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24 ottobre 2014

1918
di Michael Parenti
Traduzione di Maria Chiara Starace

Ripensando agli anni di furore e di carneficina, il Colonnello Angelo Gatti, ufficiale di stato maggiore dell’esercito italiano fronte austriaco), ha scritto sul suo diario: “Tutta questa guerra è stata un cumulo di bugie. Siamo entrati in guerra perché pochi uomini potenti, i sognatori, ci hanno scaraventato lì.”

No, Gatti, caro mio (in italiano nel testo, n.d.t.), quei pochi uomini non sono sognatori, sono calcolatori. Sono appollaiati al di sopra di noi. Guardate come i contratti per gli armamenti si trasformano in fortune private – mentre i giovani uomini vengono trasformati in polvere: altro sangue, altro denaro; questa guerra va bene per fare affari.

Sono i vecchi ricchi, i pauci (in latino nel testo, n.d.t.), “i pochi,” come Cicerone chiamava gli oligarchi del Senato che serviva fedelmente nell’antica Roma. Sono i pochi che insieme costituiscono un blocco di industriali e di proprietari terrieri, che pensano che la guerra porterà mercati esteri più grossi e disciplina civica in patria.  Uno dei pauci nel 1914 ha visto la guerra come un modo di promuovere la condiscendenza e l’obbedienza sul fronte del lavoro e – come ha detto egli stesso – la guerra “avrebbe permesso la riorganizzazione gerarchica dei rapporti di classe.”

Appena poco prima le eresie di Karl Marx si stavano diffondendo nei bassi ranghi dell’Europa. I proletari di ogni paese, che crescevano di numero e di forza, sono stati indotti a farsi reciprocamente guerra. Che modo migliore c’era per relegarli e indirizzarli male se non il vortice della distruzione reciproca? Nel frattempo le nazioni si incolpano a vicenda per la guerra.

Poi ci sono i generali e altri militaristi che hanno iniziato a tramare per fare questa guerra già nel 1906, otto anni prima che  venissero sparati i primi colpi. La guerra per loro significa gloria, medaglie, promozioni, ricompense finanziarie, favori, e cene con ministri, banchieri e diplomatici: tutta la prosperità della morte. Quando infine arriva la guerra viene salutata con tranquilla soddisfazione dai generali.

Però i giovani uomini vengono squarciati da ondate di proiettili delle mitragliatrici o fatti saltare in aria dalle esplosioni delle bombe. La guerra arriva con gli attacchi dei gas e il fuoco dei cecchini, le granate e il fuoco di fila dell’artiglieria, il rombo di un grande inferno e l’odore nauseante dei cadaveri in decomposizione. Corpi lacerati pendono tristemente sui fili spinati, e i topi delle trincee ci mangiano, anche quando siamo ancora vivi.

Addio miei teneri cari a casa,  che ci mandano le loro preziose lacrime avvolte in lettere spiegazzate. Quando viene meno la saggezza della gente, prevalgono i magnati e i monarchi e sembra non esserci alcuna via di uscita.

Gli stupidi danzano e il buco sprofonda  sempre di più come se fosse senza fondo.  Nessuno può vedere il cielo, o  allontanare i nugoli di bugie  che annebbiano le nostre menti come gli innumerevoli pidocchi che torturano la nostra carne. Incrostati di sangue e di sporcizia, reggimenti di anime perdute si trascinano verso il buco infernale. “Lasciate ogni speranza voi ch’entrate.” (In italiano nel testo, n.d.t.)

Nel frattempo dall’alto delle mura del Vaticano il Papa stesso scongiura i capi del mondo di porre fine alle ostilità, per paura che non rimangano più giovani vivi in Europa.” Ma l’industria della guerra non gli presta alcuna attenzione.

Infine le vittime sono di più di quello che possiamo sopportare. Ci sono rivolte nelle trincee francesi! Agitatori nell’esercito dello Zar chiedono a gran voce : “Pace, terra e pane”! In patria le nostre famiglie sono sempre più amareggiate. Arriva un punto di rottura in cui gli oligarchi sembrano perdere la loro presa.

Alla fine le armi sono mute nell’aria del mattino. Subentra uno strano silenzio quasi religioso. La nebbia e la pioggia sembra che lavino le nostre ferite e raffreddino la nostra febbre. “Ancora vivi,” il sergente dice facendo un largo sorriso, “ancora vivi.” Si accende una sigaretta mettendo le mani a coppa. “Accatastate quei fucili, pigri bastardi.” Fa di nuovo un largo sorriso, due denti gli mancano. La sua brutta faccia non è mai sembrata così buona come in questo giorno del novembre 1918. L’armistizio arriva come un’estasi tranquilla.

Un grosso pezzo del mondo aristocratico incrostato si stacca. I Romanov, cioè lo Zar e la sua famiglia vengono tutti giustiziati nel1918 nella Russia rivoluzionaria. Quello stesso anno, la casa di Hohenzollern crolla quando il Kaiser Wilhelm II scappa in Germania. Sempre nel 1918, l’Impero Ottomano va in pezzi. E il giorno dell’armistizio, l’11 novembre 1918, alle 11 – l’undicesima ora dell’undicesimo giorno dell’undicesimo mese – noi segniamo la fine della guerra e con essa il disfacimento della dinastia degli Asburgo.

Quattro monarchie indistruttibili: la russa, la tedesca, la turca e quella austro-ungarica, quattro grandi imperi, ognuno con milioni di baionette e di cannoni a disposizione, ora si aggrovigliano nelle fioche ombre della storia.

I nostri figli ci perdoneranno mai per la nostra vergognosa confusione? Comprenderanno mai che cosa abbiamo subito? Lo comprenderemo noi? Nel 1918, quattro autocrazie aristocratiche si sono estinte, lasciando dietro di loro così tante vittime massacrate e così tanti in lutto a piangere tutta la notte.

Nelle trincee gli agitatori tra di noi dimostrano di avere ragione. I Rossi insorti che l’anno scorso stavano davanti al plotone d’esecuzione avevano ragione. Le loro verità non devono essere seppellite con loro. Perché dei lavoratori e dei contadini indigenti uccidono altri lavoratori e contadini indigenti? Ora sappiamo che il nostro vero nemico non è nella trama delle trincee, non a Ypres,  non nella zona della Somme, a Verdun o a Caporetto. E’ più vicino a casa, più vicino alla pace ingannevole che viene dopo una guerra ingannevole.

Ora arriva un conflitto diverso. Abbiamo nemici in patria: i calcolatori che barattano  il nostro sangue con sacchi di oro, che rendono il mondo sicuro per l’ipocrisia, per loro stessi, che si preparano per la prossima “guerra umanitaria. Guardate come sembrano tirati a lucido e soddisfatti di sé, mentre distraggono le nostre menti, riempiendoci di terrore per i nemici crudeli. Continuano a succedere cose importanti, ma non tanto da eliminarli. Non ancora.


I libri più recenti di Michael Parenti sono: The Face of Imperialism (2011) [La faccia dell’imperialismo];  Waiting for Yesterday: Pages from a Street Kid’s Life (2013) [Aspettando ieri: pagina dalla vita di un ragazzino di strada];  e Profit Pathology and Other Indecencies  [Patologia del profitto e altre indecenze (in uscita all’inizio del 2015].


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://zcomm.org/znetarticle/1918

Originale : non indicato

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