Originale : Dispatches From The Edge
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10 aprile 2014

La deriva scissionista dell’Europa
di Conn Hallinan
Traduzione di Maria Chiara Starace

 “Le famiglie felici sono tutte uguali: ogni famiglia infelice è infelice alla sua propria maniera.” da Anna Karenina di Leo Tolstoy

L’inizio del grandioso romanzo di amore e tragedia di  Leone Tolstoi potrebbe essere una metafora dell’Europa di oggi, dove  le “famiglie infelici” di Catalani, Scozzesi, Belgi, Ucraini e Italiani prendono in considerazione la possibilità di  divorziare dalle nazioni di cui attualmente sono parte. E in un caso in cui la realtà rispecchia la fantasia, ognuno è infelice a modo suo.

Mentre gli Stati Uniti e i loro alleati possono imprecare contro il recente referendum in Crimea che ha reso indipendente  la penisola dall’Ucraina, gli scozzesi valutano di farne  uno molto simile il 18 settembre, e ai catalani piacerebbe moltissimo fare la stessa cosa. Così anche ai residenti del Sud Tirolo (l’Alto Adige) e i parlanti fiamminghi del Belgio settentrionale.

A una considerazione superficiale, molti di questi movimenti di secessione sembrano ricche regioni che cercano di liberarsi da quelle povere, ma, mentre c’è un po’ di verità in questo, è un ipotesi troppo semplicistica. Alla popolazione di lingua fiamminga più ricca del Belgio settentrionale piacerebbe molto separarsi dal sud francofono povero, proprio come  agli altoatesini  piacerebbe liberarsi dagli italiani del sud torturati dalla povertà. In Scozia, però gran parte della lotta riguarda il mantenere  il contratto sociale che i governi laburisti conservatori, laburisti e quelli del partito Tory di destra hanno sistematicamente  smantellato. In quanto alla Catalogna, ebbene, la cosa è complicata.

I confini in Europa possono sembrare immodificabili, ma naturalmente non lo sono. A volte  sono cambiati  a causa della guerra, della necessità economica, o perché i potenti tracciano linee capricciose che ignorano la storia e l’etnicità. La Crimea, conquistata da Caterina la Grande nel 1783, è stata arbitrariamente data all’Ucraina nel 1954. Il Belgio è il risultato di  un congresso di potenze europee tenutosi nel 1830. La Scozia impoverita si è legata alla ricca Inghilterra nel 1707. La Catalogna è    stata sconfitta dagli eserciti spagnolo e francese nel 1714. E l’Alto Adige è stata una spoglia della Prima Guerra mondiale.

In tutti questi casi, le lagnanze storiche, lo sviluppo irregolare, e le tensioni etniche sono state esasperate da una crisi economica di lunga durata. Non c’è nulla come la disoccupazione e l’austerità che alimentano i fuochi della secessione.

I due casi più pressanti – e quelli che è più  probabile  che avranno un impatto profondo sul resto d’Europa, sono la Scozia e la Catalogna.

Entrambe sono infelici in modi diversi.

La Scozia ha sempre avuto un partito nazionalista  che aveva una sua importanza,   anche se marginale, ma è stata tradizionalmente dominata dal Partito Laburista Britannico. I Conservatori esistono a malapena a nord del fiume Tweed. Ma il record di tagli alle spese e la privatizzazione del Partito definito “ New Labour” (nuovo laburista) di Tony Blair,  hanno alienato  a questo molti scozzesi che spendono di più per la loro istruzione e i servizi della sanità che il trsto della Gran Bretagna. Le tasse universitarie, per esempio, sono ancora gratuite in Scozia come lo sono anche le medicine  su prescrizione medica  e l’assistenza sanitaria.

