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Sabato 08 Novembre 2014

John Maynard Keynes, l'economista di cui il mondo ha bisogno adesso
di Peter Coy
Traduzione di Saint Simon

Su BloombergBusinessWeek, un elogio delle politiche keynesiane e di John Maynard Keynes stesso, mai così attuale e necessario come oggi, nella crisi da deflazione che, dopo aver affossato l'eurozona, rischia di diventare globale e in cui le ricette economiche supply-side stanno mostrando tutti i loro limiti teorici e ideologici.

C'è un medico in casa? L'economia globale non riesce a crescere, e i suoi custodi stanno andando a tentoni. La Grecia ha preso la  medicina prescritta ed è stata ricompensata con un tasso di disoccupazione del 26 per cento. Il Portogallo ha obbedito alle regole di bilancio e i suoi cittadini sono alla ricerca di posti di lavoro in Angola e Mozambico, perché a casa ce ne sono ben pochi. I tedeschi si sentono anemici nonostante il loro enorme surplus commerciale. Secondo Sentier Research, negli Stati Uniti il reddito di una famiglia media al netto dell'inflazione è del 3 per cento inferiore a quello del momento peggiore della crisi 2007-09. Qualunque sia la medicina somministrata, non sta funzionando. Il capo economista di Citigroup Willem Buiter ha recentemente descritto la politica della Banca di Inghilterra come "un pout-pourri intellettuale di fattoidi, teorie parziali, metodicità empirica senza alcuna base teorica solida, presentimenti, intuizioni e idee sviluppate solo a metà." E questo, ha detto, è anche meglio di quello che altri paesi stanno tentando . 

C'è un medico in casa, e le sue prescrizioni sono più che mai attuali. È vero, lui è morto nel 1946. Ma anche se appartiene al passato, l'economista, investitore, e funzionario britannico John Maynard Keynes ha molto da insegnarci su come salvare l'economia globale, ben più di quanto possa fare un esercito di moderni dottorati di ricerca dotati di modelli di equilibrio generale stocastico dinamico. I sintomi della Grande Depressione che ha diagnosticato correttamente sono tornati, anche se per fortuna in scala minore (sic!, ndt): disoccupazione cronica, deflazione, guerre valutarie, e politiche economiche "beggar-thy-neighbor".

 Una delle intuizioni essenziali e durature di Keynes è che ciò che funziona per una singola famiglia in tempi difficili non funziona per l'economia globale. Una famiglia il cui capofamiglia perde un posto di lavoro può e deve tagliare la spesa per sbarcare il lunario. Ma non tutti possono farlo contemporaneamente quando c'è una debolezza  generalizzata, perché la spesa di una persona è il reddito di un'altra.

Più le persone riducono la spesa per aumentare i propri risparmi, tanto più le persone di cui erano soliti pagare i servizi sono costrette a ridurre la loro spesa, e così via in una spirale verso il basso noto come il Paradosso della Parsimonia. Il reddito si riduce così in fretta che il risparmio cala invece di aumentare. Il risultato: disoccupazione di massa.

Keynes diceva che quando le aziende non vogliono investire e i consumatori non vogliono spendere, il governo deve spezzare il pericoloso circolo vizioso aumentando la propria spesa o tagliando le tasse, e in entrambi i casi metterà più soldi nelle tasche dei cittadini. Che non è, contrariamente a quanto alcuni dei suoi critici sostengono, una ricetta per una continua espansione dello stato: Keynes diceva che i governi dovrebbero chiudere in attivo durante i periodi di boom per pagare i loro debiti e assorbire l'eccesso di domanda privata (gli Stati Uniti hanno accumulato piccoli surplus nei due anni di boom sotto l'amministrazione Clinton). Lungi dall'essere un radicale esaltato, diceva che gli economisti dovrebbero aspirare alle umili competenze dei dentisti. Voleva riequilibrare le economie, non rovesciarle.

"Ci sono ancora molte persone in America che considerano le depressioni come una fatalità. Penso che Keynes abbia dimostrato che la responsabilità di questi eventi non è della Provvidenza " ha scritto nel 1969 nella sua autobiografia Bertrand Russell, il filosofo.

