La Voce della Russia L’Ue trascina l’Ucraina in una trappola finanziaria Nella parte economica dell’Accordo di associazione dell’Ucraina con l’Ue sono celati degli scogli di una dimensione tale che gli ucraini hanno tutte le possibilità di condividere il destino dei passeggeri del Titanic. I rischi impliciti nell’eurointegrazione delle economie emergenti (nel caso dell’Ucraina di un’economia piuttosto stagnante) sono ben noti: sconfitta nella concorrenza con i produttori stranieri, debacle della produzione, calo del tenore di vita della popolazione, appesantimento dei problemi sociali. Di conseguenza, degrado fino a disgregazione totale o almeno fino alla trasformazione in un’appendice per le materie prime dell’Occidente. Purtroppo, l’opinione pubblica ucraina non vuole sapere nulla di questi rischi. Ciò è comprensibile: sull’ondata d’informazione antirussa e di elevate aspettative dall’associazione con l’Ue è difficile studiare scrupolosamente il testo del documento che una Bruxelles pragmatica ha messo sotto il naso di una Kiev ingenua, ritiene il politologo Alexey Martynuk, direttore dell’Istituto Internazionale di studi sui paesi moderni: Non si tratta delle difficoltà economiche che l’Ucraina si troverà ad affrontare nell’ambito di questa associazione. Si tratta, innanzitutto sul versante politico, della distruzione perentoria dei rapporti con la Russia. Molti ucraini continuano a credere tutt’oggi che l’associazione si un primo passo verso l’adesione all’Ue. Ma tutta una serie di paesi latino-americani già ora hanno l’associazione con l’Ue. L’Egitto e la Turchia sono associati con l’Unione Europea già da alcuni decenni ma nessuno di loro è stato ammesso in questa struttura. L’associazione e l’appartenenza non sono cose interconnesse. Quando c’era il bisogno impellente di ampliare l’Ue mediante l’ammissione di paesi europeo-orientali, nessuno di loro ha percorso la fase di appartenenza associativa. L’assorbimento è avvenuto subito, come nel caso della Polonia. Secondo le condizioni dell’Accordo con l’Ue, l’Ucraina s’impegna ad adattare la sua legislazione alle norme dell’Ue. In particolare, si tratta del processo di restituzione obbligatoria, ossia della necessità di restituire i beni illegittimamente nazionalizzati ai loro proprietari o ai loro eredi. Nel testo del documento non c’è nemmeno una parola al riguardo, ma la restituzione è una parte sostanziale del sistema giuridico. Oggetto di contestazioni possono essere tutti i beni che cambiarono il proprietario dopo il 1917. In realtà si tratta di molte migliaia di siti su cui difficilmente riflettono ora i comuni entusiasti dell’integrazione dell’Ucraina nell’Ue. Il Potere sovietico aveva tolto ai proprietari più di due milioni di ettari di terra, ossia più del 52% di tutto il territorio dell’Ucraina d’oggi. Secondo le norme europee tutta la terra deve essere restituita agli ex proprietari o ai loro eredi. Si noti che non tutte queste persone sono cittadini ucraini. Ad avere il più grande appetito in questo senso sono i polacchi (prima del 1939 le regioni di Volynsk, Rovno, Lvov ed Ivanovo-Frankovsk, in generale, erano una parte della Polonia). Un altro paese confinante, Ungheria, conta di farsi riavere il patrimonio in Transkarpazia (Zakarpatie). I romeni stanno stilando l’elenco delle case ereditate e dei pezzi di terreno nella Bukovina Settentrionale e in una parte della Regione di Odessa ex Bessarabia Meridionale che nel 1940 passò all’Unione Sovietica. Insomma, l’Ucraina sta correndo il rischio di perdere un terzo delle sue terre arative, (senza parlare poi di centinaia di appartamenti, case ed altri siti immobili). A proposito, per via di un ironico scherzo del destino ne risentiranno più degli altri gli abitanti dell’Ucraina Occidentale. Il loro sogno europeo si rivelerà una trappola economica. E dovranno incolparne solo loro stessi.
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