Originale: New York Times Syndicate
http://znetitaly.altervista.org
26 ottobre 2014

Le prospettive della sopravvivenza umana si affievoliscono 
di Noam Chomsky
Traduzione di Maria Chiara Starace

Un precedente articolo che ho scritto ha esplorato il modo in cui la sicurezza è un’alta priorità per i programmatori governativi: cioè la sicurezza per il potere dello stato e per il suo fondamentale elettorato, per il potere privato concentrato – tutti elementi che implicano che la politica officiale deve essere protetta dall’esame minuzioso pubblico.

In questo senso, le azioni del governo vengono intese come molto razionali, compresa la razionalità del suicidio collettivo. Anche la distruzione istantanea per mezzo di armi nucleari non è mai stata ai primi posti delle preoccupazioni delle autorità dello stato.

Per citare un esempio degli ultimi anni della Guerra Fredda: nel novembre 1983 l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO)  guidata dagli Stati Uniti ha dato il via a un’esercitazione militare destinata a sondare le difese aree della Russia, simulando attacchi aerei e navali e anche un attacco nucleare.

Queste azioni erano state intraprese in un momento molto teso. I missili strategici Pershing II venivano dislocati in Europa. Il Presidente Reagan, appena dopo il suo discorso sull’ “Impero del male”, aveva annunciato l’Iniziativa di difesa strategica, soprannominata “Star Wars” (Guerre stellari) che i russi avevano capito fosse effettivamente un’arma per un primo attacco,  un’interpretazione standard della difesa missilistica da tutti lati.

Naturalmente queste azioni hanno provocato grande allarme in Russia, che, al contrario degli Stati Uniti, era molto vulnerabile  ed era stata ripetutamente invasa.

Schedari di recente diffusi rivelano che il pericolo era anche più grave di quanto gli storici avessero precedentemente ipotizzato. L’esercitazione della NATO “è diventata quasi un preludio a un attacco russo preventivo,” secondo un resoconto dell’anno scorso di Dmitry Adamsky sul Journal of Strategic Studies (Rivista di studi strategici).

Questa non è stato l’unico pericolo scampato per un pelo. Nel settembre 1983, i sistemi di allarme russi hanno registrato un imminente attacco missilistico da parte degli Stati Uniti, e hanno inviato l’allarme di massimo livello. Il protocollo militare sovietico era di vendicarsi  con un loro attacco nucleare.

L’ufficiale sovietico di turno, Stanislav Petrov, intuendo si trattasse di un falso allarme, decise di non riferire degli allarmi ai suoi superiori. Grazie a questa inosservanza del suo dovere, siamo vivi per parlare dell’incidente.

La sicurezza della popolazione per i pianificatori di Reagan non è stata una priorità più alta rispetto a quella dei loro predecessori. Questa negligenza continua fino a oggi, mettendo da parte anche i numerosi incidenti quasi catastrofici, esaminati in un nuovo libro agghiacciante: “Command and Control: Nuclear Weapons, the Damascus Accident, and the Illusion of Safety,” [Comando e controllo: armi nucleari, l’incidente di Damasco e l’illusione della sicurezza] di Eric Schlosser.

E’ difficile contestare la conclusione dell’ultimo comandante del Commando aereo strategico, Generale Lee Butler, che l’umanità fino ad allora era sopravvissuta all’era nucleare “grazie a un insieme di abilità, fortuna, e intervento divino, e sospetto che quest’ultimo sia stato in  proporzione maggiore.”

La regolare facile accettazione del governo delle minacce alla sopravvivenza è quasi troppo straordinaria da fissare in parole.

Nel 1995, pochi anni dopo che l’Unione Sovietica era crollata, il Comando strategico

degli Stati Uniti, o Stratcom, che è responsabile delle armi nucleari, ha pubblicato uno studio intitolato : “Essentials of Post-Cold War Deterrence” [I fondamenti della     dissuasione del dopo Guerra Fredda.”

Una conclusione fondamentale è che gli Stati Uniti devono mantenere il diritto di un primo attacco nucleare, anche contro stati che non dispongono di armi nucleari. Inoltre tali armi devono essere sempre disponibili, perché “gettano un’ombra su ogni crisi o conflitto.”