L'entusiasmo per Keynes ogni tanto riemerge. L'ultima volta che il  britannico goffo ha fatto colpo era il 2008-09, durante la crisi finanziaria globale. Le persone che avevano preso in prestito in modo stravagante, con le loro case usate come bancomat, nel giro di una notte si erano trasformate in calvinisti finanziari, tagliando le spese per pagare il debito. Amministratori delegati nervosi contemporaneamente tagliavano gli investimenti delle imprese. Questo ha portato ad una mancanza di domanda di beni e servizi. La disoccupazione si è impennata vertiginosamente, raggiungendo il 10 per cento negli Stati Uniti nel 2009. Anche gli economisti conservatori che generalmente evitavano Keynes hanno conosciuto il Paradosso della Parsimonia quando li ha colpiti come un pugno sul naso. "Quando ogni cosa crolla, tutti diventano keynesiani", dice Peter Temin, professore emerito di economia presso il Massachusetts Institute of Technology e co-autore con l'economista dell'Università di Oxford David Vines di un nuovo libro, "Keynes: Useful Economics for the World Economy".

Richard Posner, il giudice d'appello federale sostenitore del libero mercato, nel 2009 ha scritto un articolo per The New Republic dal titolo "Come sono diventato keynesiano". L'economista di Harvard Martin Feldstein, un falco del deficit di lunga data che è stato capo consigliere economico del presidente Reagan, ha scritto un editoriale sul Washington Post nell'ottobre 2008 dicendo: "l'unico modo per evitare una profonda recessione sarà un programma temporaneo di aumento della spesa pubblica." Il febbraio seguente, il Congresso ha approvato uno stimolo da 787 miliardi dollari, anche se più piccolo di quello che sostenevano gli economisti keynesiani e senza i voti repubblicani alla Camera. Anche la Germania, bastione dell'austerità, ha messo da parte i suoi dubbi e ha approvato il pacchetto di stimolo più grande della sua storia.

L'adozione di Keynes indotta dalla crisi ha fatto infuriare gente del calibro del ministro delle finanze tedesco Peter Steinbrück, che si lamentava nel 2008: "le stesse persone che non avrebbero mai fatto spesa in disavanzo adesso stanno buttando giù miliardi...il passaggio da decenni di politica dal lato dell'offerta ad un volgare keynesismo è mozzafiato". John Cochrane della Booth School of Business della University of Chicago ha scritto sul suo sito: "Se credete nell'argomentazione keynesiana per lo stimolo, dovreste pensare a Bernie Madoff come a un eroe. Scherzi a parte, ha preso i soldi da persone che stavano risparmiando, e li ha dati a persone che quasi sicuramente li avrebbero spesi".

La scossa keynesiana all'economia non è durata a lungo. I governi europei hanno fanno perno sull'austerità sulla base della teoria che così facendo avrebbero rassicurato gli investitori e indotto un'ondata di investimenti, creando crescita e occupazione. Non è successo. Gli Stati Uniti sono stati leggermente meno austeri e sono cresciuti un po' più velocemente. Ma anche negli Stati Uniti lo stimolo è svanito rapidamente, nonostante il perdurare di un alto tasso di disoccupazione. Il governo giapponese ha accumulato grandi deficit per compensare l'accumulazione cronica di risparmio da parte delle famiglie e delle imprese, ma nel mese di aprile ha esitato, raffreddando l'incerta ripresa del paese con l'aumento dell'imposta sul valore aggiunto dal 5 all'8 per cento.

Con la politica fiscale assente, le maggiori banche centrali del mondo hanno cercato eroicamente di colmare la lacuna. La Federal Reserve ha tagliato i tassi di interesse quasi a zero, e quando anche questo tentativo è fallito ha provato alcuni nuovi trucchi: l'acquisto di obbligazioni per abbattere i tassi di interesse a lungo termine ("quantitative easing") e la segnalazione al mercato che i tassi sarebbero rimasti bassi anche dopo che l'economia si fosse messa sulla strada della ripresa ("forward guidance"). La scarsa efficacia di tali misure è talvolta mostrata come un fallimento del keynesismo, ma è esattamente l'opposto. Keynes fu l'economista che ha dimostrato che la politica monetaria cessa di essere efficace una volta i tassi di interesse raggiungono lo zero e che raccomandava che la politica in queste circostanze adottasse tagli fiscali e aumenti di spesa.

Quali che siano i fatti economici, la lentezza della ripresa mondiale ha incrinato la fiducia delle persone sulla capacità dei governi di intervenire per riportare il benessere. Nelle elezioni di medio termine degli Stati Uniti, "stimolo" è una parola tossica; Obama non ha ottenuto nulla con il suo bridges-and-potholes bill da 302 miliardi di dollari di quest'anno. La Germania, lungi dall'usare il suo potere economico per diventare un motore della crescita in Europa, come richiesto dai suoi partner commerciali, si sta espandendo a spese degli altri paesi. Sta mantenendo i suoi lavoratori occupati nella produzione di beni e servizi per l'esportazione, mentre non compra i beni e servizi prodotti dagli altri paesi. Questo spiega perché il surplus sul proprio bilancio delle partite correnti, la misura generale del commercio e dei redditi da capitale, è pari al 7 per cento del suo prodotto interno lordo, il più alto tra le maggiori economie. 

