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Zitti tutti, parla Limonov Nonostante sia noto per essere uno dei maggiori antagonisti di Vladimir Putin, l’eroe romanzato di Carrère sembra essersi schierato fin da subito dalla parte del presidente russo sulla questione ucraina. Ha sempre definito Putin come un leader debole, che cerca sempre di nascondersi, ma l’annessione della Crimea e il sostegno alla popolazione russa nelle regioni a est e a sud dell’Ucraina gli hanno probabilmente fatto cambiare idea. Ma cosa frulla esattamente nella testa di questo sfacciato intellettuale? Cosa ne pensa della guerra civile in corso nel suo paese natale? Il sogno ucraino di Limonov Una domanda in particolare sorge spontanea: come agirebbe il nostro eroe se ora si trovasse al posto di Vladimir Putin? La risposta è molto semplice. Senza farsi troppi scrupoli e senza guardare in faccia a nessuno, riannetterebbe subito alla Russia tutti quei territori che dovrebbero già, a suo avviso, farne parte di diritto: Donetsk, Lugansk, Charkiv, Zaporižžja, Cherson, Mikolaïv, Odessa…una piccola indecisione, forse, solo per Dnipropetrovs’k. L’importante, naturalmente, è farlo il più in fretta possibile, prima che l’Ucraina si unisca alla NATO, altrimenti si rischia il conflitto aperto. Allo scoppio della crisi, alla domanda se ritiene legittima la volontà d’indipendenza degli ucraini nei confronti della Russia, ha risposto con il suo solito tono asciutto, con fare un po’ saccente: “Di quali ucraini state parlando esattamente? Esistono almeno due Ucraine!”. Lo stato ucraino, almeno secondo quanto afferma lo scrittore, non è mai stato veramente unito, è stato il potere sovietico a crearlo e unirlo fondando la Repubblica Socialista Sovietica Ucraina nel 1919, con capitale Charkiv; a dirla tutta questo paese secondo Limonov non è mai esistito all’infuori dell’URSS, anche se egli stesso ammette che esistono una cultura e una lingua ucraine (contraddittorio, vero, ma abbiamo a che fare con Limonov!). La scorsa primavera lo scrittore non ha esitato a esprimere la sua opinione, sostenendo che, certo, l’Ucraina non è Russia, ma ci vivono almeno 11 milioni di russi, “suoi compatrioti”. “Quello che è successo a Kiev il 22 febbraio scorso è stata una sorpresa per tutti, anche per il Cremlino. La popolazione della Crimea ha reagito rapidamente, la gente voleva tornare a far parte della Russia, e appena si è presentata l’occasione, ha organizzato un referendum. Putin stesso non aveva altra scelta” afferma, rallegrandosi dell’annessione alla Russia della penisola di Crimea. E aggiunge: “Finalmente! È da 23 anni che dico che la Crimea è russa e abitata da russi! In pochi giorni lo può capire chiunque: non si sente pronunciare una parola in lingua ucraina!”. E Limonov sembra conoscere bene la realtà di questa regione, visto che ci è nato e cresciuto. Per quanto riguarda il destino delle regioni a ovest del Paese, Limonov afferma che è tutta un’altra storia: hanno vissuto per anni sotto l’impero austro-ungarico e la Polonia, niente a che vedere con le regioni a est o a sud del Paese. Vorrebbe semplicemente che l’Ucraina si separasse in due… in fondo, le “due Ucraine” non potranno mai vivere sotto lo stesso tetto. Il suo grande sogno? La liberazione di Charkiv, città della sua infanzia e adolescenza. E forse, a questo punto, perché no…la ricostruzione del grande impero russo… Limonov e la politica in Ucraina Limonov parla chiaro. I rappresentanti che sono ora al potere a Kiev vengono tutti dall’Ucraina occidentale, sono dei nazionalisti favorevoli all’Europa, alla NATO e decisamente antirussi. E sono tutti dei burattini! Janukovič, Juščenko e via dicendo sono tutti dei truffatori corrotti. Come lo sono state anche le ultime elezioni presidenziali. La visione di Limonov non sorprende. Aggiunge: “Petro Porošenko? Cambia partito come tanti cambiano di donna o di guanti! Ha fatto parte del partito dei social-democratici, è stato al fianco di Juščenko (che non a caso è il padrino di sua figlia), di “Naša Ukraina”, del partito delle regioni…”. Limonov continua affermando molto semplicemente che dopo lo scoppio degli eventi di Majdan, l’élite politica ucraina ha avuto paura e ha fatto un balzo indietro nel passato, nominando come presidente il “re del cioccolato” (Porošenko dirige la maggiore fabbrica di dolciumi del Paese). E lo scrittore sottolinea che le elezioni sono sicuramente state una grande farsa visto che circa 9,3 su 45 milioni di cittadini coinvolti nel bel mezzo di una guerra civile non hanno partecipato alle elezioni. Da dove esce dunque il 54% di voti a suo favore? Limonov, in ogni caso, non ha dubbi a riguardo: Porošenko non rimarrà a lungo sulla sedia presidenziale. Egli individua diversi tipi di opposizione nel Paese: i liberali, che in gran parte hanno accolto gli eventi di Majdan secondo il principio “il nemico del mio nemico è mio amico” (il loro nemico, ovviamente, è Putin); i nazionalisti, di cui una buona parte ha addirittura sostenuto gli eventi di Majdan; e il partito “Altra Russia”, diretto da Limonov stesso, che mostra come Majdan sia un fenomeno anti-russo, rivoluzionario e ostile alla Russia. I suoi rappresentanti vogliono la separazione dell’Ucraina in due Stati, con un’annessione