Originale: TomDispatch.com
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9 dicembre 2014

Perché nessuno ricorda coloro che vogliono la pace
di Adam Hochschild
Traduzione di Maria Chiara Starace

Andate in guerra e ogni politico vi ringrazierà, e continuerà a farlo – con monumenti e statue, musei di guerra e cimiteri militari – molto tempo dopo che sarete morti. Ma chi ringrazia coloro che si sono rifiutati di combattere, anche nelle guerre che la maggior parte delle persone ha in seguito capito che erano tragici errori? Considerate l’invasione dell’Iraq nel 2003, ora ampiamente riconosciuta come l’evento che ha acceso un disastro continuo. I politici americani elevano ancora lodi ai reduci dell’Iraq, ma quale senatore ha una parola gentile da dire riguardo alle centinaia di migliaia di dimostranti che hanno marciato e protestato prima anche che si desse inizio all’invasione, per cercare di impedire, prima di tutto, che i nostri soldati rischiassero la loro vita?

Ciò che porta alla mente tutto questo è un’eccezione apparentemente rincuorante alla regola di celebrare chi fa la guerra e di ignorare chi fa la pace. Un esempio europeo, piuttosto che americano che si scopre essere non proprio così semplice come all’inizio appare. Lasciate che vi spieghi.

Il 25 dicembre sarà il centenario della famosa Tregua di Natale della Prima Guerra Mondiale. Probabilmente conoscete la storia: dopo 5 mesi di massacro senza pari e su vasta scala, i combattimenti sul Fronte occidentale si sono fermati spontaneamente. I soldati britanni e tedeschi hanno smesso di spararsi addosso e sono emersi in una terra di nessuno dalle loro trincee piene di fango in Francia e in Belgio per scambiarsi cibo e doni.

Quella storia, lustrata in anni recenti da libri, canzoni, video musicali, da un film e da un’opera, è in gran parte vera. Il giorno di Natale, i soldati si sono davvero scambiati sigarette, elmetti, cibi in scatola, bottoni dei cappotti e ricordi. Hanno cantato le canzoni di Natale,  hanno arrostito un maiale, hanno postato insieme per le fotografie, e si sono scambiati birra tedesca e rum inglese. In vari posti, gli uomini degli eserciti rivali hanno giocato a pallone insieme. Il terreno era segnato da piccoli crateri e palloni veri e propri scarseggiavano, e così le squadre hanno utilizzato  lattine di sacchetti di sabbia riempiti però di paglia. Gli ufficiali fino al rango di colonnelli sono usciti dalla trincee per salutare i loro colleghi dell’altra parte, anche loro si sono fatti fotografare insieme. (Tuttavia, chi si è rifiutato di unirsi alla “festa” è stato Adolf Hitler, allora venticinquenne,  che era al fronte con la sua unità tedesca. Pensava che la tregua fosse sconvolgente e disonorevole).

Al contrario della maggior parte degli “scoppi” di pace, l’anniversario di questa si sta celebrando con un’ostentazione sancita ufficialmente, cosa straordinaria. Il British Council, finanziato in parte dal governo, e invariabilmente guidato da un nobile o da un cavaliere, ha aiutato a distribuire un “pacchetto istruttivo” sulla tregua a ogni scuola primaria e secondaria del Regno Unito. Comprende foto, resoconti di testimoni oculari, piani per delle lezioni, test, compiti degli studenti, e frasi in varie lingue, comprese: “Incontriamoci a metà strada,” “Come sono le vostre trincee?” e “Posso farti una foto?” Le poste britanniche hanno anche  emesso una serie di francobolli che ricordano la Tregua di Natale.

Una mostra di documenti, mappe, uniformi e altri cimeli collegati alla Tregua, sono stati esposti nel municipio di Armentières, in Francia. Un torneo giovanile di calcio con squadre di Gran Bretagna, Belgio, Francia, Austria e Germania si svolgerà questo mese in Belgio. Il locale sindaco e gli ambasciatori di Gran Bretagna e Germania  sono stati di recente lì  per un incontro di calcio al Flanders Peace Field” [Il campo della pace delle Fiandre”], che da poco  è stato intitolato con questo nome.