Quando i Conservatori hanno vinto le elezioni britanniche nel 2010, il loro bilancio di austerità ha attaccato l’istruzione, l’assistenza sanitaria, i sussidi per gli alloggi, e i trasporti. Gli scozzesi, furiosi per i tagli, hanno votato per il Partito Nazionale Scozzese (SNP) nelle elezioni del 2011 per il parlamento scozzese. L’SNP ha immediatamente proposto un referendum che chiederà agli scozzesi se vogliono annullare l’Act of Union (Atto di Unione) del 1707 e diventare  di nuovo un paese indipendente. Se questa decisione passasse, il governo scozzese proporrà di nuovo la  nazionalizzazione del servizio postale e che la Scozia si liberi dei sottomarini    nucleari Trident.

Se si tiene conto delle risorse petrolifere del Mare del Nord, non ci sono molti dubbi che una Scozia indipendente  sarebbe fattibile. La Scozia ha un  PIL pro capite maggiore della Francia e, oltre al petrolio, esporta beni industriali e whisky. La Scozia diventerebbe una delle  35 più importanti nazioni esportatrici del mondo.

Il governo Conservatore dice che, se gli scozzesi voteranno per l’indipendenza, dovranno rinunciare alla sterlina come valuta. Gli scozzesi replicano che, se i britannici continuano con la loro minaccia della valuta, la Scozia se ne laverà le mani del debito nazionale britannico. A questo punto c’è uno stallo. Secondo i britannici – ed alcuni importanti funzionari  dell’Unione Europea (UE) – una Scozia indipendente perderà la sua  appartenenza  all’UE, ma questa potrebbe essere una spacconata. Come prima cosa violerebbe un’abitudine del passato. Quando, nel 1990, la Germania est e la Germania Ovest si sono unite, a circa 20 milioni di residenti della ex Repubblica democratica tedesca è stata data la cittadinanza europea. Se 5,3 milioni di scozzesi saranno esclusi, sarà la conseguenza di una ripicca,  non di una politica. In ogni caso, dato che i Conservatori pianificano un referendum per il 2017che potrebbe  far uscire  la Gran Bretagna dall’UE, Londra non sta esattamente mantenendo una posizione di superiorità riguardo a questo problema.

Se l’elezione si svolgesse oggi, gli scozzesi probabilmente voterebbero per restare con la Gran Bretagna, ma l’opinione sta cambiando. Il sondaggio più recente indica che il 40%  voterà per l’indipendenza, un aumento del 3%.  I voti per il “no” sono scesi del 2% , arrivando al 45% , e il 15% è indeciso. Tutti i residenti  scozzesi di età superiore a 16 anni possono votare. Date anche  le formidabili capacità di fare propaganda elettorale del primo ministro della Scozia e capo dell’SNP  Alex Salmond, queste sono probabilità raggelanti  per il governo di  Londra.

La Catalogna, incuneata verso la Francia nella parte nord orientale della Spagna, è stata per molto tempo un potente motore per l’economia spagnola, e una regione immersa in una  indignazione  storica. Conquistata dagli eserciti uniti di Francia e Spagna durante la Guerra di Successione spagnola ( 1701-1714), era dalla parte dei  perdenti anche nella Guerra Civile spagnola del 1936-1939.  Nel 1940, i fascisti trionfanti hanno soppresso la lingua e la cultura catalana e hanno giustiziato il presidente del paese, Lluis Companys, un atto per il quale nessun governo di Madrid ha mai fatto ammenda.

In seguito alla morte di Franco nel 1975, la Spagna ha iniziato la sua trasformazione verso la democrazia, una strada costruita seppellendo le profonde animosità generate dalla Guerra Civile. Ma i morti restano sepolti soltanto  per un certo tempo,  e un movimento per l’indipendenza catalana è iniziato a crescere.

Nel 2006 la Catalogna ha ottenuto una notevole autonomia che è stata poi  revocata  nel 2010  dal Tribunale Supremo su richiesta ufficiale  del Partito Popolare (PP) conservatore. Quella decisione del 2010 ha alimentato la crescita del movimento  dell’indipendenza catalana, e nel 2012 i partiti separatisti della provincia sono stati portati al potere a  grandissima maggioranza.