Quindi le armi nucleari sono sempre usate, proprio come si usa una pistola se si prende la mira ma non si spara quando si fa una rapina in un negozio – un argomento che Daniel Ellsberg, che ha fatto trapelare i Documenti del Pentagono*, ha ripetutamente sottolineato.

Lo Stratcom continua consigliando che “i pianificatori non dovrebbero essere troppo razionali nel determinare…..che cosa vale un avversario,” e a tutto ciò deve essere mirato. ”Fa male  rappresentarci come troppo completamente razionali e calmi. Il fatto che gli Stati Uniti possano diventare irrazionali e vendicativi, se vengono attaccati i loro interessi, dovrebbe fare parte dell’immagine pubblica nazionale che proiettiamo a tutti gli avversari.”

“E’ vantaggioso [per… la nostra posizione strategica] che alcuni elementi possano sembrare essere ‘fuori controllo’” – e che quindi pongano una minaccia costante di attacco nucleare.

Non molto in questo documento appartiene all’obbligo che pone il Trattato di Non-Proliferazione di fare tentativi in buona fede per eliminare dalla terra il flagello delle armi nucleari. Quello che si si sente, piuttosto, è un adattamento dei due famosi versi in rima scritti da Hilaire Belloc nel 1898 sulla mitragliatrice Maxim: “Whatever happens we have GOT,/the Atom Bomb and they have NOT. “Qualsiasi cosa succeda, noi abbiamo/ la Bomba Atomica e loro non ce l’hanno.”

I piani per il futuro non sono certo promettenti. In dicembre l’Ufficio del Congresso per il bilancio, ha riferito che l’arsenale nucleare statunitense costerà 355 miliardi di dollari nel prossimo decennio. In gennaio, il Centro James Martin Center per gli studi sulla Non-proliferazione, ha stimato che gli Stati Uniti avrebbero speso 1 trilione di dollari per l’arsenale nucleare nei prossimi 30 anni.

E naturalmente gli Stati Uniti non sono solo nella corsa alle armi. Come ha osservato Butler, è quasi un miracolo che finora siamo scampati alla distruzione. Più tentiamo il destino, meno è probabile che possiamo sperare in un intervento divino per perpetuare il miracolo.

Nel caso delle armi nucleari, almeno in teoria sappiamo come superare la minaccia dell’apocalisse: eliminarle.

Però un altro tremendo pericolo getta la sua oro ombra su qualsiasi contemplazione del futuro – il disastro ambientale. Non è chiaro  se ci realmente possibilità di scampo,   sebbene più rimandiamo, più grave diventa la minaccia – e non  in un lontano futuro. L’impegno dei governi per la sicurezza delle popolazioni è quindi chiaramente dimostrato dal modo in cui affrontano questo problema.

Oggi gli Stati Uniti si stanno  vantando dei circa “100 anni di indipendenza energetica” mentre il paese diventa “l’Arabia Saudita del prossimo secolo” – molto probabilmente il secolo finale della civiltà umana, se  persistono le attuali politiche.

Si potrebbe anche considerare come eloquente campana a morto per la specie un discorso del presidente Obama tenuto due anni fa nella città petrolifera di Cushing, Oklahoma.

Ha proclamato con orgoglio, e tra grandi applausi, che “Ora, nella mia amministrazione, l’America produce più petrolio oggi che in qualsiasi periodo degli scorsi 8 anni. Questo è importante da sapere. Negli scorsi tre  anni ho diretto la mia amministrazione per aprire milioni di acri per cercare gas e petrolio in 23 stati diversi. Stiamo aprendo più del 75%  delle nostre potenziali riserve di petrolio in alto mare. Abbiamo quadruplicato il numero di impianti di trivellazioni funzionanti raggiungendo il massimo storico. Abbiamo aggiunto oleodotti e gasdotti che sarebbero sufficienti a circondare la terra e molto di più.”