Volontari provenienti da diversi paesi trascorreranno tre giorni e due notti in trincee scavate da poco mettendo ricostruendo la Tregua. Attori professionisti con uniformi dell’epoca, esecuzione di canti natalizi e una partita di calcio, hanno già fatto la stessa cosa in un elaborato spot televisivo per una catena di supermercati britannici. Uno dei giudici per una gara di bambini per disegnare un monumento commemorativo della Tregua non è altri che il Principe William, Duca di Cambridge.

Che cosa non sarà commemorato

Considerata la rarità di celebrazioni per la pace di qualsiasi tipo, che cosa ha reso sicura la Tregua per i reali, i sindaci e i diplomatici? Tre cose, penso. Prima, questo evento –  notevole,  spontaneo e genuinamente commovente  come è stato – non ha rappresentato una sfida alla sovranità della guerra. E’ stato sancito da funzionari sul posto; è stato di breve durata (tutta la furia dei bombardamenti e degli spari delle mitragliatrici ripresa in un giorno o due, e gas tossici e lanciafiamme sono stati aggiunti all’orrore) e non è stato mai ripetuto. E’ sicuro da celebrare perché non ha minacciato nulla. Quel video del supermercato, per esempio, reclamizza una tavoletta di cioccolata e i ricavati delle vendite vanno all’organizzazione nazionale dei reduci, la Royal British Legion.

Secondo, commemorare qualsiasi cosa, anche la pace invece della guerra, è un buon affare. Il Belgio soltanto aspetta due milioni di visitatori  negli ex siti delle battaglie durante il periodo del centenario,  e ha ora aggiunto uno o due siti della pace come destinazioni per i visitatori. Il paese sta destinando 41 milioni di dollari di finanziamenti pubblici per  musei, mostre, pubblicità, e altre infrastrutture turistiche, oltre a investimenti privati per nuove stanze d’albergo, ristoranti, e simili.

Infine la Tregua di Natale è fatta su misura per essere festeggiata dal calcio professionista che è ora un’enorme industria. I giocatori più famosi guadagnano  60 o più milioni di dollari all’anno. Due squadre spagnole valgono più di tre miliardi di dollari l’una. L’ex amministratore della squadra inglese del Manchester United, Sir Alex Ferguson, insegna alla Scuola universitaria di economia di Harvard. Cinque delle 10 squadre del mondo più di valore, sono, tuttavia, in Gran Bretagna e questo spiega lo speciale entusiasmo di quella nazione per queste celebrazioni. Il Duca di Cambridge è lo sponsor ufficiale dell’organismo di governo dello sport britannico, l’Associazione Calcistica, l’equivalente della nostra  Lega Nazionale Calcio [National Football League – NFL]. Si è unita all’Unione delle associazioni europee di calcio di tutto il continente per promuovere il torneo di calcio della Tregua di Natale e altre baldorie per l’anniversario. Questo pacchetto di materiali che va a più di 30.000 scuole della Gran Bretagna, si chiama “Il calcio ricorda.”

Mentre questa sponsorizzazione rappresenta soltanto una minuscola percentuale dei bilanci che hanno queste organizzazioni per le pubbliche relazioni, hanno sicuramente calcolato che associare il calcio con i bambini, il Natale, e un evento storico positivo, non può danneggiare il commercio. Tutte le industrie prestano particolare attenzione alla loro immagine pubblica, e specialmente al calcio in questo momento, dato che in molte parte d’Europa gli spettatori di questo sport sono in calo, poiché  una raffica di altre attività si contende il tempo libero e la disponibilità economica  della gente.

Per quasi quattro anni, mentre arriviamo al segnale del centenario delle pietre miliari della Prima Guerra Mondiale che si succedono, ci saranno celebrazioni a profusione in tutta Europa. C’è però una cosa sul cui potete contare: il Duca di Cambridge e altri alti dignitari neanche morti sosterranno gli anniversari di eventi futuri collegati alla pace e di gran lunga più sovversivi.

Per esempio, mentre i soldati di entrambe le parti sul Fronte Occidentale, si sono mescolati in quel primo Natale di  guerra, la fraternizzazione più ampia si è svolta in seguito in Russia. All’inizio del 1917, oppressa dalla tensione per le perdite catastrofiche subite in guerra, la Russia imperiale scricchiolante, instabile,   alla fine è crollata e lo Zar Nicola II e la sua famiglia sono stati messi agli arresti domiciliari. Più di 300 anni di dominio della dinastia dei Romanov erano finiti.

