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http://www.theatlantic.com Thomas Piketty e la fine della nostra coesistenza pacifica con la disuguaglianza Le disparità economiche non sono una novità. Ma da Piketty al papa, parlandone lo diventano. Due anni fa, ho scritto, "La disuguaglianza sarà il tema centrale del 2012. Essa è sempre esistita e non scomparirà, ma quest'anno sarà in cima all’agenda globale di elettori, manifestanti e politici .... Nel 2012, la coesistenza pacifica con la disuguaglianza finirà e le richieste e le promesse per combatterla diventeranno più agguerrite e più diffuse di quanto siano mai state dalla la fine della Guerra Fredda." Ed è quello che è successo. L'1 per cento contro il 99 per cento è diventato un tormentone mondiale. Nel 2012, ci sono stati il 25 per cento in più di articoli accademici sulla disuguaglianza rispetto all'anno precedente e il 237 per cento in più rispetto al 2004. Figure di rilevanza mondiale come Papa Francesco e Barack Obama hanno dichiarato la disuguaglianza, questione determinante del nostro tempo. E come combatterla è diventato un argomento inevitabile nei dibattiti elettorali ovunque, anche in paesi come il Brasile, dove, negli ultimi dieci anni, la disuguaglianza del reddito è costantemente diminuita. E ora arriva Thomas Piketty, un economista francese che ha recentemente pubblicato un denso tomo di 700 pagine intitolato, “Il Capitale nel ventunesimo secolo”, che è diventato rapidamente un bestseller internazionale che non rende giustizia all'impatto di questo libro e dell'autore. Piketty è un fenomeno sociale, intellettuale e mediatico, nonché un successo editoriale. La sua tesi principale è che la disuguaglianza economica è l'effetto collaterale inevitabile del capitalismo e che, se i governi non agiscono in modo decisivo a contenerlo, per lo più attraverso maggiori imposte sul patrimonio e sui redditi, crescerà progressivamente fino a diventare una seria minaccia per la democrazia e la stabilità economica. Secondo Piketty, la disuguaglianza aumenta quando il tasso di remunerazione del capitale " r" è maggiore del tasso di crescita dell'economia "g"; o, nella sua formulazione già nota, la disuguaglianza cresce quando "r > g". L'effetto Piketty è maggiore della ben nota storia di economisti accademici che attirano il pubblico al di là dei lettori di riviste specializzate. Come ad esempio, si consideri un recente articolo del New York Times su come scegliere un nuovo posto dove vivere. L'autrice suggerisce che le persone che stanno pensando di trasferirsi in una nuova città valutano i gusti letterari dei loro potenziali vicini. Lei consiglia di recarsi alla biblioteca locale e scoprire quali libri stanno leggendo le persone. Chiedetevi: "E' una sorta di luogo Piketty, o lo fa propendere verso James Patterson*?" Un altro articolo esplora le spinose questioni che sorgono tra le coppie in cui la moglie guadagna più di suo marito e si conclude che, con un uomo la cui moglie merita più di lui si focalizza l'essenza del problema; il dibattito Piketty. Più oltre, sul Financial Times, Robert Shrimsley ci avverte in una colonna molto divertente che "la preoccupazione sta crescendo e gran parte del mondo occidentale si sta dirigendo in un bolla Piketty, un fenomeno sociale ed economico che si verifica quando tutti coloro che si considera essere qualcuno sentono il bisogno di parlare di un nuovo libro dell’economista francese Thomas Piketty". Shrimsly poi offre le nove tappe in cui la bolla Picketty probabilmente evolverà. Egli, per esempio, chiama fase due, "la velocità di fuga": "Una massa critica di entusiasmo vede la provvista Piketty salire più velocemente del Bitcoin. Velocità di fuga che viene raggiunta da politici e sapientoni che capiscono il suo valore nel sostenere le loro convinzioni esistenti. Essi osservano che il suo libro cristallizza il grande problema dei nostri giorni. Tali riferimenti devono inoltre includere sempre la frase: nel suo importante lavoro. Spuntano su Internet nuove Guide Bluffers." La popolarità inattesa di libri accademici elevati non è nuova, esempi come La fine della storia da Francis Fukuyama e Lo scontro di Civiltà di Samuel Huntington lo attestano. Pubblicati nel 1992 e nel 1996, rispettivamente, sono usciti nei momenti opportuni, quando c'era già un forte interesse in tutto il mondo per gli argomenti che stavano esplorando. Entrambe le opere sono emerse dopo il crollo dell'Unione Sovietica, la fine del comunismo fece emergere questioni fondamentali sul futuro della politica e dell'economia. Fukuyama predisse che la nuova era sarebbe stata definita dal trionfo delle idee, per la democrazia e i mercati liberali. Diversi anni dopo, Huntington sosteneva che gli scontri sulla religione piuttosto che sull'ideologia sarebbero diventati la fonte più frequente di conflitti nel XXI secolo. Ora è il turno di Piketty. Una decina di anni fa, durante il boom economico e prima della crisi finanziaria, il desiderio di capire perché "r > g" uguale più disuguaglianza, non potrebbe essere più intensa e diffusa. La verità, tuttavia, è che la disuguaglianza economica è stato un grave problema per la maggior parte della popolazione mondiale per un lungo periodo. Queste disuguaglianze non sono nuove in America Latina e in Africa, le regioni con la distribuzione del reddito più diseguale. E in molti paesi dove la disuguaglianza è storicamente elevata, il driver principale delle divisioni non è r > g ma c > h, dove "c" sta per corruzione e "h" per onestà. La disuguaglianza è diventata il parafulmine che è oggi solo quando la ricchezza e i redditi sono diventati così concentrati negli Stati Uniti, come lo erano stati in altri paesi fortemente disuguali. Questa superpotenza ha una capacità senza pari di esportare e globalizzare le sue ansie. In questo caso, è una buona notizia che il problema che affligge gli americani è importante anche per le persone di altri Paesi che hanno passivamente tollerato la disuguaglianza per troppo tempo. Si spera che il dibattito in corso negli Stati Uniti e in Europa si traduca in azioni che migliorino effettivamente i modi in cui il reddito e la ricchezza vengono distribuiti, e non solo nelle nazioni ricche. Note * James B. Patterson è un autore americano. Egli è largamente conosciuto per i suoi romanzi circa lo psicologo immaginario Alex Cross, un padre vedovo, ex agente dell'FBI. Una di serie di romanzi, crimine, mistero e thriller, incentrati sul protagonista Alex Cross mentre combatte contro le minacce alla sua famiglia e Washington DC