L’applauso rivela anche qualcosa sull’impegno del governo riguardo alla sicurezza. E’ sicuro che i profitti dell’industria siano garantiti in quanto “produrre più petrolio e gas qui in patria”continuerà a essere “una parte cruciale” della strategia energetica, come ha promesso il presidente.

Il settore delle grandi aziende sta attuando importanti campagne di propaganda per convincere il pubblico che il cambiamento del clima, se si sta verificando davvero, non deriva dall’attività umana. Questi sforzi sono rivolti a superare l’eccessiva razionalità del pubblico che continua a preoccuparsi delle minacce che gli scienziati considerano in grande maggioranza quasi sicure e di cattivo augurio.

Per dirla francamente, nel calcolo morale del capitalismo di oggi, un maggiore incentivo futuro ha più peso del destino dei propri nipoti.

Quali sono allora le prospettive per la sopravvivenza? Non sono luminose, ma i successi di coloro che hanno lottato per secoli per avere maggiore libertà e giustizia lasciano un’eredità che può essere accettata e portata avanti – e deve esserlo, e presto, se le speranze di una sopravvivenza decente devono essere sostenute. E nulla ci può dire in modo più eloquente che genere di creature siamo.

*http://it.wikipedia.org/wiki/Daniel_Ellsberg


Questa è la II parte di un articolo adattato da una conferenza tenuta da Noam Chomsky il 28 febbraio, sponsorizzata dalla Fondazione per la pace nell’età nucleare, [ Nuclear Age Peace Foundation] a Santa Barbara, California .


Leggete la prima parte su: http://www.alternet.org/chomsky-staggering-differences-between-how-people-and-powerful-define-security

Distribuito dal New York Times Syndicate

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://zcomm.org/znetarticle/the-dimming-prospects-for-human-survival


Distributed by The New York Times Syndicate
March 3, 2014  
AlterNet

An Ignorant Public Is the Real Kind of Security Our Govt. Is After
By Noam Chomsky

Keeping the public in the dark is the name of the game.

A leading principle of international relations theory is that the state's highest priority is to ensure security. As Cold War strategist George F. Kennan formulated the standard view, government is created "to assure order and justice internally and to provide for the common defense."

The proposition seems plausible, almost self-evident, until we look more closely and ask: Security for whom? For the general population? For state power itself? For dominant domestic constituencies?

Depending on what we mean, the credibility of the proposition ranges from negligible to very high.

Security for state power is at the high extreme, as illustrated by the efforts that states exert to protect themselves from the scrutiny of their own populations.

In an interview on German TV, Edward J. Snowden said that his "breaking point" was "seeing Director of National Intelligence, James Clapper, directly lie under oath to Congress" by denying the existence of a domestic spying program conducted by the National Security Agency.

Snowden elaborated that "The public had a right to know about these programs. The public had a right to know that which the government is doing in its name, and that which the government is doing against the public."

The same could be justly said by Daniel Ellsberg, Chelsea Manning and other courageous figures who acted on the same democratic principle.

The government stance is quite different: The public doesn't have the right to know because security thus is undermined - severely so, as officials assert.

There are several good reasons to be skeptical about such a response. The first is that it's almost completely predictable: When a government's act is exposed, the government reflexively pleads security. The predictable response therefore carries little information.

A second reason for skepticism is the nature of the evidence presented. International relations scholar John Mearsheimer writes that "The Obama administration, not surprisingly, initially claimed that the NSA's spying played a key role in thwarting 54 terrorist plots against the United States, implying it violated the Fourth Amendment for good reason.

"This was a lie, however. Gen. Keith Alexander, the NSA director, eventually admitted to Congress that he could claim only one success, and that involved catching a Somali immigrant and three cohorts living in San Diego who had sent $8,500 to a terrorist group in Somalia."

A similar conclusion was reached by the Privacy and Civil Liberties Oversight Board, established by the government to investigate the NSA programs and therefore granted extensive access to classified materials and to security officials.

There is, of course, a sense in which security is threatened by public awareness - namely, security of state power from exposure.

The basic insight was expressed well by the Harvard political scientist Samuel P. Huntington: "The architects of power in the United States must create a force that can be felt but not seen. Power remains strong when it remains in the dark; exposed to the sunlight it begins to evaporate."

