Fonte: Herramienta L’Argentina al tempo dei Kirchner
All’inizio del secolo, in default era andato l’intero Stato, l’economia impazzita, le banche assediate dalla gente. Che aveva spento la televisione ed era uscita in strada per incontrare i vicini, battere le pentole, gridare la sua rabbia e cacciare i presidenti dalla Casa Rosada. Fu così che, rifluita l’onda lunga del Que se vayan todos, il capitalismo e il suo Stato seppero inventare una risposta politica all’altezza di una crisi epocale. Néstor e Cristina Kirchner sono stati capaci di imporre il ritorno alla normalità e di impedire che le lotte sociali si avviassero seriamente verso la costruzione di un mondo diverso. E tuttavia, come sosteneva Walter Benjamin, nulla di ciò che è accaduto nella storia può essere considerato definitivamente perso Nell’Argentina d’inizio secolo, di fronte alla crisi del dominio capitalistico i cui momenti più rilevanti si collocano negli anni dell’insubordinazione sociale del 2001 e 2002 -, il “kirchnerismo” è stato, in primo luogo ed essenzialmente, la risposta statale-capitalistica più efficace. La risposta vincente per il ritorno nei canali istituzionali e per neutralizzare la ribellione e gli spazi di autodeterminazione sociale che si esprimevano a livello di massa nel grido “Que se vayan todos!” (Se ne vadano tutti!). - I governi di Néstor e Cristina Kirchner hanno aperto una fiduciosa illusione in vasti settori di una popolazione che aveva appena sofferto e resistito ai furiosi attacchi del capitalismo negli anni Novanta. Per far fronte a quegli attacchi, la ribellione sociale aveva promosso colossali mobilitazioni e ribellioni, non solo in Argentina ma in molti altri paesi dell’America Latina. Com’era prevedibile, però, da parte del potere non si erano favoriti il dispiegarsi dell’autodeterminazione sociale e la pratica dell’autonomia. Al contrario, seguendo la loro natura di classe, capitalista, i governi hanno promosso la smobilitazione, la dissoluzione e la cooptazione delle organizzazioni orizzontali, il ritorno alla normalità istituzionale. Hanno cercato di impedire che le lotte sociali si avviassero verso la costruzione di un altro mondo possibile, non capitalista. - Lì dove altri settori e partiti politici in lotta con il kirchnerismo alcuni dei quali hanno finito per costituire la cosiddetta opposizione non erano riusciti a contenere e chiudere il processo di ribellione e autonomia di quegli anni, il kirchnerismo si è imposto come la sola strategia statale forte e capace di portare avanti la ricomposizione della governabilità capitalista. - Il carattere di restaurazione (consolidamento e approfondimento) delle relazioni sociali capitaliste del kirchnerismo può essere compreso difficilmente con le categorie chiuse della sociologia dominante. Se si utilizzano categorie immobili e omogenee e forme feticizzate dalle relazioni sociali capitaliste come Stato, nazione, governo, potere, egemonia -, il kirchnerismo può presentarsi e giustificarsi come meno efferato e violento di altri modelli capitalisti. Al contrario, pensato con categorie aperte, come processo di mobilitazione e di lotta, svela il suo carattere profondamente reazionario e funzionale alla strategia di dominazione e feticizzazione del sistema di sfruttamento capitalista. - Il kirchnerismo ha disarticolato la maggior parte dei movimenti autonomi sorti in quegli anni. Lo ha fatto attraverso diverse stategie, tutte con lo stesso obiettivo teso a neutralizzare la ribellione sociale: la cooptazione politica, l’elargizione e la soggezione economica, lo sviluppo di una cultura essenzialmente clientelare, il sussidio statale, la fagocitazione nell’orbita dello Stato di numerosi spazi di lotta per i diritti umani. Quando è stato necessario, esso si è imposto attraverso la criminalizzazione della protesta sociale o, direttamente, attraverso la repressione violenta, come nel caso dei movimenti delle popolazioni native in alcune province. - Con il consolidamento del kirchnerismo, hanno avuto più impulso politiche e discorsi che si ponevano l’obiettivo di superare la profonda crisi di rappresentanza del modello elettorale capitalista (democrazia delegata). Un modello posto in questione in modo strutturale nel corso degli anni precedenti con la nascita di spazi di mobilitazione sociale che si sono strutturati attraverso pratiche di democrazia diretta e di orizzontalità. - L’assunto politico del kirchnerismo si fonda su opposizioni binarie semplici e ingannevoli, ne è un esempio la ribadita dicotomia tra un capitalismo a parole progressista, a fronte di un altro capitalismo selvaggiamente neoliberista. In questo modo si nasconde il fatto che tanto il neoliberismo come le altre varianti capitaliste sono solo forme congiunturali, legate a momenti storici particolari, di un sistema sociale fondato sullo sfruttamento e il dominio sociale. - Queste contrapposizioni dialettiche binarie evidenziano l’esistenza di supposte rivalità di fondo con gran dispiego mediatico e di stampa tra partiti e frazioni borghesi (kirchnerismo/opposizione) che non sono altro che