alla Russia delle regioni a est e sud, ottenere la nazionalizzazione dell’estrazione e della vendita del petrolio e del gaz e scacciare gli oligarchi e i nuovi ricchi fuori dal Paese, nonché boicottare le elezioni future. Una delle cose fondamentali, inoltre, secondo il loro leader, è ormai quello di aiutare i propri compatrioti russi nel fronte orientale, battersi e vincere. Per questo ritiene intelligente e approva in pieno la decisione del Ministro degli Affari Esteri russo Lavrov di inviare i convogli umanitari a Lugansk e Donetsk. La violenza e la guerra attirano Limonov invece di fermarlo, e chi lo conosce un po’ sa che non c’è nulla di più vero. Non ve lo ricordate a combattere in una squadra di cecchini serbo-bosniaci nella guerra civile jugoslava e a sparare su Sarajevo accanto a Radovan Karadžić? I giovani non devono vivere tra la pigrizia e il relax della città. Quegli uffici vergognosi, dove i ragazzi assomigliano alle ragazze, sono un esempio di come non bisogna vivere. Per questo c’è bisogno della guerra. E nel Donbass ce n’è una. Solo dopo una guerra ci si può sentire veramente un uomo. Dopo aver vissuto una guerra, camminerete a testa alta, orgogliosi e fiduciosi. E disprezzerete tutto ciò che è “civile”. (Apologia di guerra Diario di Limonov del 24 agosto 2014) Per tutti coloro che ancora non lo conoscono Eduard Limonov, pseudonimo di Eduard Veniaminovič Savenko, è uno scrittore e politico russo, fondatore e leader del Partito Nazional-Bolscevico e noto avversario di Vladimir Putin. Nasce a Dzeržinsk (Russia) nel 1943 ma cresce a Charkiv (Ucraina), dove trascorre un’adolescenza turbolenta nelle periferie della città. Si trasferisce a Mosca nel 1967 ed entra in contatto con gli ambienti letterari della città riuscendo a pubblicare le sue prime opere. Dopo aver raggiunto una certa fama lascia l’Unione Sovietica per stabilirsi a New York nel 1974, dove scrive il suo primo romanzo (Io, Edička). Nel 1982 si trasferisce a Parigi, dove collabora con vari giornali: da L’Humanité, organo ufficiale del Partito Comunista Francese, al nazionalista Le Choc du mois e L’Idiot international, che hanno alimentato la sua reputazione di nazional-bolscevico. Alla caduta dell’URSS nel 1991 torna in Russia e si dedica alla politica fondando un giornale chiamato Limonka (chiuso nel 2002) e il Partito Nazional Bolscevico, che, sebbene non sia mai riuscito ad ottenere lo status ufficiale di partito politico e sia stato messo fuori legge nel 2007, è stato molto attivo nelle proteste di vario genere contro il governo di Vladimir Putin. Nell’aprile 2001 viene arrestato con l’accusa di terrorismo, cospirazione contro l’ordine costituzionale e traffico di armi; condannato a quattro anni di carcere viene assolto dalle altre accuse e sconta due anni prima di essere rilasciato per buona condotta. Limonov durante la sua prigionia ha scritto otto romanzi. Per approfondire la conoscenza di questo stravagante personaggio, non esitate a leggere la biografia romanzata di Emmanuel Carrère,“Limonov”, vincitore del Premio Renaudot nel 2011 e a cercare di farvi una vostra opinione sull’ ‘eroe’ in questione. Certo, “Le incredibili avventure di Limonov” sarebbe un titolo ancora più azzeccato per questo libro, ma forse farebbe subito pensare a un personaggio uscito dai racconti di Verne, Dumas o Twain…e anche se effettivamente non siamo così lontani dall’immaginazione fiabesca di un moschettiere, qui si racconta la vera vita di Eduard Veniaminovič Savenko, nome d’arte “Limonov” dal russo “limonka”, termine che significa “granata/bomba a mano”. E una granata lo è di sicuro! Si parla di un giovane sovietico disadattato, grande adulatore di Stalin, dissidente a modo suo, scrittore provocatorio, soldato favorevole alla guerra, leader di un neo-partito estremista; un tipo coraggioso, determinato, cinico, diretto nei modi e nelle parole, senza peli sulla lingua… e tante altre cose che risultano talmente contradditorie fra loro, e a volte perfino al limite dell’assurdo, che vien solo voglia di incontrarlo di persona per controllare se è tutto vero. Il fascino per l’ecletticità del personaggio è inevitabile. Limonov, narcisista com’è, ha ben accettato di essere l’oggetto desiderato e di scoprire che qualcuno finalmente si interessa a lui e parla di lui. Poco importa poi se in bene o in male: se la sua vita diventa un romanzo a lui va benissimo, purché se ne parli! In un’intervista ammette: “Provo davvero un enorme piacere nel ritornare tra i francesi come un eroe mitico”, senza però esprimere alcuna opinione sul romanzo, non si sbilancia; aggiunge solo che augura a Carrère “una brutta fine, perché tutti i grandi scrittori finiscono male”! Forse da Limonov è il miglior complimento che si possa ricevere… La notorietà per lui è qualcosa di ingiusto, che la gran parte delle persone non merita, e lo dice chiaramente rivolto al destino di Brodskij e di Solženicyn, due dissidenti che disprezza enormemente (in particolare il primo che ha modo di incontrare negli Stati Uniti) in quanto hanno raggiunto entrambi una fama internazionale solo perché rigettati dalla loro patria e costretti all’esilio, modalità che Limonov sceglie invece di sua spontanea volontà.
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