In the United States as elsewhere, the architects of power understand that very well. Those who have worked through the huge mass of declassified documents in, for example, the official State Department history "Foreign Relations of the United States," can hardly fail to notice how frequently it is security of state power from the domestic public that is a prime concern, not national security in any meaningful sense.

Often the attempt to maintain secrecy is motivated by the need to guarantee the security of powerful domestic sectors. One persistent example is the mislabeled "free trade agreements" - mislabeled because they radically violate free trade principles and are substantially not about trade at all, but rather about investor rights.

These instruments are regularly negotiated in secret, like the current Trans-Pacific Partnership - not entirely in secret, of course. They aren't secret from the hundreds of corporate lobbyists and lawyers who are writing the detailed provisions, with an impact revealed by the few parts that have reached the public through WikiLeaks.

As the economist Joseph E. Stiglitz reasonably concludes, with the U.S. Trade Representative's office "representing corporate interests," not those of the public, "The likelihood that what emerges from the coming talks will serve ordinary Americans' interests is low; the outlook for ordinary citizens in other countries is even bleaker."

Corporate-sector security is a regular concern of government policies - which is hardly surprising, given their role in formulating the policies in the first place.

In contrast, there is substantial evidence that the security of the domestic population - "national security" as the term is supposed to be understood - is not a high priority for state policy.

For example, President Obama's drone-driven global assassination program, by far the world's greatest terrorist campaign, is also a terror-generating campaign. Gen. Stanley A. McChrystal, commander of U.S. and NATO forces in Afghanistan until he was relieved of duty, spoke of "insurgent math": For every innocent person you kill, you create 10 new enemies.

This concept of "innocent person" tells us how far we've progressed in the last 800 years, since the Magna Carta, which established the principle of presumption of innocence that was once thought to be the foundation of Anglo-American law.

Today, the word "guilty" means "targeted for assassination by Obama," and "innocent" means "not yet accorded that status."

The Brookings Institution just published "The Thistle and the Drone," a highly praised anthropological study of tribal societies by Akbar Ahmed, subtitled "How America's War on Terror Became a Global War on Tribal Islam."

This global war pressures repressive central governments to undertake assaults against Washington's tribal enemies. The war, Ahmed warns, may drive some tribes "to extinction" - with severe costs to the societies themselves, as seen now in Afghanistan, Pakistan, Somalia and Yemen. And ultimately to Americans.

Tribal cultures, Ahmed points out, are based on honor and revenge: "Every act of violence in these tribal societies provokes a counterattack: the harder the attacks on the tribesmen, the more vicious and bloody the counterattacks."

The terror targeting may hit home. In the British journal International Affairs, David Hastings Dunn outlines how increasingly sophisticated drones are a perfect weapon for terrorist groups. Drones are cheap, easily acquired and "possess many qualities which, when combined, make them potentially the ideal means for terrorist attack in the 21st century," Dunn explains.

Sen. Adlai Stevenson III, referring to his many years of service on the U.S. Senate Intelligence Committee, writes that "Cyber surveillance and meta data collection are part of the continuing reaction to 9/11, with few if any terrorists to show for it and near universal condemnation. The U.S. is widely perceived as waging war against Islam, against Shiites as well as Sunnis, on the ground, with drones, and by proxy in Palestine, from the Persian Gulf to Central Asia. Germany and Brazil resent our intrusions, and what have they wrought?"

The answer is that they have wrought a growing terror threat as well as international isolation.

The drone assassination campaigns are one device by which state policy knowingly endangers security. The same is true of murderous special-forces operations. And of the invasion of Iraq, which sharply increased terror in the West, confirming the predictions of British and American intelligence.

These acts of aggression were, again, a matter of little concern to planners, who are guided by altogether different concepts of security. Even instant destruction by nuclear weapons has never ranked high for state authorities - a topic for discussion in the next column.


This article, the first of two parts, is adapted from a lecture by Noam Chomsky on Feb. 28 sponsored by the Nuclear Age Peace Foundation in Santa Barbara, Calif.

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