http://www.contropiano.org Ucraina. I martiri dell’Unione Europea? Sono neonazisti E’ davvero singolare l’ipocrisia dell’establishment dell’Unione Europea. Se le grandi famiglie europee del centrodestra e del centrosinistra proprio in queste settimane sono in prima fila nel chiedere ai cittadini del continente di non votare per forze politiche xenofobe o di estrema destra alle prossime e imminenti elezioni europee, allo stesso tempo sono proprio formazioni ultranazionaliste, razziste e a volte apertamente ispirate al fascismo e al nazismo quelle che l’Unione Europea sta sostenendo e strumentalizzando in Ucraina per destabilizzare il governo e costringerlo a ridurre i vincoli economici con Mosca e a stringere un patto con Bruxelles dal quale Kiev ha tutto da perdere. Oggi i maggiori quotidiani europei Repubblica e Corriere della Sera non si sottraggono di certo utilizzano formule assai stereotipate e retoriche per presentare la tragica situazione di Kiev e parlano senza mezzi termini di ‘martiri filoeuropei’ ammazzati nelle strade dalle forze di polizia agli ordini del governo di Viktor Yanukovich. Non una parola, ovviamente, sulla spregiudicatezza delle cancellerie di Bruxelles e Washington che da mesi soffiano sul fuoco della divisione e della guerra civile e che non hanno esitato negli ultimi giorni a spingere le proprie pedine di nuovo verso lo scontro frontale con l’esecutivo che invece cercava di gestire la crisi attraverso la concertazione con le forze principali dell’opposizione liberal-nazionalista. Era ormai evidente che la mobilitazione di piazza iniziata ormai mesi fa e ampiamente sostenuta dall’Ue e dagli Stati Uniti non avrebbe ottenuto le dimissioni del governo e che anzi le manifestazioni conosciute come ‘euro-Maidan’ si stavano ormai svuotando di forza e contenuto. E così in maniera irresponsabile da occidente si è pensato che era venuta l’ora di ampliare e rafforzare la provocazione contro il governo ucraino, scavalcando i partiti del centrodestra impegnati da giorni in colloqui col governo spingendo allo scontro le formazioni dell’estrema destra. L’obiettivo sembra chiaro: aumentare il livello dello scontro, drammatizzare gli eventi e cercare il morto in maniera da riportare la crisi ucraina al centro dell’agenda internazionale per permettere a Ue, Stati Uniti e Nato di poter imporre sanzioni a Kiev - il che è prontamente avvenuto e chiedere che la comunità internazionale intervenga contro “il regime che spara contro il suo popolo”. Un modello di destabilizzazione già pù volte sperimentato in altre aree del globo e ampiamente smontato e denunciato. Ma che evidentemente continua a funzionare, basta dare uno sguardo alle prime pagine dei sopra citati quotidiani italiani. Che in piazza a Kiev non ci siano solo decine di migliaia di attivisti dei partiti nazionalisti e liberali che guardano all’Unione Europea è noto da tempo, ma alla stampa sembra non interessare. Eppure un lancio dell’agenzia di stampa Ansa, che riportiamo qui sotto, non sembra lasciare molti dubbi sull’identità di quelli che per Repubblica e Corriere sono ‘martiri della libertà’. “A confrontarsi violentemente a Kiev con i 'berkut', le teste di cuoio ucraine, non sono - salvo alcune eccezioni - gli attivisti dell'opposizione che occupano pacificamente il Maidan da tre mesi, ma frange estremistiche riconducibili in gran parte a 'Right sector', un gruppo poco noto di estrema destra. Giovani, nazionalisti, spesso ultrà di calcio, provenienti da varie regioni ucraine, ben equipaggiati per gli scontri, ostili alla Russia ma anche alla Ue ("oppressore delle nazioni europee"), abili nell'uso dei social network: sono loro gli "irriducibili" delle barricate, quelli che da quattro giorni stanno tenendo testa ai poliziotti in assetto antisommossa con pietre e molotov nella centralissima via Grushevski, tra lo stadio della Dinamo e i palazzi del potere, non lontano dal Maidan. 