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02 Ott 2014

La Cassazione rinvia alla Consulta il divieto per gli stranieri di svolgere il servizio civile

L'esclusione dei cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia dalla possibilità di essere ammessi a prestare il servizio civile nazionale viola la Costituzione. Questo il parere delle sezioni unite civili della Cassazione, che ha deciso di inviare gli atti alla Corte costituzionale affinché esamini la legittimità delle norme che vietano agli immigrati residenti nel nostro Paese di svolgere servizio civile.

La Corte osserva che la legge contrasta, in primo luogo, con gli articoli 2 e 3 della Costituzione, poiché «preclude allo straniero il pieno sviluppo della sua persona e l'integrazione nella comunità di accoglienza, impedendogli di concorrere a realizzare progetti di utilità sociale nell'ambito di un istituto giuridico a ciò deputato con una sua dimensione pubblica, oggettiva e organizzativa e, di conseguenza, di sviluppare il valore del servizio a favore degli altri e del bene comune come componente essenziale di vita e come forma di educazione ai valori della Repubblica».

Le sezioni unite civili della Cassazione (ordinanza n. 20661 di ieri) ritengono che l'esclusione degli stranieri «non é proporzionata né ragionevole». Secondo i giudici, la scelta del legislatore di escludere gli stranieri dal servizio civile non appare giustificata neanche dalla previsione contenuta nell'articolo 52 della Costituzione, che configura la difesa della patria: «l'articolo 52 é una norma di garanzia nel senso che garantisce che a nessun cittadino possa essere riservato il privilegio di una esenzione immotivata dall'obbligo di leva». Il servizio civile nazionale, sottolinea la Corte, «si propone come una realtà caratterizzata da libertà e spontaneità, in cui si esprime la vocazione sociale e solidaristica di chi vi accede», e «sembra escluso in radice il rischio del sorgere di situazioni di conflitto potenziale fra opposte lealtà». La pronuncia é stata emessa nell'ambito di una causa nella quale un giovane pakistano, da tempo residente in Italia, aveva denunciato la «natura discriminatoria» della clausola con cui gli stranieri venivano esclusi da un bando di selezione per il servizio civile pubblicato nel 2011. La sezione lavoro del tribunale di Milano aveva dichiarato il carattere discriminatorio della clausola e ordinato alla presidenza del Consiglio di sospendere le procedure di selezione e modificare il bando. Palazzo Chigi aveva presentato appello, ma il suo ricorso era stato respinto dai giudici di secondo grado. La Cassazione ricorda anche che esiste un contrasto fra i giudici del merito: se i magistrati milanesi avevano infatti dichiarato il carattere discriminatorio del bando, il tribunale di Brescia aveva escluso vi fosse discriminazione.

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