scontri all’interno dei settori dominanti della società. Scontri che non mettono in discussione, e neanche pretendono di farlo, il sistema di dominio e di sfrutttamento sociale capitalista. - Una parte del successo ottenuto da queste politiche del kirchnerismo trova spiegazione nel fatto che sia i tradizionali partiti politici della classe dominante, sia quelli detti progressisti e definiti di sinistra hanno promosso un modello politico che ha avuto al centro in modo sistematico il rafforzamento e la partecipazione nelle istituzioni verticali e gerarchiche e l’abbandono dell’orizzontalità e dell’autodeterminazione. - Lo Stato è intervenuto nei confronti dei movimenti sociali autonomi o semiautonomi, e nel processo messo in atto dalle fabbriche recuperate, con un intervento fatto di politiche di sussidi e progetti assistenziali che puntava a evitarne il radicamento per neutralizzare questi processi, legandoli al carro delle isituzioni di governo e alla “politica del possibile”. In questo modo, i movimenti sociali di origine autonoma si sono andati dissolvendo o si sono trasformati, perdendo il loro carattere auto-organizzato e dando luogo a strutture gerarchiche, organizzazioni di rappresentanza di stampo tradizionale e nuovi partiti politici che prendono parte al sistema di rappresentanza elettorale. - Il kirchnerismo è stato la continuazione e l’approfondimento del modello economico “estrattivista” che ha cominciato ad essere applicato negli anni Novanta (coltura intensiva della soia, mega-sfruttamento minerario, fracking petrolifero, ogm). Con questi mezzi, lo Stato ha promosso il consumismo in molti settori della società e ha ottenuto entrate che hanno consentito, tra le altre cose, di sostenere la sua politica clientelare e di sussidi come strategia per la disarticolazione degli spazi autonomi di protesta e di ribellione sociale. - I governi kirchneristi hanno sviluppato una favolosa politica statale di controllo sociale a partire dall’applicazione di tecnologie avanzate e innovative di controllo biometrico che sono state invece rifiutate in altri paesi. A partire dal 2011, lo Stato ha sviluppato il Sistema Federale di Identificazione Biometrica per la Sicurezza (SIBIOS), che permette di identificare e controllare l’insieme della popolazione, specialmente coloro che si manifestano attraverso proteste sociali. Il sistema è completato con l’uso generalizzato di telecamere, la creazione di nuovi documenti di riconoscimento e l’applicazione di registri elettorali digitalizzati che automaticamente segnalano i “trasgressori” che non partecipano al voto. - Nell’Argentina del post 2001, il kirchnerismo costituisce una forma feticizzata particolare delle relazioni sociali nel capitalismo. La sua affermazione come capitalismo “progressista” o “male minore” si colloca sul terreno del fantasmagorico dell’illusione e impone una logica di senso comune acritico e di razionalità pervertita rispetto all’analisi del capitale come relazione di dominazione sociale. Il kirchnerismo costituisce una strategia politica, economica e culturale del capitalismo volta al rafforzamento dello Stato e delle relazioni di dominio nell’Argentina dell’inizio del secolo XXI, dove i tradizionali concetti di destra e sinistra si confondono tra loro e hanno come comune denominatore la concezione statalista della politica. - Dal punto di vista della lotta per l’autonomia e lo sviluppo di relazioni sociali alternative al capitalismo, il kirchnerismo ha rappresentato la variante capitalistica più efficacemente reazionaria. È così assodato che perfino l’opzione della violenza statale, fomentata da Eduardo Duhalde nel 2002 non era riuscita a consolidarsi ed era stata battuta dalla enorme capacità di mobilitazione delle masse. Il kirchnerismo, che non fu opposizione a Duhalde ma ne fu complice e ne rappresentò la continuità degli obiettivi strategici, riuscì a disarticolare gran parte degli spazi autonomi e delle forme politiche alternative al modello capitalista-statale e impose il ritorno al “fare politica” dal livello istituzionale e statale. - Gli ultimi dieci anni nell’ Argentina dei governi kirchneristi sono stati, proprio come si autodefiniscono, un decennio vinto…dal capitale. - Come ha scritto Walter Benjamin, nulla di ciò che è accaduto nella storia può essere considerato definitivamente perso. La cosa vale anche in questo caso, malgrado la politica di costrizione statalista sviluppata dal kirchnerismo abbia ottenuto successi per i suoi interessi e per quelli delle classi sociali dominanti nel loro insieme. Ogni nuova lotta sociale del presente, in tutte le sue varianti, complessità e differenze, è una possibilità di rinnovamento della speranza e dell’autonomia che si sono aperte nel 2001-2002 e determina fessure di insubordinazione nella ragnatela della dominazione e dello sfruttamento sociale del kirchnerismo e del mondo capitalista. Note * Questo articolo è stato elaborato in modo collettivo da un gruppo di studio formato da compagni e compagne aderenti ai movimenti sociali.
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