Questo non è uno status quo stabile. Lo shock di metà ottobre nei mercati azionari globali ha tradito le gravi preoccupazioni per una ricaduta. Mentre l'economia statunitense sta crescendo in maniera adeguata, per ora, nonostante la resistenza della politica fiscale, il ritmo della Cina sta rallentando, il Giappone soffre per la ferita auto-inflitta dell'aumento delle tasse sui consumi, e l'eurozona a 18 paesi ha avuto una crescita zero nel secondo trimestre. Questo semplicemente non è abbastanza, ha detto in una visita di ottobre a Bloomberg il segretario al Tesoro Jacob Lew. "Per muoverti hai bisogno di tutte e quattro le ruote" ha detto "o non sarà una buona corsa".

Entri in scena Lord Keynes. Il taglio dei tassi di interesse va bene per aumentare la crescita in tempi normali, ha detto, perché i tassi più bassi inducono i consumatori a spendere, piuttosto che risparmiare, stimolando le imprese a investire. Ma quando i tassi arrivano al "limite inferiore" pari a zero, ha spiegato, le banche centrali diventano quasi impotenti, mentre la politica fiscale (tasse e spese) diventa una soluzione molto efficace per la domanda insufficiente. I governi possono aumentare la spesa per stimolare la domanda, senza doversi preoccupare di spiazzare gli investimenti privati , perché c'è un sacco di capacità inutilizzata, e la loro spesa non farà aumentare i tassi di interesse.

E' la cosa più vicina ad un pasto gratis che gli economisti abbiano scoperto. Keynes, sempre provocatore, ha sostenuto che in una recessione profonda qualsiasi cosa il governo faccia per indurre l'attività economica è meglio di niente - anche seppellire bottiglie piene di banconote nelle miniere di carbone perchè le persone le dissotterrino.

Certo, è molto meglio se il denaro viene speso bene. Considerando il disperato bisogno di strade migliori, ponti, gallerie, scuole e così via, è un gioco da ragazzi per i governi costruirle ora che ci sono mani volenterose e prestiti a basso costo. L'economista di Harvard Lawrence Summers, ex segretario al Tesoro, e Brad DeLong della University of California a Berkeley hanno sostenuto nel 2012 che gli investimenti nelle infrastrutture potrebbero anche ripagarsi da soli, in parte anche mantenendo le persone occupate in modo le loro capacità non si atrofizzino.

Se invece i governi dei paesi ricchi non fanno più nient'altro, sperando che le loro economie guariscano da sole, rischiano tutti di restare bloccati nella stessa impasse che ha intrappolato il Giappone per tanti anni dopo che il suo miracolo economico del dopoguerra è bruscamente finito nel 1990. L'inflazione è un problema risolvibile, come l'ex presidente della Federal Reserve Paul Volcker ha dimostrato: devi solo alzare i tassi di interesse abbastanza in alto da interrompere la febbre, con una profonda recessione come effetto collaterale, ma temporaneo. La deflazione in stile giapponese, la crescita lenta cronica, è più difficile da interrompere. Anche lo stimolo fiscale può non funzionare se le famiglie e le imprese si fanno prendere dalla paura. Come quando si combatte un'epidemia o una rivolta, è fondamentale agire in fretta, prima che il nemico guadagni forza. "Questa sarà una cattiva analogia, ma è come la lotta contro l'ISIS", dice David Joy, chief market strategist di Ameriprise Financial (AMP). 

Keynes potrebbe risultare difficile e incoerente. Paul Samuelson, il compianto economista premio Nobel, ha descritto il suo libro "La Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta" come "mal scritto, mal organizzato ... arrogante, irascibile, polemico, e non eccessivamente generoso nei suoi riconoscimenti," prima di riassumerlo infine con un "in breve, l'opera di un genio."

