Originale: Cubadebate
http://znetitaly.altervista.org
8 aprile 2014

Come combattere l’offensiva fascista in Venezuela
di Attilio Boron
Traduzione di Maria Chiara Starace

Che cosa si deve fare per porre fine all’aumento di violenza in Venezuela? Ovviamente l’impero ha una copione, come aveva avvertito Chávez nella conferenza tenuta il 10 dicembre 2007 al Centro Culturale per la Cooperazione di Buenos Aires.

Una copione che è stata già messa in pratica in altri paesi da molto tempo: il caso più tristemente noto che in qualche modo ha fissato i parametri di questo processo fascista indotto è stato il Cile di Allende. Dopo questa esperienza criminosa pioneristica, il copione è stato migliorato con numerosi tentativi perpetrati in altri paese anche con tentativi di sistematizzazione teorica, il più importante dei quali fatto da Eugene Sharp e dal suo gruppo dell’Istituto Albert Einstein, un nome fasullo per un’istituzione che si dedica a ideare nuove strategie di “cambiamento di regime”, facendo ricorso a modi ipoteticamente “non violenti” di rovesciare i governi non disposti a sottomettersi all’autorità di Washington.

I casi della Libia, della Siria, dell’Ucraina, e ora del Venezuela illustrano in maniera didattica che cosa l’espressione “non-violente” significa in realtà per gli strateghi dell’impero.

E’ evidente che il sistema internazionale sta attraversando una fase di transizione geopolitica globale di subbuglio. Circa un decennio fa nuovi  centri  di potere politico ed economico sono emersi mentre il potere globale degli Stati Uniti si indeboliva. Indubbiamente sono ancora la più forte potenza militare sul pianeta, ma questo non basta a vincere le guerre, cosa che è stata dimostrata chiaramente dalle guerre in Vietnam, in Iraq e in Afghanistan.  I  loro alleati sono più esitanti e incerti, i loro servi sono meno ubbidienti e i loro avversari e rivali sono più potenti e influenti. Washington sta perdendo terreno in Medio Oriente: i loro tentativi di attaccare la Siria sono falliti, i loro tentativi di ricattare l’Iran sono risultati essere una spacconata  innocua e i loro alleati storici nella regione, cioè le reazionarie teocrazie del Golfo sono ora minacciate dall’avanzata jihadista, mentre Israele, rispetto a certi argomenti, fa il suo gioco che paradossalmente trasforma Washington in suo subordinato riluttante. In Asia Centrale i sentimenti antistatunitensi raggiungono un picco senza precedenti, e in Estremo Oriente la predominanza della Cina sembra essere irresistibile e destinata a spostare le placche tettoniche del sistema internazionale.

E’ in questo scenario di declino imperiale che va capita l’offensiva violenta ed eversiva contro il Venezuela. Il Venezuela ha le più grosse riserve di petrolio del mondo; questo è il motivo per cui è un’enorme calamita per un paese che ha consolidato uno stile di vita e che ha ottenuto la sua supremazia mondiale sulla base di uno spreco irresponsabile di questa risorsa. Negli anni ’70, dopo  la  sconfitta degli Stati Uniti in Indocina (Vietnam, Laos, Cambogia), era stata scatenata una controffensiva che ha portato all’emergere di dittature militari nella maggior parte dei paesi latino americani e caraibici. Analogamente, l’indebolimento globale degli Stati Uniti li sta spingendo a trovare rifugio nel loro “cortile”,  come John Kerry ha detto non molto tempo fa durante la sua visita  all’OAS (Organizzazione degli Stati Americani); o nella loro “  retroguardia  strategica”, come la avevano definita Fidel e Che Guevara. E a quello scopo regimi e governi politici indesiderabili devono essere tolti di mezzo.

Da qui l’enorme difficoltà di mettere fine all’attacco dei fascisti in Venezuela, malgrado i continui appelli alla pace del Presidente Nicolás Maduro,  enormemente ignorati dall’opposizione. Il Venezuela è la testa di ponte di una strategia mirata a destabilizzare meticolosamente le democrazie latino-americane. Applicata per la prima volta alla terra di Chávez, questa strategia sarà adoperata poi in Ecuador e in Bolivia e infine in Argentina, in Brasile e in Uruguay. Il risultato che si sta cercando per mezzo di questa operazione è di riportare lo scenario che esisteva in America latina e nei Caraibi prima della Rivoluzione  Cubana, e di imporre in tutta la regione “governi amici” di tipo coloniale, obbedienti agli interessi economici e geopolitici di Washington. Questo è precisamente ciò che trasforma la battaglia  in corso in Venezuela, in un equivalente di Stalingrado durante la Seconda guerra mondiale: una battaglia decisiva che non si può perdere, perché “l’effetto domino” provocato da una sconfitta sarebbe pessimo per le lotte di emancipazione dei nostri popoli, e l’impero è del tutto conscio di questo. Però fermare l’intensificazione della violenza che oggi sta portando dolore e morte alla Repubblica Bolivariana del Venezuela richiede che:

Prima di tutto, costante pressione  internazionale e interna, negli Stati Uniti, in modo che la Casa Bianca la smetterebbe di incoraggiare,  organizzare e finanziare la destra venezuelana, che è  coinvolta in un processo fascista irreversibile. A questo scopo, Obama deve riconoscere  la vittoria  legittima di Nicolás Maduro nelle elezioni del 14 aprile 2013, corroborata dalla schiacciante vittoria del chavismo nelle elezioni municipali  dell’8 dicembre 2013. L’ostinazione di Washington è stata un chiaro segnale per i rivoltosi che i loro reati sono approvati incondizionatamente dall’impero. Senza questo appoggio da parte del governo degli Stati Uniti, l’offensiva sarebbe stata sconfitta nel giro di pochi giorni. Obama dovrebbe essere denunziato alla Corte Internazionale di Giustizia come principale promotore degli atti di violenza che hanno procurato così tanta morte in Venezuela.