Il PP del Primo ministro Mariano Rajoy è piuttosto un ripensamento  – con i suoi 19 seggi  su 135 – in Catalogna dove diversi partiti per l’indipendenza dominano il parlamento catalano. Il più grande di questi è Convergencia i Unio (CiU), ma l’Esquerra Republicana de Catalunya  (ERC)  (Sinistra repubblicana della Catalogna) ha raddoppiato la sua rappresentanza in parlamento.

Questo non vuol dire che vadano d’accordo tra di loro. Il partito di Mas tende a essere centrista per i conservatori, mentre l’ERC è di sinistra e contrario al programma di austerità del PP,  una parte del quale Mas accetta.  Il centrismo della CiU è uno dei motivi per cui il partito di Mas è sceso da 62 seggi a 50 nelle elezioni del 2012, mentre l’ERC è salito da 10 a 21.

La disoccupazione è ufficialmente al 25%, ma è molto più alta tra i giovani e nelle province meridionali della Spagna – e la sinistra ha lanciato la sfida. Oltre 100.000 persone hanno marciato su Madrid il mese scorso chiedendo la fine dell’austerità.

Rajoy – citando la costituzione del 1976 – si rifiuta di permettere un referendum sull’indipendenza, un’ostinazione che ha soltanto alimentato la forza del separatismo. Nel gennaio di quest’anno il parlamento catalano ha votato con un risultato di 87 a 43 per indire un referendum, e i sondaggi indicano che una maggioranza della provincia lo appoggerà. Sei mesi fa, in milione e mezzo di catalani ha dimostrato a Barcellona a favore dell’indipendenza.

Il Partito Popolare è stato nel complesso maldestro riguardo alla Catalogna e sembra dilettarsi nel trovare cose che provocano i catalani: la Catalogna proibisce le corride, e allora Madrid approva una legge che le rende un’eredità culturale nazionale. I Baschi  raccolgono le tasse nei loro territori, e i catalani non possono farlo.

Come reagirebbe l’UE a una Catalogna indipendente? E il governo centrale di Madrid farebbe qualcosa al riguardo? E’ difficile immaginare che l’esercito spagnolo venga coinvolto, sebbene un ex ministro del governo di Franco [Manuel Fraga Iribarne, n.d.t.)  abbia dato inizio al partito di Rajoy, e che l’antipatia tra Madrid e Barcellona sia palpabile.

Ci sono altre linee di frattura sul continente.

Il Belgio si dividerà? La spaccatura tra il nord di lingua fiamminga e il sud francofono è così profonda che ci sono voluti 18 mesi per formare un governo dopo l’ultima elezione. E se il Belgio si frantuma, ci saranno due paesi o verrà ingoiato dalla Francia e dall’Olanda?

Il Partito Popolare sudtirolese SVP (Acronimo della denominazione del partito in tedesco: Südtiroler Volkspartei, n.d.t.)) si sta preparando a un referendum  sull’indipendenza e sta facendo pressioni per una fusione con l’Austria, sebbene la piccola regione che in Italia si chiama Alto Adige abbia poco da lamentarsi. Mantiene il 90% delle tasse, e l sua economia ha evitato il crollo del 2008. Però alcuni dei suoi cittadini si risentono per qualsiasi somma di denaro che va a Roma, e c’è un profondo pregiudizio contro gli italiani, che costituiscono il 25%  dell’Alto Adige – particolarmente per quelli del sud. In questo la SVP non è molto differente dalla lega Nord elitaria che ha il suo centro nella Valle del Po.

E’ istruttivo guardare il video su YouTube* che mostra come sono cambiati i confini in Europa dal 1519 al 2006, un periodo di meno di 500 anni. Quello che pensiamo sia eterno è effimero. Il continente europeo è ancora una volta alla deriva,      linee di frattura sia antiche che moderne. In che modo reagiscono nazioni come la Spagna  e la Gran Bretagna, e organizzazioni come l’UE a questo processo, determinerà se sarà civile o doloroso. Però cercare di fermarlo certamente provocherà dolore.


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://zcomm.org/znet/article/continental-drift-europe-s-breakaways

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