'Right sector' si è formato sin dai primi giorni delle proteste, ma non ha né un quartier generale permanente né leader né tantomeno iscritti o gruppi formalmente affiliati. Il movimento include però diversi gruppi di estrema destra, da Tridente a Patriota dell'Ucraina, alcuni membri del quale sono stati condannati per aver distrutto una statua di Lenin. Patriota dell'Ucraina è peraltro in ottimi rapporti con Svoboda (Libertà), il partito ultranazionalista di Oleg Tiaghnibok (accusato di razzismo, antisemitismo e omofobia), quello dei tre dell'opposizione più incline agli scontri. Gli estremisti delle barricate, tra i quali a volte non mancano neppure sedicenti anarchici con tanto di A sullo scudo, indossano generalmente maschere, elmetti e protezioni per mani e piedi, e usano bastoni o sbarre di ferro in caso di scontri con la polizia. Per comunicare con i loro sostenitori, 'Right sector' usa il sito dell'organizzazione nazionalista Tridente, Facebook e Vkontakte, popolare rete sociale russa. Tutti i tre leader della protesta, compreso il campione di pugilato Vitali Klitschko, hanno criticato gli attacchi del movimento alla polizia e hanno definito i suoi attivisti dei provocatori. Ma la presa di distanza non è servita finora ad impedire gli scontri: il rischio ora per l'opposizione è quello di perdere il controllo della piazza e di essere identificata con il radicalismo violento. 'Right sector' ha già fatto proclami di guerra, sostenendo che le recenti leggi anti protesta hanno "messo fine alle aspirazioni dell'Ucraina per una soluzione pacifica della crisi": l'attuale situazione è un'opportunità per "distruggere lo scheletro statale" e costruire un nuovo Stato”. Forse il lancio dell’Ansa fa un po’ di confusione su sigle e parentele politiche, ma il quadro che traccia appare quanto mai fosco e getta una luce assai sinistra su quanto l’Unione Europea, il faro di libertà per la quale i giovani ucraini starebbero manifestando (e morendo), sta combinando nel paese che proprio in questi giorni celebra la sua unificazione nazionale nel 1919. Insomma la palla è passata dai partiti di centrodestra a formazioni paramilitari di estrema destra come il ‘Right Sector’, una specie di federazione di gruppi politici ultranazionalisti, e ad altre che si richiamano apertamente al nazional-socialismo come Svoboda, guidata da Oleh Tyahnibok. Che siano convintamente pro-Bruxelles poco importa a chi le manovra da occidente, l’importante è che siano in grado di trasformare la capitale ucraina in una campo di battaglia e di riempire le cronache di morti e feriti. Soprattutto, che siano abbastanza organizzate e violente da ricattare le opposizioni parlamentari portandole sul terreno dello scontro totale se non vogliono perdere la guida dello schieramento filo-occidentale. Le dichiarazioni dei vari capi delle bande che stanno mettendo Kiev a ferro e fuoco, intervistati da alcuni media europei, non lasciano dubbi su quale sia la strategia dell’estrema destra: “Klichko e gli altri sono politicamente morti. Ora tocca a noi”. In questo quadro caratterizzato dalla propaganda dall’una e dall’altra parte, ovviamente le notizie che arrivano da Kiev sembrano abbastanza confuse e contraddittorie. Si parla di manifestanti morti sotto i colpi di arma da fuoco sparati dalla polizia che secondo altre fonti sarebbero invece pallottole di gomma ma non c’è concordanza né sul numero delle vittime, né sulla loro identità. Secondo alcuni giornalisti negli ospedali della capitale negli ultimi giorni sarebbero stati ricoverati centinaia di manifestanti, alcuni dei quali pestati da mazzieri agli ordini del governo, i titushki, provenienti dalle regioni orientali. Ma è difficile in questa fase discernere le notizie vere da quelle fabbricate ad arte. L’unica cosa certa è che gli appetiti europei e della Nato sul paese stanno portando l’Ucraina sull’orlo di una sanguinosa e duratura guerra civile che potrebbe avere ripercussioni affatto scontate. E che potrebbe convincere Mosca che dalla fase del “contenimento” per quanto attivo della destabilizzazione occidentale sia giunto il momento di passare all’offensiva.
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