Che lo si ami o lo si odi, non c'è nessuno come Keynes sulla scena mondiale di oggi. Era un uomo di Stato, un filosofo, un amante bohémien del balletto, e membro insieme a Virginia Woolf del creativo e intellettuale gruppo di Bloomsbury. Ha vinto e perso fortune in qualità di investitore ed è morto ricco. Nel 1919, in un libro lungimirante intitolato "Le conseguenze economiche della pace", ha condannato le dure riparazioni imposte alla Germania dopo la prima guerra mondiale, così punitive da contribuire a creare le condizioni per il Terzo Reich di Adolf Hitler. Nel 1936 ha sostanzialmente inventato la macroeconomia con il suo capolavoro, La Teoria Generale. Dal 1944 fino a poco prima della sua morte all'età di 62 anni, avvenuta due anni dopo, ha guidato la delegazione del Regno Unito nei negoziati che hanno portato alla istituzione del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. 

Negli anni '50 e '60, il pensiero keynesiano era dominante. Il principale consigliere economico del presidente Kennedy, Walter Heller, nel 1963 convinse il presidente  a proporre il taglio delle tasse per stimolare la domanda (il provvedimento passò nel 1964, dopo il suo assassinio). "E' stata la prima volta nella storia che un presidente ha approvato e ha adottato specificatamente l'approccio keynesiano", ha detto Heller al New York Times nel 1987.

Keynes ha iniziato a cadere in disgrazia a partire dagli anni '70 perché le sue teorie non potevano facilmente spiegare la stagflazione, ossia la coesistenza di alta disoccupazione e alta inflazione. Gli economisti accademici sono stati attratti dalla nuova teoria delle "aspettative razionali", che sosteneva che il governo non avrebbe potuto stimolare l'economia attraverso la spesa in deficit perché i consumatori lungimiranti si aspettano razionalmente che lo stimolo debba essere ripagato alla fine e così risparmierebbero per i futuri aumenti di pressione fiscale, compensando l'iniziativa. Economisti dal lato dell'offerta sostenevano che Keynes non aveva considerato come le tasse basse potevano stimolare la crescita a lungo termine, inducendo lavoro e investimenti. "Politiche infruttuose e dibattiti confusi hanno lasciato l'economia keynesiana in disordine", ha scritto nel 1983  l'economista svedese Axel Leijonhufvud nella conferenza per celebrare il centenario di Keynes. Una teoria successiva che si è evoluta negli anni '80 e '90, il nuovo keynesismo, ha tentato di integrare la teoria delle aspettative razionali nella visione del mondo di Keynes, e in particolare la sua osservazione che i prezzi e i salari sono "rigidi", cioè che non scendono abbastanza durante una crisi per riequilibrare l'offerta e la domanda. I Nuovi Keynesiani vanno da conservatori come John Taylor della Hoover Institution a liberali come DeLong di Berkeley.

A Wall Street, il keynesismo non è mai veramente morto, perché le sue teorie hanno fatto un buon lavoro per spiegare le fluttuazioni a breve termine che gli economisti bancari sono pagati per prevedere. "Approcciamo le previsioni più da un punto di vista keynesiano, che ci piaccia o no" dice Joseph LaVorgna, capo economista americano a Deutsche Bank Securities (DB). 

Se Keynes fosse vivo oggi, avrebbe potuto avvisare sul rischio di una ripetizione del 1937, quando errori di politica economica hanno trasformato una promettente ripresa nel peggiore double dip della storia. Questa volta, l'Europa è la zona pericolosa; allora furono gli USA. Quella che viene chiamata la Grande Depressione negli Stati Uniti furono in realtà due ripide cadute. La prima si è conclusa nel 1933. È stata seguita da quattro anni di crescita ad una media di oltre il 9 per cento l'anno, uno dei più forti recuperi di sempre. Cosa abbia interrotto la ripresa è ancora oggetto di dibattito. Alcuni economisti accusano il presidente Franklin Roosevelt di aver firmato gli aumenti fiscali e i tagli al programma per l'occupazione del New Deal. Altri danno la colpa alla Federal Reserve. L'economista del Dartmouth College Douglas Irwin sostiene che l'amministrazione Roosevelt ha innescato la ricaduta acquistando oro, rimuovendolo dalla base monetaria degli Stati Uniti. La mossa per evitare l'inflazione riuscì fin troppo bene, causando deflazione. Qualunque sia stata la causa, la Gran Bretagna e gli altri partner commerciali sono stati trascinati verso il basso, la produzione degli Stati Uniti si è inabissata e non ha recuperato completamente fino all'entrata nella seconda guerra mondiale. "Siamo davvero in una sorta di momento-1937", dice Temin del MIT. "E' una lezione della storia per noi."

