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giu 6th, 2014

Segnali di distensione. Putin vede Merkel, Obama e Poroshenko.
di Enrico Oliari

In occasione delle cerimonie per il D-Day, per le quali si sono ritrovati in Normandia una ventina di capi di Stato, il presidente russo Vladimir Putin ha incontrato la cancelliera tedesca Angela Merkel.
I due si sono visti in un hotel di Deuville e sono apparsi distesi ai molti fotografi e giornalisti che li hanno attesi all’uscita dell’incontro: Merkel e Putin non si vedevano dall’inizio della crisi della Crimea.
Ma sono altri i segnali di distensione che si intravedono dai vari gesti e dalle dichiarazioni, basti pensare che se il Cremlino ha deciso di rispondere in egual misura alle sanzioni impartite da Washington, va detto che la reazione nei confronti dei paesi dell’Unione europea è stata assai più morbida: non è solo una questione di gas, che come gli europei hanno la necessità di acquistarlo, così i russi hanno la necessità di venderlo, bensì è stata posta in atto una rete importante di relazioni commerciali, economiche, culturali e diplomatiche che per prima Mosca non vorrebbe vedere indebolita. Ad esempio, il 26 novembre a Trieste Vladimir Putin, accompagnato da 11 ministri, ha incontrato l’allora premier Enrico Letta con i ministri corrispondenti per firmare una trentina fra accordi e trattati assai più remunerativi ed interessanti di quanto possa essere l’economicamente disastrata Ucraina.
Proprio in quell’occasione Putin fece notare che l’Ucraina doveva alla Russia qualcosa come 30 miliardi di euro, di cui solo un terzo per le forniture di gas: il rifiuto di Kiev di aderire all’Unione doganale ideata dal presidente russo, unitamente alla montagna di debiti, verrebbe così ad essere compensato con l’annessione della Crimea, dove Mosca ha la base della Flotta del Mar Nero. E forse più che un’”annessione”, si è trattato di una “cessione”, che accontenterebbe, alla fine, tutti, con l’Ucraina e il Kosovo che passerebbero sotto l’influenza di Bruxelles, Kiev, che vedrebbe risanata una parte del suo debito e Mosca che non sarebbe più chiamata a versare l’affitto per la base di Sebastopoli.
Resterà quindi da far ragionare il nuovo presidente ucraino Petro Poroshenko, il quale ha già affermato che con lui ci sarà “il ritorno della Crimea all’Ucraina e la difesa degli ucraini che vivono in Crimea”.
Le insurrezioni nelle regioni di Lugansk e di Donetsk sarebbero quindi spontanee, strumentalizzate dal Cremlino per tenere alta la tensione e distogliere l’attenzione dalla Crimea.
Ad avvalorare la tesi della ricerca della distensione da parte di Putin sono anche altri segnali, come il ritiro delle truppe russe dal confine con l’Ucraina, la dichiarazione di apertura del deposto presidente Viktor Yanukovich al risultato elettorale (“Non importa la percentuale di popolazione che è andata alle urne, rispetto qualsiasi scelta abbiate preso, una scelta compiuta nel momento più difficile per la nostra patria”) e l’odierna disponibilità di Putin a incontrare il nuovo presidente Poroshenko e a inviare al suo insediamento un proprio rappresentante.
Sempre a margine delle celebrazioni per il 70mo dello sbarco in Normandia, Vladimir Putin si è poi visto con Barak Obama, in un incontro durato circa un quarto d’ora presso la hall del castello di Bénouville: era presente anche il presidente ucraino Petro Poroshenko e, anche in quest’occasione, vi era la cancelliera Angela Merkel, la quale verrebbe così ad essere la mediatrice naturale del mini-vertice.
Come ha precisato precisato Ben Rhodes, uno dei consiglieri di Obama, si è trattato tuttavia di “una conversazione informale e non un meeting bilaterale”.
Putin e Poroshenko si sono detti entrambi favorevoli a fermare al più presto “lo spargimento di sangue” nell’Ucraina orientale.
Una distensione che converrebbe a tutti, fuorché agli Stati Uniti, che forse nell’accrescersi delle tensioni speravano di esportare, come avevano annunciato, in Europa il loro gas.

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