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La “irreversibile” costruzione della dittatura europea Gli storici saranno quelli che scriveranno un domani la cronistoria degli avvenimenti di questa epoca ed in particolare di come sia accaduto che le nazioni europee abbiano delegato la propria sovranità ed il proprio benessere economico ad un gruppo di tecnocrati e di capi di stato che hanno costituito la struttura oligarchica dell’Unione Europea concepita per esautorare gli Stati Nazionali e trasferire ad una ristretta oligarchia, collegata ad interessi monopolistici, i poteri di controllo dell’economia e della gestione finanziaria dei paesi europei. L’espropriazione della sovranità degli Stati è stata parte di un piano prestabilito che non era neppure menzionato esplicitamente nei trattati europei ma che si è verificato di fatto con l’imposizione di stretti vincoli di controllo attribuiti alla Commissione europea ed ad altri organismi non elettivi che hanno sostituito i governi nazionali ed i Parlamenti democraticamente eletti di ogni Stato. Lo Stato nazionale è apparso a questi “decisori” di Bruxelles come un organismo inutile ed obsoleto che finiva per essere di fatto un ostacolo all’apertura dei mercati ed al processo di globalizzazione economica in corso. Di conseguenza si è operato in modo di arrivare ad uno smantellamento graduale dello Stato in un processo fortemente accelerato negli ultimi anni delegando i poteri di questo (dal bilancio alle materie legislative sui settori più importanti) alla potestà delle autorità di Bruxelles e di Francoforte, le quali esercitano un diritto prioritario rispetto agli organi legislativi di ogni Stato ed alle costituzioni mediante i trattati vincolanti e la possibilità di irrorare sanzioni. Nessuna discussione pubblica e nessuna opposizione è stata ammessa quando i tecnocrati europei hanno deciso di attuare le loro politiche tese a limitare e tagliare le spese sociali e di welfare per favorire un processo di privatizzazione dei servizi pubblici e di apertura ai mercati che, di fatto, aveva l’obiettivo di favorire i grandi gruppi monopolistici finanziari ed assicurativi che si sono andati a giovare di queste decisioni. Il dogma neo liberista si è imposto come sistema e come ideologia sovrastante rispetto a qualsiasi altro tipo di visione economica e sociale preesistente. Non a caso persino la importantissima funzione di creazione della moneta è stata delegata ad un gruppo di banche private (cartello bancario) sotto la apparente supervisione della BCE. In questo sistema gli Stati devono rivolgersi al cartello bancario per ottenere in prestito la moneta, dietro interessi, per finanziare la spesa pubblica, creando un sistema dell’usura che favorisce l’indebitamento degli Stati e di conseguenza la loro subalternità al sistema finanziario. Nessun controllo pubblico è stato ammesso su questo sistema, piuttosto nella realtà si è verificata una situazione per cui le grandi banche internazionali hanno talmente ampliato i loro poteri, come finanziatori degli stati e regolatori della moneta, da essere loro a esercitare il controllo sui governi. Si vedano quali sono stati i profitti delle grandi banche sovranazionali in questi ultimi anni e si avrà chiaro il quadro degli interessi in gioco nell’attuazione delle politiche neo liberiste degli ultimi 15 anni in Europa. Vedi: Godman Sachs e JP Morgan moltiplicano gli utili L’apertura ai mercati, salutata come un grande fattore di progresso è stata quella che ha dato il colpo fatale anche ai diritti del lavoro faticosamente conquistati nel corso di almeno 3 generazioni precedenti nei vari paesi europei. Non per nulla la commissione europea ha raccomandato a tutti i paesi di rivedere le proprie normative e di “adeguarsi” ai mercati aperti ove sono prevalenti il novero di paesi emergenti che competono in forma ineguale con il loro sistema che non prevede regole e diritti sul lavoro prestato. Il risultato che ne è derivato è stato un massacro sociale per i lavoratori entrati già da tempo in un sistema di precarietà e di assenza di limiti allo sfruttamento, favorito anche dalla importazione di manodopera di riserva grazie ai processi migratori. In Italia si vuole introdurre il Job Act che rappresenta di fatto l’adeguamento al mercato di un sistema di regole sul lavoro che va a smantellare la precedente legislazione del lavoro considerata obsoleta e superata anche se aveva rappresentato una conquista sociale per le generazioni precedenti. Su queste normative e su questi “adeguamenti al mercato”, che i vari governi dei paesi europei vanno attuando, non c’è mai stata molta discussione visto che sono quasi sempre delle necessità imposte dal sistema, richieste precise di “riforme” da attuare da parte della Commissione o dal FMI, che vengono poste come condizioni precise ed inderogabili per ottenere i finanziamenti richiesti, a cui