Ora come allora, per uscire dalle secche servirà un'azione internazionale concertata. Qualsiasi paese che cerchi di stimolare da solo la crescita  è esposto a perdite; un sacco di potere d'acquisto viene speso per le importazioni, in modo che non si aiuta la produzione o l'occupazione nazionale. Allo stesso modo, un paese che vuole avvantaggiarsi sui suoi partner commerciali può indebolire la sua moneta, riuscendo così a esportare di più (e creare posti di lavoro) mentre importa di meno (danneggiando l'occupazione all'estero). Questa è la definizione stessa delle politiche economiche "beggar-thy-neighbor".

Keynes aveva messo a punto una soluzione per tale comportamento e su questo aveva insistito negli ultimi anni, ma è stato sconfitto in una conferenza a Bretton Woods, NH, nel 1944, dal suo omologo americano Harry Dexter White, un alto funzionario del Dipartimento del Tesoro. Keynes chiedeva una "international clearing union" che si impegnasse a mantenere il commercio e gli investimenti in un equilibrio di massima.

Il problema allora, come oggi, è che i paesi creditori avevano tutto il potere. Essi potevano richiedere ai paesi debitori di pagare gli interessi sui vecchi prestiti anzichè, per esempio, nutrire i loro figli. I debiti devono essere onorati, ovviamente. Ma Keynes aveva capito che i paesi creditori hanno un ruolo da svolgere. Essi dovrebbero dare ai paesi debitori po' di respiro acquistando da loro  più prodotti e servizi. Oggi questo significherebbe che i tedeschi dovrebbero passare le vacanze a Mykonos e comprare più vino di Porto, dando a greci e ai portoghesi gli euro di cui hanno bisogno per ripagare i loro prestiti alle banche tedesche. Il concetto era indiscutibile. Ma gli Stati Uniti, avendo nel 1944 un surplus commerciale, non avevano alcun interesse a un organismo internazionale che legasse loro le mani (oggi è la Germania, adagiata su un surplus commerciale di massa, che non vuole sentirsi dire cosa fare). Il risultato è stato un'organizzazione meno potente, il Fondo Monetario Internazionale per gli aiuti ai paesi con problemi di bilancia dei pagamenti, e la Banca Mondiale, per promuovere lo sviluppo nei paesi più poveri. 

La grande domanda è se l'architettura finanziaria internazionale di oggi è all'altezza della sfida di riequilibrio del commercio globale e degli investimenti. Il FMI, al suo attivo, ha preso le distanze dalle prescrizioni austere del "Washington Consensus", che ha sostenuto fino agli anni '90,  verso una prospettiva più keynesiana. "Il suo pensiero è più rilevante nella congiuntura attuale di quanto non sia stato nelle precedenti depressioni dell'economia globale", afferma Gian Maria Milesi-Ferretti, vice direttore del dipartimento di ricerca del Fondo Monetario Internazionale.

Ma il FMI non ha l'autorità che avrebbe avuto la nata-morta international clearing union di Keynes, ed è percepita in alcuni ambienti come soggetta agli interessi degli Stati Uniti. Brasile, Cina, India, Russia e Sud Africa stanno cercando di creare un'alternativa. Nemmeno la Germania sta prestando molta attenzione al FMI dato che fa pressioni su Francia e Italia perchè prendano la stessa medicina dell'austerità di Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna. "I fuochi di paglia, i programmi di stimolo a breve termine" non sono il modo per rilanciare la crescita, ha detto il ministro dell'Economia tedesco Sigmar Gabriel, il 20 ottobre prima di una riunione ministeriale congiunta a Berlino. Ai ferri corti, i tedeschi e i francesi puntano su una proposta congiunta il 1 dicembre. Eswar Prasad, un economista della Cornell University e autore de "The Dollar Trap: How the U.S. Dollar Tightened Its Grip on Global Finance", scrive in una e-mail che il sistema proposto da Keynes "richiede buone politiche interne e una forte dose di cooperazione internazionale", cose che entrambe scarseggiano.

Così va la disputa tra i medici mentre il paziente peggiora. Keynes vide lo stesso tipo di agitazione all'inizio della Depressione. "Ci siamo messi in un pasticcio colossale, dopo aver commesso un errore grossolano nel controllo di una macchina delicata, della quale non comprendiamo il funzionamento", scrisse nel 1930. "Il risultato è che le nostre possibilità di benessere e ricchezza possono andare perdute per qualche tempo, forse per molto tempo". Keynes stesso ci ha mostrato la via d'uscita.




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