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Euro-tax, mille euro a testa: prelievo forzoso per 20 anni Mille euro all’anno per persona, per i prossimi vent’anni. L’ultimo mostro targato Ue si chiama Drf, “Debt Redemption Fund”. Letteralmente: fondo di redenzione del debito. «Tutti avranno notato lo strano silenzio della politica italiana sul Fiscal Compact, quasi che se lo fossero scordato, magari con la nascosta speranza di un abbuono dell’ultimo minuto», rileva Leonardo Mazzei. E’ un po’ come avvenne al momento dell’ingresso nell’Eurozona per i famosi parametri di Maastricht. «Ma mentre i politicanti italiani fingono che le priorità siano altre dice Mazzei a Bruxelles c’è chi lavora alacremente per dare al Fiscal Compact una forma attuativa precisa quanto atroce». Anche in questo caso, come per l’italica “spending review”, sono all’opera gli “esperti”: undici tecnocrati di provata fede liberista, guidati dall’ex governatrice della banca centrale austriaca, Gertrude Trumpel-Gugerell. La ratifica? A cose fatte, dopo le elezioni europee, e senza ovviamente informarne gli ignari elettori. Stando alle prime anticipazioni, sembra che la proposta sarà incentrata su tre punti: Debt Redemption Fund, Eurobond e Tassa per l’Europa. Nel Drf «verrebbero fatti confluire i debiti di ogni Stato che eccedono il 60% in rapporto al Pil per l’Italia, ad oggi circa 1.100 miliardi di euro», scrive Mazzei su “Antimperialista”, in un post ripreso da “Come Don Chisciotte”. Secondo Antonio Pilati del “Foglio”, «l’idea degli esperti è a doppio taglio e la seconda lama fa molto male all’Italia: è infatti previsto che dal gettito fiscale degli Stati partecipanti si attui ogni anno un prelievo automatico pari a 1/20 del debito apportato al fondo. Nel progetto, le risorse raccolte dal fisco nazionale passano in via diretta, tagliando fuori le autorità degli Stati debitori, alle casse del fondo. Si tratta di un passaggio cruciale e drammatico tanto nella sostanza quanto e ancora di più nella forma». Concorda Riccardo Puglisi sul “Corriere della Sera”: «L’aspetto gravoso per l’Italia è che la Commissione sta anche pensando ad un prelievo automatico annuo dalle entrate fiscali di ciascuno Stato per un importo pari ad un ventesimo del debito pubblico trasferito al fondo stesso. Il rientro verso il 60 per cento avverrebbe in modo meccanico, forse con un eccesso di cessione di sovranità». E’ probabile che la patata bollente verrà affrontata solo dopo le elezioni europee, ipotizza Mazzei. «Ma la direzione di marcia è chiara. La linea dell’austerity non solo non è cambiata, ma ci si appresta ad un suo drammatico rilancio, del resto in perfetta coerenza con i contenuti del Fiscal Compact, noti ormai da due anni». Di fatto, «per l’Italia si tratterebbe di un prelievo forzoso in automatico, appunto di 55 miliardi di euro all’anno per vent’anni. Cioè, per parafrasare lo spaccone di Palazzo Chigi, di mille euro a persona (compresi vecchi e bambini) all’anno, per vent’anni. Per una famiglia media di tre persone, 60.000 euro di tasse da versare all’Europa». Questa è l’ipotesi sulla quale sta lavorando l’Unione Europea quella vera, non quella narrata «dal berluschino fiorentino» o “l’altra Europa” «dei sinistrati dalla vista corta». Per Mazzei, «è la logica del sistema dell’euro e della distruzione di ogni sovranità degli Stati, che in questo sistema sono destinati a soccombere. Tra questi il più importante è l’Italia. E forse sarà proprio nel nostro paese che si svolgerà la battaglia decisiva». Il sistema dell’euro, «tanto antidemocratico quanto antipopolare», procede imperterrito per la sua strada. «Le classi popolari hanno davanti vent’anni di stenti, miseria e disoccupazione. O ci si batte per il recupero della sovranità nazionale, inclusa quella monetaria, o sarà inutile peggio, ipocrita lamentarsi della catastrofe sociale che ci attende». Quest’ultimo giro di vite lo conferma: gli eurocrati non si fidano più dei singoli Stati, e si preparano a «mettere direttamente le mani nel gettito fiscale di ogni Stato da “redimere”». “Antimperialista” fornisce anche l’identikit degli 11 super-tecnocrati che preparano il maxi-prelievo forzoso europeo. Gertrude Tumpel-Gugerell, ex banchiera centrale austriaca «famosa per le operazioni speculative che misero in difficoltà la banca», è ora nel Cda di Commerzbank. Agnés Bénassy-Quéré, economista e docente universitario francese, ha lavorato al ministero delle finanze di Parigi. Vitor Bento, ex banchiere centrale del Portogallo, è un esponente del centrodestra portoghese. Il neoliberista Graham Bishop, consulente finanziario di alto rango, è stato membro influente della commissione che, negli anni ‘90, preparò il passaggio all’euro. Ultra-liberista anche la tedesca Claudia Buch, esperta di mercati finanziari. Leonardus Lex Hoogduin, economista olandese, è stato advisor della Bank of International Settlements, la super-banca dei regolamenti internazionali. La lista si completa con Jan Mazak, giudice slovacco, già avvocato generale presso la Corte Europea di Giustizia di Lussemburgo. Belén Romana, ex direttore del Tesoro spagnolo, è attualmente amministratore delegato della Sareb, la “bad bank” cui sono stati conferiti gli asset tossici del settore immobiliare iberico. Nel gruppo figurano anche Ingrida Simonyte, ex ministro delle finanze della Lituania, e Vesa Vihriala, membro dell’associazione degli industriali finlandesi nonché ex advisor di un certo Olli Rehn. Non mancano infine personaggi come l’economista Beatrice Weder di Mauro, proveniente dal Fmi e oggi nel board della ThyssenKrupp ed in quello di Hoffman-La Roche. Questi sono i nomi e i curriculum degli “esperti” del super-potere eurocratico incaricato di “tosarci” per i prossimi vent’anni, scavalcando ormai anche l’amministrazione fiscale dei nostri Stati.
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