fonte: http://www.zeit.de La politica occidentale in Ucraina è un errore, dicono esperti tedeschi "È ormai tempo per l'Europa di definire su nuove basi le proprie relazioni con gli Usa, alla luce dei propri interessi, della pace e della stabilità economica in Europa, così come di considerazioni geopolitiche". È questo l'esordio di un importante articolo che sta suscitando grande attenzione fra gli specialisti di politica estera tedesca. Per la prima volta su di un giornale, di grande rilevanza internazionale oltreché nazionale, come Die Zeit (edizione on line) un esperto di politica estera, Chris Luenen, sia pure "prestato" ad un prestigioso think tank britannico, il Global Policy Institute di Londra, esprime un parere assolutamente controcorrente rispetto all'orientamento prevalente della Ue e della Nato. L'affermazione centrale dell'articolo è in sostanza che "L'Europa non dovrebbe rinunciare alla cooperazione con Mosca, che dovrebbe anzi essere potenziata". Allo stesso tempo, la Ue dovrebbe intensificare le sue relazioni con Washington, mentre sviluppa "una visione propria" con maggiore determinazione. L'obiettivo dovrebbe essere una nuova e più promettente strategia trans-atlantica. Significativo è anche il fatto che Luenen riprenda la teorizzazione a suo tempo proposta da uno dei principali lay strategist americani, Zbigniew Brzezinski, nel suo libro del 1997, La Grande Scacchiera, nella quale si affermava senza infingimenti che Washington "adopera la Ue come propria testa di ponte nel continente euroasiatico", che si ritiene possa contribuire alla "globalizzazione della sicurezza egemonica degli Usa nell'ambito dell'ordine mondiale". In questo quadro, integrare l'Ucraina nelle strutture euro-atlantiche, la Nato in primo luogo, significa potere ampliare ad est questa testa di ponte. Questo anche allo scopo di evitare la formazione di un riorientamento europeo, su di un asse franco-tedesco o russo-tedesco, entrambi considerati come pericolosi per gli Usa, in quanto potrebbero escluderli dal controllo del continente: timore ben noto agli strateghi britannici di fine secolo, tanto da essere la vera probabile causa dell'intervento inglese nella Grande Guerra, esattamente cento anni fa. A parere di Luenen, "la decisione di espandere la sfera di influenza occidentale ad est, attraverso la continua espansione della Nato e della Ue" rappresenterebbe il "maggiore errore strategico commesso dall'Occidente dalla fine della guerra fredda", dato che avrebbe semplicemente spinto la Russia e l'Iran "fin nelle braccia della Cina e di una alleanza anti-egemonica ed anti-occidentale a guida cinese: una simile coalizione russo-iraniano-cinese costringerebbe l'Occidente ad impegnarsi in una ancor più aggressiva politica estera, per garantirsi l'accesso a materie prime importanti ma in via di riduzione come petrolio, gas naturale e terreni agricoli". Per assicurarsi queste risorse, è invece assai più agevole conservare una partnership con la Russia, piuttosto che provocare l'ostilità di questo Paese con il voler inserire l'Ucraina nel sistema egemonico occidentale. La conseguenza di questo ragionamento è ovviamente anche un mutamento nell'approccio con gli Stati Uniti, alla cui strategia l'Ue non dovrebbe più sottomettersi, difendendo invece i propri interessi, come non ha saputo fare in passato: il che significa oggi in primo luogo appunto mantenere e consolidare i propri legami con la Russia, indicando chiaramente agli Usa i limiti della propria influenza, ridefinendo di conseguenza la politica trans-atlantica su di una base di piena parità con gli Usa. A dire il vero, non è la prima voce critica a levarsi in Germania, dopo l'inizio della crisi ucraina, nei confronti di una politica che rischia di portare il Paese mitteleuropeo allo scontro con la Russia: il capo dell'ufficio pianificazione del ministero della difesa tedesco, Theo Sommer, autorevole collaboratore sempre dello Zeit, ad esempio, ha criticato anch'egli questa politica occidentale. Ma persino personaggi politici di lungo corso, come gli ex cancellieri socialdemocratici Helmut Schmidt e Gerhard Schroeder hanno espresso pubblicamente le loro perplessità, cosa che ha fatto anche un esperto di politica estera democratico-cristiano, Phillip Mißfelder, difendendo l'esigenza di conservare rapporti di cooperazione con Mosca. Sono segnali importanti in questo delicato momento delle relazioni fra Europa e Russia, perché realisticamente oggi solo la Germania potrebbe avere la forza di mettere in discussione la politica estera comunitaria e della Nato, cosa che forse, alla luce di quanto sta emergendo sulle azioni spionistiche della Nsa americana ai danni della Germania, la classe dirigente tedesca potrebbe cominciare ad aver voglia di fare.
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