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Thomas Piketty and the End of Our Peaceful Coexistence With Inequality Economic disparities aren't new. But from Piketty to the pope, talking about them is. Two years ago, I wrote, “Inequality will be the central theme of 2012. It has always existed and is not going away, but this year it will top the global agenda of voters, protesters and politicians…. In 2012, peaceful coexistence with inequality will end and demands and promises to fight it will become fiercer and more widespread than they have been since the end of the Cold War.” And that’s what happened. The 1 percent versus the 99 percent became a global catchphrase. In 2012, there were 25 percent more academic articles about inequality than in the previous year and 237 percent more than in 2004. Notable world figures like Pope Francis and Barack Obama declared inequality the defining issue of our time. And how to fight it became an unavoidable topic in electoral debates everywhere, even in countries like Brazil where, over the past decade, income inequality has steadily declined. And now comes Thomas Piketty. To say he’s a French economist who recently published a dense, 700-page tome titled, Capital in the Twenty-First Century that quickly became an international bestseller does not do justice to the impact of this book and author. Piketty is a social, intellectual, and media phenomenon as well as an editorial success. His main thesis is that economic inequality is the inevitable collateral effect of capitalismand that if governments don’t act decisively to contain it (mostly through higher taxes on wealth and incomes), it will steadily grow until it seriously threatens democracy and economic stability. According to Piketty, inequality grows when the rate of return on capital (“r”) is larger than the rate of growth in the economy (“g”); or, in his already well-known formulation, inequality grows when “r > g.” The ‘Piketty effect’ is greater than the familiar story of academic economists attracting an audience beyond the readers of specialized journals. As an example, consider one recent New York Times article on how to pick a new place to live. The author suggests that people who are considering relocating to a new town assess the literary tastes of their potential neighbors. Go to the local library and find out what books people are reading, she advises. Ask yourself: “Is it a Piketty kind of place, or does it lean toward James Patterson?” Another article explores the thorny issues that arise among couples when a wife makes more than her husband, and concludes with a man whose wife outearns him pointing out that the essence of the problem is “the Piketty debate.” Over at the Financial Times, Robert Shrimsley warns us in a very funny column that “concern is growing that much of the western world is heading into a ‘Piketty bubble’a social and economic phenomenon that arises when everyone who considers themselves to be anybody feels the need to talk about a new book by French economist Thomas Piketty.” Shrimsly then offers the nine stages in which the Picketty bubble will likely evolve. He calls stage two, for example, “escape velocity”: “A critical mass of enthusiasm sees stock in Piketty rise faster than Bitcoin. Escape velocity is reached as politicians and pundits realize its value in supporting their existing convictions. They observe that his book crystallizes ‘the big issue of our day’. Such references must also always include the phrase ‘in his important work’. Bluffers’ guides spring up on the internet.” The unexpected popularity of lofty academic books isn’t newas examples such as The End of History by Francis Fukuyama and The Clash of Civilizations by Samuel Huntington attest. Published in 1992 and 1996, respectively, they were released at opportune moments when there was already strong interest around the world in the topics they were exploring. Both works emerged after the collapse of the Soviet Union, as the end of communism surfaced fundamental questions about the future of politics and economics. Fukuyama predicted that the coming age would be defined by the triumph of liberal ideasby democracy and markets. Several years later, Huntington argued that clashes over religion rather than ideology would become the most frequent source of conflicts in the twenty-first century. Now it’s Piketty’s turn. A decade ago, during the economic boom and before the financial crisis, the desire to understand why “r > g” equals more inequality would not have been so intense or widespread. The truth, however, is that economic inequality has been a serious problem for most of the world’s population for a long time. These inequities are nothing new in Latin America and Africathe regions with the most unequal income distribution. And in many countries with historically high inequality, the main driver of the divisions is not r > g but rather c > h, where “c” stands for corruption and “h” for honesty. Inequality became the lightning rod that it is today only when wealth and incomes became as concentrated in the United States as they have been in other highly unequal countries. This superpower has an unrivaled ability to export and globalize its anxieties. In this case, it’s good news that the problem afflicting Americans is also important for people elsewhere who have passively tolerated inequality for too long. One hopes that the debate underway in the U.S. and Europe will result in actions that will effectively improve the ways in which income and wealth are distributedand not only in wealthy nations.
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