Fonte: Pagina Transversal Perseverare nell’errore Non esiste alcun altro libro che ci fornisca una filosofia della Storia tanto indovinata come nell’Apocalisse. Nella narrazione delle “sette calici”, ad esempio, scopriamo che, dopo che si diffondono nel mondo ciascuna delle sette piaghe, gli uomini, invece di rinnegare la loro superbia e di pentirsi delle proprie azioni continuano a perserverare nell’errore! Così sta accadendo oggi, nei nostri giorni, con la piaga che abbiamo denominato come “crisi economica”, la cui causa, nei suoi aspetti puramente materiali, si trova nella finanziarizzazione dell’economia, che, come denunciava Juan Pablo II l’11 di Settembre del 99, in un discorso profetico, silenziato in quei giorni dai media del sistema, “genera un problema nuovo e di molto ardua soluzione, che è la rottura della relazione tra la ricchezza prodotta ed il lavoro, per il fatto che oggi è possibile creare rapidamente grandi ricchezze senza nessun collegamento con una quantità definita di lavoro realizzato”, in modo tale che l’economia reale cessa di “essere ordinata al servizio del bene comune”. Negli ultimi mesi ci ripetono spesso che la piaga della crisi economica si avvia a conclusione; e come avviene nell’Apocalisse, i “re della terra“, invece di rinnegare quello che fecero allora, ripetono minuziosamente gli errori che ci hanno condotto al malanno. Invece di preoccuparsi di ridurre il problema della finanziarizzazione dell’economia, continuano a finanziare con il debito la crescita economica che, inevitabilmente, sarà una crescita tanto costante come un soufflé, nel ravvivare il consumo mediante il credito, che già aveva indotto al fallimento le banche. Come quando incitano con falsi stimoli i mercati borsistici, tornando ad inflazionare la bolla immobiliare. Mentre s’ingrassa questa nebbia della finanza, si precarizza il lavoro, e si creano lavori a mezza giornata e remunerati in modo indegno che, a volte abbelliscono le cifre della disoccupazione, facendo dimagrire fino alla consunzione la classe media. Così il lavoratore si converte in uno strumento dal quale si può prescindere facilmente, per essere sostituito da altri che siano disposti a lavorare come di pezzi di ricambio, a fronte di un salario più misero. Quello che si presenta come rimedio alla crisi economica è, esattamente, il motivo che l’ha causata. In un articolo intitolato “La possibilità di recupero”, Gilbert K. Chersterton censura i governanti della sua epoca, i quali, come quelli della nostra, avevano “la piena certezza del fatto che le loro leggi economiche fossero infallibili, la loro teoria politica accertata, il loro commercio profittevole, i propri parlamentari popolari, la propria stampa illustrata efficace e la loro scienza avanzata ed umana. Anche quelli che, da una posizione di fiducia, si erano dedicati a sottomettere il popolo agli esperimenti più atroci, facendo della propria nazione una eterna debitrice di una piccola oligarchia di ricchi; ad accatastare la proprietà privata a blocchi che furono affidati dai finanzieri; nel permettere che i ricchi si facciano ogni volta più ricchi e meno numerosi, nel lasciare milioni di uomini soggetti ad una disciplina distante e indiretta e dipendenti da un sostentamento indiretto e distante, ammazzandosi di lavoro senza sapere perché e cercando i mezzi per vivere senza sapere dove.” Dopo aver denunciato questi esperimenti atroci, Chesterton avverte il pericolo di rivolta del popolo e lancia ai governanti un apostrofo che è anche una maledizione, perché non perseverino nei loro errori: “per Dio, per noi stessi, e soprattutto per voi stessi, non vi precipitate ciecamente a dirgli che non c’è altra uscita dalla trappola nella quale ci ha condotto la vostra necessità; che non c’è altro percorso se non quello per cui voi li avete portati alla rovina; che non c’è progresso al di fuori di quel progresso che ci ha condotto fino qui. Non siate tanto impazienti di dimostrare alle vostre sventurate vittime che quello che manca di fortuna manca anche di speranza ... Un certo tempo dopo, quando i destini siano divenuti più oscuri e le finalità più chiare, la massa degli uomini forse potrà conoscere presto il vicolo senza uscita dove li ha condotto il vostro progresso. Allora forse si rivolgerà contro la vostra trappola. E se avranno sopportato bene tutti le altre, forse non sopporteranno l’offensiva finale di chi non potrà fare niente per evitarlo”. Le parole di Chesterton, come quelle dell’Apocalisse, mantengono integra la loro attualità ed il loro fremito. E bisogna dire che non c’è niente di tanto ripetuto e agghiacciante, come la mania degli uomini di perseverare nell’errore.
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