ha portato a dubitare di lui. Un senso nero di paura che cominciò a sopraffarmi e, lentamente, cominciai a chiedermi se mi avrebbe lanciare una pietra contro. Ci siamo scambiati sentimenti di paura, odio e diffidenza, ancora una volta. Mi sono ritrovata ancora una volta ad essere protettiva dei semi di pace, e dei giorni in cui abbiamo espulso il fantasma della paura dalla nostra vita. Che Dio abbia pietà di quei giorni in Tahrir e possa Egli perdonare coloro che stanno piantando i semi di odio e paura nella repubblica, ancora una volta.
https://www.middleeastmonitor.com The republic of fear There was once a time when we dreamt of being free, when freedom called upon on us with its liberating song and we were hypnotised by the smell of jasmine blossoms that was associated with the revolutions taking place in the length and breadth of this country. It was there that we found warmth in January nights and exchanged sentiments of safety and security. We covered ourselves with our dream of freedom and we lay out on the streets and didn't care how harsh the sidewalk felt. We ignored the warning signs of our empty stomachs. Suddenly, signs of blight began to appear and we requested tents that were too narrow to accommodate everyone. Everyone escaped their self-imposed walls of isolationism and deconstructed both fear and ego until they became one and the same. Our concerns and scepticism faded into nothing and everyone begin to search for their sense of self and redefine what it meant to be Egyptian. We experienced a sense of internal migration in search of a homeland that we felt was absent and out of reach. We have been suffering from internal grief, fear and alienation for decades and suddenly our restrictions faded away and we broke barriers of fear, silence and alienation. At that time we felt a sense of tranquillity and intimacy much like the fragrance of the Nile after it cultivates the land near the delta. Behind this tranquil image waited fog and confusion yet for some time our eyes glittered with hope and shined with confidence. With our strength we were eager to fill skies with the sound of our victory songs and cry after the prodigal son returns after a long absence. Our bodies and souls, when put together, produced a force that was capable of moving mountains. Despite our sense of pain, all of us felt surprisingly comfortable in the presence of the other and together we yelled out that we wouldn't be afraid after today. We promised that we would not be afraid of ourselves and that we would break the barriers of our isolation. We did not need anyone to help us discover our sense of humanity and we do not need elders and mediators that limit us and separate us. We promised each other that we would not fear one another and that no one would feel alienated in their homeland. At that time, we also said that no citizen would feel like an outsider. At that time we believed the following: What would bring us together is the dream we all had of one day living together and our need to build the dream together. We would pray, chant and praise God together. Together, we would sing a victory song that praises our homeland, one that is invincible as opposed to a place of fear. We would reach a place of reconciliation and discover the goodness of our land. We would plant the seeds of freedom, which we would all cultivate and nourish with our sacred Nile's waters. We would prevent the winds of anger from harming these seeds and prevent any selfishness from destroying them. We would work together to cultivate our seeds of peace and prevent any thorns from overpowering them. We would solicit the help of our wise farmer grandfathers to help us along our path without the help of a mediator. We would work together so that we may be able to retrieve the goodness of our land. We would work together to de-root the seeds of maliciousness from our land, which have embedded a sense of sickness in our souls. We would wash ourselves of this bloody tyranny that threatens our livelihood. Yet, after a while I met up with an old friend from Tahrir and despite all of these sentiments I felt a sense of fear that led me to doubt him. A black sense of fear began to overcome me and I slowly begin to wonder if he would throw a stone at me. We exchanged sentiments of fear, hatred and mistrust once again. I find myself being protective of the seeds of peace once again and the days where we expelled the ghost of fear from our lives. May God have mercy on those days in Tahrir and may He forgive those who are planting the seeds of hate and fear in the republic once again.
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