gli Stati indebitati e in attesa di finanziamenti per salvare i propri conti, non sono nella posizione di poter discutere. Questo è stato il caso della Grecia, del Portogallo, della Spagna e presto dell’Italia. Di fatto l’Unione Europea assume ogni anno di più i connotati di un sistema dittatoriale ed oligarchico, auto referente, che esercita un potere di controllo e di intromissione, grazie anche alla presenza di governi collusi ed incompetenti, ostinatamente dediti ad applicare formule economiche palesemente fallite che hanno causato il disastro e la disperazione sociale in vasti strati delle popolazioni europee. Lo aveva predetto anche Bukowski Il dissidente russo : “L’Unione Europea ricorda molto l’Urss, un mostro guidato da burocrati autoeletti e fondato sulle minacce finanziarie. Vedi: Com’è l’Unione Europea? Peggio dell’URSS Poche voci libere si sono alzate fino ad oggi per denunciare questa deriva della UE e sono state immediatamente tacciate di “populismo”, qualificate come demagogiche, irresponsabili o peggio di fascismo e di nazionalismo. Subito emarginate dalla grande orchestra dei media. Al contrario gli esponenti politici che nessuna remora hanno avuto nel portare i popoli nell’abisso della perdità di sovranità a favore dell’oligarchia eurocratica e che anzi hanno espressamente fatto richiesta di “consegnare sovranità all’Europa”, questi si ostinano nel definire quello europeo come un “processo irreversibile”: ” Irreversibilità della costruzione europea e dell’euro”, ha detto qualcuno in una occasione di un consesso europeo. Si può indovinare chi ha pronunciato questa frase: è stato il Presidente Giorgio Napolitano in occasione di un suo discorso al Parlamento europeo. Una frase che denota il distacco dalla realtà e l’arroganza del personaggio che, evidentemente, non ha appreso le lezioni della Storia che pure dovrebbe ben conoscere Ci ricordiamo che Napolitano, quando era un dirigente del PCI, progenitore diretto dell’attuale Partito Democratico, affermò in più di un suo discorso della “irreversibilità delle conquiste socialiste nell’Unione Sovietica” ed ebbe il coraggio di fare queste affermazioni anche di fronte ai fatti dell’Ungheria del 1956, quando gli insorti per la libertà a Budapest furono schiacciati dai carri armati sovietici. Anche allora Napolitano giudicò “irreversibile” il corso del socialismo nei paesi dell’est Europa e si è visto poi come è andata a finire. Bisognerebbe ricordare a Napolitano che di “irreversibile” nella Storia non c’è nulla, neppure i grandi imperi, neppure le monarchie consolidate. Tanto meno potrebbe essere irreversibile questa costruzione di Europa che si sta evidenziando ogni giorno di più come un fallimento non solo per aver portato al disastro economico i paesi come Italia, Spagna, Portogallo e Grecia, una volta fiorenti , ma anche per aver fallito sotto qualsiasi forma l’idea di aggregazione, di solidarietà di integrazione. Al contrario la costruzione europea di fatto ha determinato l’esasperazione delle conflittualità, della concorrenza e delle divergenze di interessi fra Stati, annientando in un solo colpo le forme avanzate di assistenza sociale e di diritti che le nazioni europee avevano conquistato in oltre 60 anni di storia e di lotte sociali. Qualcuno dovrebbe ricordare all'”esimio presidente” che sono i popoli quelli che determinano i cambiamenti e che non c’è nessuna istituzione o costruzione politica che resista quando la volontà manifesta di un popolo, che sia in forma pacifica o in forma rivoluzionaria, decida di abbatterla. Potrebbe essere questo anche il caso della costruzione europea che al momento attuale corrisponde ad una mega struttura burocratica costituita da varie istituzioni dove il potere decisionale è stato assunto da una oligarchia tecno finanziaria centrale che decide e dispone sulla testa dei popoli e delle Nazioni. La costruzione europea resisterà fino a quando i popoli europei non arrivino a prendere coscienza dell’enorme truffa fatta ai loro danni da parte di che ha sottratto loro la sovranità per conferirla ad una ”elite” di tecnocrati designati (non eletti ) che operano in base a precisi interessi dettati dal grande capitale finanziario sovrastante. Napolitano esalta la funzione dell’euro ignorando che questo non ha prodotto convergenze ma piuttosto ha accentuato le divergenze rappresentando un enorme freno per la maggior parte dei paesi che l’hanno adottato, ad eccezione naturalmente della Germania, il vero dominus della costruzione europea. Napolitano, con il suo discorso fatto in quell’occasione, si era confermato come il garante della obbedienza dell’Italia ad una politica economico finanziaria stabilita dagli organismi europei che avvantaggia il capitalismo bancario (franco tedesco) e l’apparato industriale straniero (leggi tedesco) a danno degli italiani.
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