L’impatto  si è esteso a tutto l’esercito russo. Un corrispondente americano al fronte ha guardato con il binocolo i soldati russi e tedeschi che si incontravano nella terra di nessuno. La mancanza di una lingua comune non era affatto una barriera: i tedeschi hanno  conficcato le loro baionette nel terreno, i Russi hanno soffiato nelle palme delle mani aperte per far capire che lo Zar era stato tolto di mezzo. Dopo il novembre di quell’anno, quando i Bolscevichi, impegnati a finire la guerra – si sono  impadroniti del potere, la fraternizzazione è soltanto aumentata. Si possono trovare molte fotografie dei soldati russi e tedeschi che posano insieme o,  perfino, in un caso, mentre ballano in coppia sulla neve. I generali di entrambe le parti erano sconcertati.

Ed ecco delle persone che non saranno ricordate nei “pacchetti educativi” inviati alle scuole, sebbene siano state determinanti nel contribuire a porre fine alla guerra: i disertori. Un allarmato attaché militare britannico in Russia ha stimato che almeno un milione di soldati russi aveva disertato dal loro esercito malnutrito e male equipaggiato, semplicemente tornando a piedi ai loro villaggi. Questa è stata la causa  dell’accordo che fatto smettere i combattimenti sul fronte orientale molto tempo prima che terminassero in Occidente.

Nelle settimane finali della Guerra in Occidente, anche l’esercito tedesco cominciò a dissolversi. Le  diserzioni non sono arrivate dalle prime linee ma dalle retrovie, dove centinaia di migliaia di soldati o erano scomparsi o avevano evaso gli ordini  di andare al fronte. All’inizio dell’autunno 1918 il capo della polizia di Berlino ha stimato che più di 40.000 disertori si nascondessero nella capitale tedesca. Nessuna meraviglia che l’alto comando abbia iniziato i negoziati di pace.

Non trattenete il fiato aspettando le celebrazioni ufficiali degli ammutinamenti della guerra. Nulla minacciava l’esercito francese più dell’ammutinamento più scioccante, che è scoppiato nella primavera del 1917 in seguito a un massiccio attacco lanciato come colpo decisivo che avrebbe fatto vincere la guerra. In diversi giorni, 30.000 soldati francesi sono stati uccisi e 100.000 feriti, il tutto per guadagnare poche inutili miglia di terreno inzuppato di sangue.

Nelle settimane successive, centinaia di migliaia di soldati si sono rifiutati di avanzare ulteriormente. Un gruppo ha perfino sequestrato un treno e ha cercato di guidarlo fino a Parigi, sebbene la maggior parte dei soldati restassero semplicemente nei loro campi o nelle trincee e avessero chiarito che non avrebbero preso parte a ulteriori attacchi suicidi. Questa “indisciplina collettiva,” come i generali la hanno eufemisticamente chiamata, è stata messa a tacere, ma ha paralizzato l’esercito. Quell’anno i comandanti francesi non hanno più osato lanciare ulteriori attacchi.

Fino a oggi quell’argomento rimane così spinoso che alcuni documenti di archivio sugli ammutinamenti resteranno vietati ai ricercatori fino al 100° anniversario del 2017.

Parate per chi?

Dalla Baviera alla Nuova Zelanda le piazze delle città di tutto il mondo, sono abbellite con monumenti commemorativi a soldati locali “caduti” nel 1914-1918, e statue e targhe che onorano i generali di più alto grado si possono trovare dal Castello di Edinburgo fino a Los Angeles. Però praticamente nulla di simile ricorda coloro che hanno servito la causa della pace. La rivoluzionaria polacco-tedesca Rosa Luxemburg, che discuteva contro la soppressione della libertà di parola sia nella Germania del Kaiser che nella Russia sovietica, ha passato più di due anni in una prigione tedesca a causa della sua opposizione alla guerra. L’eloquente filosofo inglese Bertrand Russell, ha passato sei mesi in un carcere di Londra per la stessa ragione. Il dirigente sindacale americano Eugene V. Debs,  imprigionato per aver esortato a opporsi alla leva, era ancora in un penitenziario federale ad Atlanta nel 1920, due anni dopo che era finita la guerra, quando ha ricevuto quasi un milione di voti come candidato del partito socialista alle elezioni presidenziali.

