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La Germania slavica, “tomba di un popolo”. Quello serbo Nel tardo VI° secolo le popolazioni slave erano ormai penetrate saldamente in Europa, varcando la Vistola e l’Elba, e giungendo fino ad Amburgo. La gran parte del continente europeo era popolato da genti slave che, partite secoli prima dal bacino del fiume Dniepr, si erano spinti in varie direzioni incontrando alterne fortune. A interessarci, per adesso, sono però quegli slavi che si spinsero verso occidente e che occuparono aree ampiamente disabitate, abbandonate dai germani. Fu quella la Germania slavica che l’onda degli slavi sommerse lasciando indelebili segni ancora oggi visibili. Ma andiamo con ordine. Perché gli slavi mossero verso ovest La prima domanda è: perché gli slavi si mossero verso ovest in quello che Francis Conte il cui testo Gli Slavi usiamo da bussola per questo e altri articoli definì un “maremoto”? Furono i goti, nel II° secolo, a dividere l’unità slava delle origini, e poi gli unni, nel V°, a spingere gli slavi verso ovest. Così nel secolo VIII° gli slavi si trovavano ben addentro al cuore dell’attuale Germania, in terre lasciate liberi dai germani emigrati verso occidente e meridione: dall’Holstein alla Baviera, fino a Bamberga e Ratisbona, era tutta “slavia”. Come lo era anche la Prussia, terra che Bismark volle affermare “cuore” della nazione tedesca. A dirci della presenza slava in Germania è oggi la toponimia. Non una disciplina da prendere sotto gamba poiché il pretesto dell’etimologia fu usata dai tedeschi per reclamare questa o quella cittadina in Lorena e in Alsazia fin dai tempi delle guerre franco-prussiane. Anche il nazismo usò l’elemento storico per rivendicare uno “spazio vitale” a scapito dei paesi slavi confinanti arrivando persino a ritenere Danzica una “città da sempre tedesca” malgrado la radica Kdzanzk sia protoslava. La Germania slava Un esempio più pregnante è Berlino il cui nome nulla ha a che vedere con l’orso, simbolo della città (“bar” in tedesco medievale), ma deriva dallo slavo “berlo”, ovvero “bastone” o “palo”, termine che ancora oggi si trova in ucraino, polacco e ceco. “La città circondata da una palizzata”, questo il significato di Berlino. Poco più a sud di Berlino c’è Lipsia, dallo slavo “lipa”, cioè “tiglio“. Tale radice è alla base di molti toponimi nei paesi slavi, su tutti Lipica, in Slovenia, che diede origine al cognome del filosofo tedesco Leibniz. E’ poi evidente come Graz tradisca la radice slava “grad“, ovvero “la città”, diffusissimo in tutti i paesi slavi. La regione della Pomerania, oggi polacca e un tempo germanica, deriva dall’antico slavo “po more”, cioè ” a ridosso del mare”. Nel limite estremo della Pomerania sorgeva Stargrad dove “star” è la radice di “vecchio” (pensate alla Stari Grad di Praga, la città vecchia), che i tedeschi hanno rinominato Oldenburg. A sud della Pomerania si trova il Brandeburgo, germanizzazione dello slavo “Branibor” dove “bor” sta per “bosco” (come ancora oggi in russo e polacco, mentre è “pino” in bulgaro) e “bran” indica “difesa” e “protezione”. Quindi “bosco che protegge“. La “riconquista” tedesca Le popolazioni slave erano stanziali in buona parte della Germania attuale e lì sono rimaste fino alla riconquista tedesca intorno al Mille. Sono però stati gli slavi a fondare le città e a civilizzare un’area che le tribù germaniche avevano nel IV° secolo abbandonato. Chi è il “proprietario” morale di quelle terre? chi ha diritto di rivendicarle come proprie? Nessuno, verrebbe da dire, o entrambi. Ma è una questione che importa solo al nazionalismo che sempre strumentalizza la storia a propri fini. Fu con le conquiste di Carlo Magno che gli slavi cominciarono a regredire verso est, e quando il Sacro Romano Impero assunse un carattere tipicamente “germanico” (Trattato di Verdun, 843 d.C.) la “riconquista ” fu completata. La nascita di un ordine monastico cavalleresco, l’ordine teutonico, avrebbe poi fatto piazza pulita degli ultimi slavi pagani rimasti in circolazione. Solo la conversione al Cristianesimo mise gli slavi al riparo, entro un certo limite, dalla “pulizia etnica” germanica. Le virgolette sono d’obbligo, ma il massacro degli slavi fu tale che secoli dopo in pieno romanticismo il poeta ceco Jan Kollar chiamo la Germania “tomba degli slavi”. I serbi di Germania Ma tornando ai nostri antichi slavi: come si chiamavano quei popoli diffusi nella Germania slava? Un suggerimento ci viene dal cognome da nubile di Caterina II imperatrice di Russia: Anhalt-Zerbst dove “zerbst” sta nientemeno che per “serbo“. Così si designavano collettivamente le popolazioni giunte tra il sesto e l’ottavo secolo in Polonia e Germania. Erano tutti serbi, poiché “serbo” era un etnonimo collettivo. Molte città polacche conservano nel nome la radice “serb/szerb” e ancora oggi i “sorabi“, minoranza slava presente in Germania orientale, mantengono di fatto l’antico nome. Furono quindi “serbi” coloro che subirono la “riconquista” tedesca. Ma sono gli stessi serbi che oggi ritroviamo nei Balcani? La risposta nella prossima puntata.
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