http://www.greenreport.it L’esercito spara sui manifestanti, morti e feriti a Mariupol e Kramatorsk Mentre il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov era in partenza per Ginevra per partecipare ad un incontro sulla crisi ucraina con Andrei Dechtchitsa per l’Ucraina, Catherine Ashton per l’Ue e John Kerry per gli Usa dall’est filo-russo in rivolta contro il nuovo governo nazionalista di Kiev sono arrivate pessime notizie. Il ministro degli interni ad interim dell’Ucraina, Arsen Avakov, ha annunciato che stanotte a Mariupol l’esercito mandato a sedare la ribellione russofona ha ucciso tre manifestanti filo-russi, e Avakov scrive sulla sua pagina Facebook che «secondo informazioni provvisorie, dal lato degli assalitori si contano 3 morti e 13 feriti, mentre 63 persone sono state arrestate. Sono state sequestrate delle armi. Da parte dei militari non si lamenta nessuna vittima. Attualmente le forze dell’ordine inseguono uno dei gruppi armati operanti nella città». A dare per primo la notizia delle vittime era stato però il comandante “dell’Armata popolare” dell’autoproclamata Repubblica indipendente del Donetsk, il quale aveva detto che «i militari hanno aperto il fuoco sui manifestanti, mentre quest’ultimi si erano avvicinati alla loro unità per ingaggiare dei negoziati». Il presidente ucraino ad interim, Alexandre Turtchinov, il 15 aprile aveva dato il via ad una “operazione speciale” con l’intervento diretto dell’esercito nell’est russofono del Paese, dove i manifestanti chiedono che l’Ucraina diventi uno Stato federale con un referendum. Ieri il presidente russo Vladimir Putin, parlando con la cancelliera tedesca Angela Merkel, ha detto che l’acuirsi del conflitto in Ucraina ha ormai portato il Paese sull’orlo della guerra civile. Una guerra civile che potrebbe essere iniziata anche a Kramatorsk, dove i militari ucraini hanno sparato contro i federalisti russofoni ferendone tre che cercavano di impedire il passaggio di un convoglio di blindati verso l’aeroporto. Intanto i filo-russi hanno innalzato le bandiere della Repubblica popolare del Donetsk sugli edifici pubblici ucraini di Novoazovsk e Krasnoarmeisk. Intanto, a Donetsk i miliziani filorussi si sono impadroniti di 6 blindati e si susseguono le voci di diserzioni dei soldati ucraino-russi che passano, con armi e blindati, dalla parte dei manifestanti. Oggi Putin, nella sua intervista annuale con il pubblico in televisione, ha detto che «l’impiego di carri armati e di aerei per reprimere le proteste nell’est dell’Ucraina costituiscono un crimine delle nuove autorità di Kiev. Invece di prendere coscienza che le cose non vanno bene in Ucraina e di intraprendere un dialogo, sono arrivati fino ad inviare dei carri armati e aerei contro la popolazione civile. Si tratta di un nuovo crimine molto grave degli attuali leader di Kiev». A complicare le cose a livello internazionale è arrivato il rapporto sulla situazione dell’Ucraina presentato dall’Alto commissariato Onu per i diritti umani che il rappresentante russo nell’istituzione, Vitali Tchurkin, intervenendo al Consiglio di sicurezza ha bocciato dicendo: «Sfortunatamente il rapporto pubblicato ha un carattere preconcettuale e unilaterale: gli autori del documento hanno fatto finta di ignorare che le attuali autorità ucraine sono arrivate al potere attraverso un colpo di Stato armato. Abbiamo l’impressione che il rapporto sia fondato su conclusioni già stilate in precedenza». Prima il portavoce russo all’Onu, Alexandre Lukashevitch, aveva sottolineato che «il rapporto non presta alcuna attenzione alla crescita incontrollata della forza delle idee nazionaliste e neo-naziste all’interno della società ucraina, passando sotto silenzio tutta una serie di casi di violazione dei diritti umani commessi dalle autorità autoproclamate». La situazione sembra davvero complicata: il regima autoritario putiniano, dimenticate la dura repressione di piazza dei dissidenti e la guerra interna nel Caucaso, si può permettere di erigersi a difensore delle minoranze russe, mentre l’autoproclamato governo ucraino, zeppo di neofascisti e neonazisti e appoggiato dalle democrazie occidentali, cerca di impedire che gli autoproclamati governi filorussi dell’est facciano quello che i nazionalisti hanno fatto a Kiev.
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