Alawata
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5 ottobre 2014

Testimonianza di un volontario francese e uomo d’onore

di Sergio il Francese
Traduzione di Alessandro Lattanzio

Sergio è un francese andato al fronte a giugno per combattere con i ribelli del Donbas fino a metà agosto. Presenta un’autentica testimonianza che irradia la nobiltà e l’umiltà di un uomo che risponde all’appello del suo cuore. Un grande grazie!

“Non sono uno specialista militare di alto livello, sono solo uno studente francese di 22 anni e ho avuto una piccola esperienza militare nell’esercito francese. Provengo dal Donbas dove ho ancora la famiglia. Ciò che accade in Ucraina è una grave ingiustizia. Europa e Stati Uniti si scagliano contro il popolo russofono dell’Ucraina che ha la sfortuna di non essere d’accordo con Majdan. Non solo le persone vengono massacrate, ma vengono passate per dei terroristi. Quando sappiamo la verità, non possiamo restare a guardare, sarebbe viltà. Chiunque sappia la verità ha il dovere morale di agire. Appena ho potuto sono andato a Donetsk sperando che le mie esperienze militari potessero essere utili alla difesa locale contro l’aggressione di cui l’esercito ucraino è lo strumento principale. Siamo arrivati a fine giugno a Donetsk, mi sono presentato all’ex-edificio della SBU, il servizio segreto ucraino. Vi aveva la base l’unità dell’esercito ortodosso. C’erano armi per trenta persone, mentre l’unità ne contava circa 200! Nuovi volontari arrivavano ogni giorno, e non avevamo nulla da dargli. La maggior parte erano giovani locali senza esperienza militare, ma dalla forte volontà di vincere. Gli ex-militari avevano il comando (potevamo contarli sulle dita di una mano), un ex-paracadutista di 1.ma classe ucraino era il comandante di compagnia!
Avevo intenzione di partire per Slavjansk con altri volontari, ma mi chiesero di restare a Donetsk e aiutare i leader a formare ed organizzare la loro unità. Due giorni dopo mi convinsero e divenni loro istruttore. Ho dovuto addestrare civili con quattro AK-74. Tutti i giorni, dalla mattina alla sera, diverse sezioni venivano e gli mostravo come usare il fucile, e gli ho insegnato le regole di sicurezza per evitare incidenti. Come molti dei leader del gruppo, io stesso cumulavo le funzioni e dormivo solo tre ore per notte. Ero responsabile di una sezione di 20 effettivi che istruivo come anche altri. Di notte, integravo 4 guardie armate agli ingressi dell’edificio. Più tardi, i combattenti di Slavjansk si ritirarono a Donetsk. La nostra unità si trasferì nei pressi dell’aeroporto, in una base militare vicina alla città di Peski, accanto all’aeroporto di Donetsk. La nostra nuova missione era controllare il posto di blocco di Peski. Eravamo al fronte. Continuavo ad addestrare i ragazzi, il campo mi permise di spiegare le basi del combattimento, imparando a muoversi con tattiche di sostegno reciproco. I “Grad” iniziarono a colpire il posto di blocco, causando vittime. Rimasi con un piccolo gruppo di cacciatori di osservatori dell’artiglieria che dirigevano il tiro nascosti in cima a una collina artificiale (tipica nella regione mineraria del Donbas).
A metà luglio dovemmo ripiegare quando i carri armati ucraini superarono il posto di blocco e cominciarono a spararci. Poi arrivarono i rinforzi e andammo a caccia dei carri armati. Ci furono combattimenti intorno alla base, con casi di fratricidio. Mi sono ritrovato con un’unità del battaglione Vostok. Un carro armati spuntò a circa 25 metri da noi correndo a tutta velocità. Ebbe il tempo di spararci e ferirci prima di essere distrutto. Riprendemmo il posto di blocco con l’aiuto dei nostri carri armati. Il giorno successivo i Grad ripresero a bombardarci mentre eravamo completamente allo scoperto. Dovetti ripararmi in una grondaia perché non c’erano ripari nelle vicinanze. La notte fummo circondati in un garage per i autocarri Volvo. La stazione di servizio era in fiamme propagando l’incendio nel bosco, i cecchini ci impedivano di uscire dall’edificio. Poi arrivarono i rinforzi e subimmo un massiccio attacco del battaglione Donbass. Le cose si calmarono, ma gli ucraini sparavano sulla nostra base, così come sulla zona circostante. Potemmo evacuare i civili. La zona era deserta, con branchi di cani randagi. Gli demmo da mangiare e furono le nostre guardie. Quando c’era il fuoco dell’artiglieria, scappavano con noi. Pochi giorni dopo, la base era stata completamente distrutta, come la fabbrica accanto e le abitazioni civili. Pensavo di essere in un film apocalittico. Più tardi, la nostra unità si unì ai cosacchi del Don. Istituimmo un posto di blocco a sud-est di Donetsk, a Novij Svet. Gli abitanti del villaggio ci davano cibo ogni giorno, come il pesce che pescavano, e ci davano informazioni sugli ucraini che sparavano bombe al fosforo su un villaggio, che vedemmo bruciare per tutta la notte. Attaccarono il villaggio, ma furono respinti, quindi lo bombardarono per coprire la ritirata. Tale scenario si ripeteva ogni giorno, ma quando scoprimmo la loro base e sparammo dei colpi di mortai, ebbero paura e se ne andarono! Che soldati coraggiosi!
Poi tornai in Francia lasciando uomini organizzati ed in grado di svolgere missioni di combattimento contro un avversario più forte. Ho fatto il mio dovere, ed ora il mio dovere è informare. La forza degli ucraini risiede nella politica internazionale che gli permette di fare ciò che vogliono usando armamenti pesanti contro i civili, così come armi vietate. Ma la forza del russo è la sua mente! Il russo dimostra grande capacità di adattamento ed è disposto a sopportare il peggio per la causa giusta. Tale nobiltà di spirito è rara in questo mondo dominato dai valori della pigrizia e del consumo.
Combattere al loro fianco è stato un onore”.

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