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http://wagingnonviolence.org In occasione della Giornata della donna, combattere la violenza, sia essa istituzionale che intima Ieri è stata una brutta giornata per praticamente chiunque abbia a cuore l'uguaglianza razziale, il diritto di voto, la violenza della polizia e quella cosa vaga che chiamiamo Giustizia. Ma la brillante Angela Davis ha trasformato il colpo in un grido di battaglia per contrastare la violenza "giustizia" sia essa istituzionale che intima. In primo luogo, ecco cosa è successo. Dopo una intensa campagna di lobbying da parte del sindacato di polizia, chiamata ufficialmente la Fraternal Order of Police, capirete perché il nome è importante in seguito, il Senato ha bloccato la nomina del presidente Obama di Debo P. Adegbile di essere il capo dei Diritti Civili del Dipartimento di Giustizia. Adegbile, che ha guidato il fondo di difesa legale del NAACP per anni, è stato asfaltato dal sindacato della polizia, e successivamente da democratici e repubblicani, per aver aiutato il giornalista e membro delle Black Panther, Mumia Abu Jamal, con un appello contro la sua condanna a morte con l'accusa di aver ucciso un agente di polizia di Philadelphia. Non importa che Adebgile e la squadra abbia vinto il ricorso. O che il caso di Abu Jamal sia pieno di incongruenze. O che Adebgile sia stato un campione di primo piano dei diritti di voto e dei diritti civili per decenni. Su Democracy Now! questa mattina, la professoressa al Baruch, Johanna Fernandez, direttore della prossima Writing on the Wall: Scritti in prigionia selezionati di Mumia Abu Jamal, ha spiegato che il tentativo di bloccare la nomina di Adegbile è parte di una campagna più ampia per proteggere l'impunità dei dipartimenti di polizia, e la brutalità della polizia, a tutti i costi. In altre parole, la Fraternal Order of Police ha inviato un segnale abbastanza chiaro: Non rompete il c…. ai poliziotti, o vi faranno il cu.. . Quindi, ciò di cui stiamo realmente parlando è la violenza: chi ha il diritto di utilizzarla impunemente e, più in generale, chi ha il diritto di esercitare un controllo violento sugli altri. E una volta che si comincia a parlare in generale di violenza, in particolare due giorni prima della Giornata internazionale della donna, è importante esaminare come la violenza intima e la violenza istituzionale si intreccino per creare una società completamente ingiusta. In seguito al segmento apparso su Democracy Now questa mattina, Angela Davis spiega come la violenza di genere ci aiuta a capire meglio la violenza istituzionale come la brutalità della polizia e la carcerazione di massa. "Il femminismo ci permette di riformulare la reclusione all'interno di un contesto più ampio", scrive la Davis. "La violenza che accade nei rapporti è collegata con quella di strada, la violenza istituzionale, che è la violenza di stato." Come lei stessa spiega, fa parte di un continuum: violenza domestica, violenza nelle strade, violenza della carcerazione, violenza di una nazione (spesso gli Usa) contro un altra. Detto in altro modo: la violenza è sia di base che top down, caduta dei cieli e letteralmente inflitta al livello del suolo. Ed è sorprendentemente comune, soprattutto quando cominciamo a parlare della violenza degli uomini contro cis e trans donne. Come scrive Rebecca Solnit in un saggio, "La guerra più lunga", che apparirà nel suo prossimo libro “Uomini spiegate le cose a me” "C'è ... un modello di violenza contro le donne che è ampio e profondo e orribile e incessantemente trascurato." Le manifestazioni sono diverse: violenza domestica sembra diversa da quella di un carcere di massima sicurezza. Ma l'obiettivo finale della violenza è sempre il controllo. Come scrive Solnit, "Questo dovrebbe ricordarci che la violenza è prima di tutto autoritaria. Si inizia con la premessa: ho il diritto di controllare voi". Questo Sabato, persone in tutto il mondo si mobiliteranno per parlare contro la violenza sulle donne. Proteste, Speak out e persino feste da ballo sono previste nelle principali città di tutto il mondo. In anticipo di Sabato, è importante per noi ascoltare le parole di Angela Davis e riflettere sul modo in cui parliamo contro la violenza di genere. Possono le nostre richieste rispondere ad entrambe le violenze, intima e istituzionale? Possiamo sforzarci di, come chiede la Davis, posizionare il femminismo all'interno di una cornice abolizionista, e l'abolizione all'interno di una cornice femminista? http://wagingnonviolence.org On Women’s Day, fight violence, both institutional and intimate Yesterday was a bad day for pretty much anyone who cares about racial equality, voting rights, police violence and that vague thing we call “justice.” But leave it to the brilliant Angela Davis to turn the blow into a rallying cry to counteract violence both institutional and intimate. First, here’s what happened. After an intense lobbying campaign by the police union officially called the Fraternal Order of Police; you’ll see why the name is important later the senate blocked President Obama’s nomination of Debo P. Adegbile to be the chief of the Justice Department’s Civil Rights Division. Adegbile, who headed the NAACP’s legal defense fund for years, was tarred by the police’s union, and subsequently by Democrat and Republican senators alike, for having helped represent journalist and Black Panther member Mumia Abu-Jamal in an appeal of his death sentence for allegedly killed a Philadelphia police officer. No matter that Adebgile and the team won the appeal. Or that Abu-Jamal’s case is riddled with inconsistencies. Or that Adebgile has been a leading champion of voting rights and civil rights for decades. Appearing on Democracy Now! this morning, Baruch professor Johanna Fernandez, editor of the forthcoming Writing on the Wall: Selected Prison Writings of Mumia Abu Jamal, explained that the effort to block Adegbile’s nomination is part of a broader campaign to protect the impunity of police departments and police brutality at all costs. In other words, the Fraternal Order of Police sent a pretty clear signal: Don’t f*ck with the cops, or they’ll f*ck with you. So, what we’re really talking about is violence: who has the right to use it with impunity, and more broadly who has the right to exert violent control over others. And once we start talking broadly about violence, especially two days before International Women’s Day, it’s important to examine how intimate violence and institutional violence are intertwined to create a thoroughly unjust society. Appearing later in this morning’s Democracy Now! segment, Angela Davis explains how gendered violence helps us better understand state-sanctioned violence like police brutality and mass incarceration. “Feminism allows us to reframe imprisonment within a larger context,” Davis said. “The violence that happens in relationships is connected with that of street violence, that of institutional violence, that state violence.” As she explains, it’s part of a continuum: violence in the home, violence in the streets, violence of incarceration, violence of one nation (often the United States) against another. Put another way: Violence is both grassroots and top-down, literally inflicted at the ground-level and falling out of the skies. And it’s astonishingly common especially when we begin talking about the violence of men against cis- and trans-women. As Rebecca Solnit writes in an essay, “The Longest War,” which will appear in her forthcoming book Men Explain Things to Me, “There is … a pattern of violence against women that’s broad and deep and horrific and incessantly overlooked.” The manifestations are different: Domestic violence looks different than a maximum-security prison. But the end goal of violence is always control. As Solnit writes, “This should remind us that violence is first of all authoritarian. It begins with the premise: I have the right to control you.” This Saturday, people across the world will mobilize to speak out against violence against women. Protests, speak-outs and even dance parties are planned in major cities across the globe. In advance of Saturday, it’s important for us to listen to Angela Davis’ words and reflect on the way that we speak out against gender violence. Can our demands respond to both intimate violence and institutional violence? Can we strive to, as Davis calls for, place feminism within an abolitionist frame, and abolition within a feminist frame?
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