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http://comune-info.net Cosa vuoi fare da grande? “È cominciato come un errore”. Con questa riga di apertura audace Charles Bukowski ha lanciato il suo primo romanzo Post Office (1971). Altri avevano contestato la decantata etica del lavoro statunitense prima … ma nessuno con lo stile, la vendetta e l’esperienza di un uomo che chiamavano Hank. Negli Stati Uniti, il tema del lavoro penetra in molti aspetti della nostra vita. Considerate la domanda più comune che ci viene rivolta dal momento che siamo abbastanza grandi per capirla: “Cosa vuoi fare da grande?”. Il presupposto inespresso in tale questione, naturalmente, è che il bambino o l’adolescente a cui viene ricolta non è niente in quel momento … ma sarà qualcuno quando sarà in grado di trascorre otto-dieci ore al giorno in un cubicolo per macinare numeri sotto la luce artificiale al suono di Muzak (nome di un’azienda statunitense nata negli anni Trenta, oggi utilizzato per alludere alla musica di sottofondo dei locali commerciali, ndt). Liberarsi da questa formula che tende a uniformare è diventato sempre più difficile, così come viene percepito il valore, di solito sinonimo di materiale che guadagna potere e materiale da consumare. Bukowski ha deriso e decostruito questo edificio statunitense, scrivendo in Post: “Qualsiasi idiota può elemosinare qualche tipo di lavoro; ci vuole un uomo saggio per farlo senza lavorare“. E sapeva di quello che scriveva. Per sostenere la sua attività di scrittura, Bukowski ha faticato in una vasta gamma di posti di lavoro come lavapiatti, autista di camion e scaricatore, postino, guardia, benzinaio, magazziniere, parcheggiatore, lavoratore della Croce Rossa, operatore di ascensore. Altri luoghi di lavoro sono stati una fabbrica di biscotti per cani, una fabbrica di torte e biscotti e le metropolitane di New York, dove ha appendeva manifesti. Poi, naturalmente, sono arrivati gli anni presso l’ufficio postale … gli anni che racconta nel suo leggendario primo romanzo. «Non troverete Bukowski nelle liste di lettura della maggior parte dei professori inglesi, perché Bukowski scrive troppo chiaramente“, dice il romanziere Anis Shivani. “Non è possibile falsificare il suo messaggio per far sembrare la vita borghese tutta bella, dopo tutto”. “Bukowski ha scritto di uomini e donne come si butta giù un bicchiere di birra, sulla resistenza, la rabbia, il desiderio, il sesso e, soprattutto, di se stesso”, spiega William Booth, uno scrittore e collaboratore del Washington Post. “Era un bestseller in Brasile; la sua poesia viene insegnata agli studenti delle scuole superiori in Francia; negli Stati Uniti, ai suoi tempi, era un simbolo di ribellione“. Quella ribellione vive ogni volta che una libreria ha su uno scaffale con Post Office e altri libri di Bukowski dietro il bancone per evitare il furto. I libri di Hank, a quanto pare, sono i più comunemente rubacchiati. Come mi ha spiegato una volta il proprietario di un negozio di libri: “Bukowski era uno scrittore anti-establishment, ha preso un sacco di rischi e praticamente ha fatto quello che voleva. Forse la gente considera rubare i suoi libri come un atto di solidarietà. A causa dello stile di Bukowski, molto probabilmente pensano sia giusto rubare i suoi libri; si tratta di un gesto contro l’establishment”. E tutto è cominciato come un errore.
Mickey Z, ovvero Michael Zezima, è scrittore ma anche giornalista e fotografo (la foto in alto è sua), e vive a New York. Autore di oltre dieci libri, il più recente è il romanzo Darker Shade of Green (tra quelli tradotti in Italia «Salvate Il Soldato Potere: I falsi miti della Seconda Guerra Mondiale», Il Saggiatore). Fino a quando la legge non cambierà o finirà l’’energia elettrica, potete trovarlo in un paio di oscuri siti web chiamati Facebook e Twitter. Chiunque desideri sostenere i suoi sforzi da pensatore critico, da sempre nei movimenti sociali, può farlo con una donazione qui. Comune è il sito in Italia al quale invia periodicamente i suoi articoli. Questo articolo è stato pubblicato anche su worldnewstrust.com (con il titolo originale Bukowski Quits at the Post Office). Altri articoli di Zezima sono qui. Leggi Anche Il rifiuto creativo dell’ideologia del lavoro [Chris Carlsson] Smettiamola di preoccuparci del lavoro [Francesco Gesualdi] Mettiamo in comune [John Holloway] Lavorare meno e viver meglio [Florent Marcellesi] Dalla precarietà alla convivialità [Gustavo Esteva e Irene Ragazzini] Trabajar menos, vivir más: un tema per archeologi? [Eduardo Galeano] Decrescita e diritto del lavoro [Serge Latouche] Il non-lavoro è un modo di fare la rivoluzione? No, di viverla [Philippe Godard]
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