Il socialista francese Jean Jaurès ha parlato apertamente e appassionatamente contro la guerra che vedeva arrivare nel 1914, e, a causa di questo, è stato assassinato da un militarista francese quattro giorni prima che iniziassero i combattimenti. (L’assassino si è scoperto essere innocente perché il suo è stato etichettato come “reato passionale). Contro l’opposizione dei loro stessi governi, la pioniera delle assistenti sociali,  Jane Addams, e altre donne, hanno collaborato a organizzare una conferenza femminile per la pace in Olanda nel 1915 con la partecipazione di delegati sia delle nazioni in guerra che di quelle neutrali. E in ogni nazione che ha preso parte a quella terribile guerra, giovani uomini dell’età per il servizio militare – ce ne erano migliaia – o sono andati in prigione o sono stati uccisi per essersi rifiutati di combattere.

Fate un salto di un secolo in avanti, e vedrete esattamente lo stesso modello di ricordi. Il prossimo anno segna il 50° anniversario dell’arrivo delle prime truppe combattenti americane in Vietnam, e già si sta prefigurando  un duello tra chi vuole ringraziarli e chi vuole onorare il movimento contro la guerra che ha contribuito a mettere fine a quella tragedia senza senso.

Il Pentagono ha già dato il via a un programma commemorativo ufficiale del costo di 15 miliardi di dollari il cui scopo (vi sembra una cosa nota?) è “di ringraziare e onorare i reduci della Guerra del Vietnam…per il loro servizio e per il loro sacrificio.” Nel frattempo, più di 1000 persone , molti di noi veterani dell’esercito statunitense, il movimento contro la guerra, o entrambi questi gruppi,  abbiamo firmato una petizione in cui si insiste che “nessuna commemorazione della guerra del Vietnam può escludere le molte migliaia di reduci che si sono opposti a questa, e anche il rifiuto di arruolarsi di molte migliaia di giovani americani, alcuni a costo di prigionia ed esilio.”

Un recente articolo sul New York Times si è occupato della controversia. Ha detto che il Pentagono era stato costretto a fare dei cambiamenti sul suo sito dedicato alla commemorazione dopo che Nick Turse, scrivendo a TomDispatch.com, aveva fatto notare, tra le altre cose, in che modo disgustoso quel sito minimizzava le morti dei civili nel tristemente noto massacro di My Lai.

Forse quando arriverà il prossimo anniversario della guerra in Iraq, sarà ora di interrompere una tradizione che ha sempre meno senso nel nostro mondo. La prossima volta, perché non fare sfilate per celebrare coloro che hanno tentato di impedire che iniziasse quel triste conflitto che continua ancora? Naturalmente, c’è un modo ancora migliore per onorare e ringraziare i reduci della lotta per la pace: non dare inizio ad altre guerre.


Il libro più recente di Adam Hochschild, To End All Wars: A Story of Loyalty and Rebellion, 1914-191 [Porre fine a tutte le guerre: una storia di lealtà e di ribellione, 1914-1918], ha vinto il Premio letterario Dayton per la Pace, ed è stato finalista per il National Book Critics Circle Award il  [Premio Nazionale del Circolo dei Critici letterari]. Durante l’epoca del Vietnam,  è stato Riservista dell’esercito degli Stati Uniti e fondatore del Comitato dei Riservisti per porre fine alla Guerra.


Questo articolo è apparso per la prima volt su TomDispatch.com, un weblog del Nation Instiute, che offre un flusso continuo di fonti alternative, notizie e opinioni da parte di Tom Engelhardt, da lungo tempo curatore editoriale,  è il  co-fondatore dell’American Empire Project, e autore di: The End of Victory Culture [La fine della cultura della vittoria], e anche di un romanzo: The Last Days of Publishing [Gli ultimi giorni dell’editoria]. Il suo nuovo libro, è Shadow Government: Surveillance, Secret Wars, and a Global Security State in a Single-Superpower World [Il governo ombra:  sorveglianza, guerre segrete, e uno stato di sicurezza globale in un mondo con un’unica superpotenza], (Haymarket Books)


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://zcomm.org/znet/article/why-no-one-remembers-the-peacemakers

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