Secondo,  applicare la legge in modo rigoroso  ai rivoltosi  e ai dimostranti che stanno ricorrendo a tutte le forme immaginabili di violenza,  altrimenti si avrà una metastasi fascista che gradualmente includerà – come sembra stia accadendo in questi giorni – altri gruppi dell’opposizione attirati dalla strategia di rovesciare il governo per mezzo della violenza. Questo può accadere per due motivi: primo, si aspettano di poter compiere le loro azioni violente con impunità, considerando che il governo bolivariano assillato è stato eccessivamente tollerante con i rivoltosi (parliamo di persone che distruggono beni pubblici e privati, impiegano guayas [filo spinato] per tagliare la gola ai motociclisti, di persone che attaccano usando bottiglie molotov, ecc.); il secondo motivo è “l’esempio di successo” dell’Ucraina dove una banda neo-nazista ha approfittato di una protesta che all’inizio è stata pacifica, poi ha preso il controllo del governo perpetrando ogni tipo di azioni e reati vergognosi. Sono poi stati immediatamente riconosciuti dalla Casa Bianca e dai loro compari dell’Unione Europea. La tolleranza nel trattare i rivoltosi causerà lo scoraggiamento del movimento chavista,   la rottura   delle sue strutture  organizzative, e un cambiamento molto negativo nella correlazione di forze contro la rivoluzione e a favore della controrivoluzione, perché questo è precisamente quello che intendono dire a Washington quando parlano in termini di “cambiamento di regime.” Proprio adesso, la benevolenza nel trattare con coloro che, con il sangue e con il fuoco mirano a cancellare la Rivoluzione Bolivariana dalla faccia della terra, porterà certamente all’autodistruzione del processo rivoluzionario. Prima si deve schiacciare la controrivoluzione in corso, poi si potrebbe fare un’analisi su chi merita di essere trattato con gentilezza e magnanimità dalla rivoluzione il cui potere verrà quindi consolidato.

Terzo, stimolare e migliorano l’organizzazione delle masse e i loro meccanismi di mobilitazione. La destra cercherà di combinare le sua azioni violente e di rovesciamento con il suo controllo “pacifico” nelle strade fatto con guarimbas (azioni  violente), dimostrazioni e di tutti i tipi di proteste di piazza. Il movimento chavista deve riguadagnare il controllo delle strade e chiarire che è predominante in concreto, indipendentemente dagli accordi che si possono raggiungere al  tavolo dei negoziati. Infatti senza l’appoggio della “strada” e delle persone che si organizzano, questi accordi in “alto loco” non sarebbero affatto efficaci. Si deve operare inoltre, per rendere la base popolare chavista e la gente in generale consapevoli che c’è in gioco il futuro della Rivoluzione Bolivariana e i successi storici di 15 anni, e che la difesa efficace della Rivoluzione richiede inesorabilmente l’immediato     del socialismo e l’immediato     delle istruzioni date dal Comandante Hugo Chávez Frías sul “Golpe de Timón” (“Cambiamento di rotta”), in occasione dell’incontro del Consiglio dei Ministri del 20 ottobre 2012. Qualsiasi governo che emerge come risultato di quella controffensiva imperiale, procederà come ha fatto il governo di Pedro Carmona Estanga ,  l’11 aprile 2002, quando il suo primo decreto ha abrogato con un colpo solo la Costituzione del 1999, e anche i diritti in essa stabiliti; ha anche sciolto tutti i poteri dello Stato, ha dichiarato illegale la struttura giudiziaria esistente, ha rimosso tutte le autorità che erano state il risultato del voto popolare a livello nazionale, statale e municipale, e ha messo fine al patto di  collaborazione con Cuba.

Infine, è necessario impiegare ogni sforzo nel combattere in modo efficace una battaglia nel fondamentale campo dei media, che, secondo il Pentagono, è il settore principale dove si combatte una guerra tra rivoluzione e controrivoluzione, e dove i governi progressisti e di sinistra della regione hanno dimostrato debolezze pericolose contro nemici che per lungo tempo hanno sviluppato una strategia di dominio e di manipolazione dei media con profonde ripercussioni sull’immaginazione sociale. Bugie pronunciate sistematicamente finiscono per essere percepite come verità incontestabili, e  da questo nasce la necessità di replicare in maniera appropriata, usando creativamente non soltanto i media tradizionali (stampa, radio, televisione), ma anche le grandi opportunità fornite dalle reti sociali.


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://zcomm.org/znetarticle/tow-to-fight-the-fascist-offensive-in-venezuela

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