http://popoffquotidiano.it/ Vivere nella Lugansk assediata, dove il nulla e le bombe sono quotidianità La metà della popolazione è fuggita, altri 250.000 sopravvivono in una città fantasma, con la paura quotidiana delle bombe sganciate dalle forze armate ucraine. «Che è vita, questa? Perché il governo ci odia così tanto?» Ucraina orientale. Lugansk è una città fantasma. Le strade sono vuote, il centro è deserto. «Non c’è elettricità, non c’è gas, non c’è acqua. Internet è fuori uso, i telefoni fissi anche. Curiosamente funzionano solo i cellulari collegati alla rete Kiev Star. Evidentemente per i loro ripetitori la corrente è rimasta in funzione». Un giornalista britannico ha passato un po’ di giorni nella città assediata. Ha vissuto i disagi e la paura dei suoi abitanti, ha raccolto le testimonianze e gli appelli per il ritorno alla normalità, alla vita. Duecentocinquantamila persone sono scappate, altre duecentocinquantamila ci sarebbero ancora. Ma sembrano tutti nascosti. In giro non si vede anima viva. A pochi chilometri si combatte. Tutti i giorni sulle vie, sui parchi, sui palazzi cadono le bombe. Le forze armate inviate da Kiev non danno tregua alla città. «Che è vita, questa? Perché il governo ci odia così tanto? Ci accusano di essere fascisti. Ma secondo lei io sono fascista? Questa donna accanto a me è una pericolosa terrorista? Non si rendono conto che stanno facendo molto male alla gente che hanno giurato di difendere». C’è chi cucina accendendo un falò nel giardino davanti casa e chi passa le nottate nel buio e angusto sottoscala per paura delle bombe. In tanti passano buona parte della loro giornata alla ricerca del cibo. «Io non ho problema. Prima della guerra facevo il commerciante alimentare. Ho i miei canali di rifornimento. Sono gli altri a venire da me. Cerco di aiutare quanta più gente che posso. Ma non è mai abbastanza. Ci sono troppe persone disperate qui a Lugansk». A Lugansk c’è anche un problema di denaro. In qualche modo un po’ di cibo arriva. Ma molti non sanno come pagarlo. Gli stipendi non vengono pagati da mesi, come le pensioni e le banche sono chiuse. «Non tutti sono disposti a cedere il cibo gratuitamente». E così c’è chi si arrangia. Alcuni per placare la sete bevono l’acqua delle fontane (quando c’è ancora), altri raccolgono l’acqua dentro secchi quando piove. «Lavarsi? È un lusso. I ricchi usano l’acqua minerale. Gli altri…». Tra le stranezze di queste settimane c’è anche una nuova forma di lavoro: fare la guardia alla casa o all’appartamento altrui. Chi è scappato e aveva denaro ha pagato cifre (anche ingenti) a vigilantes dell’ultima ora per custodire intatti i propri averi, animali domestici compresi. Poi c’è il commercio della benzina, una vera rarità. Manco a dirlo, i benzinai sono fuori uso. Il carburante si vende in taniche ad alcuni incroci. «È tutto di contrabbando. Un litro arriva a costare cinquanta grivnia (quasi tre euro) al litro. E se vuoi prendere un taxi ti tocca portare la tua benzina, altrimenti non sali». In tanti vorrebbero andarsene, ma non possono. Quasi nessuno riesce a rimediare abbastanza benzina per andare veramente lontano. I taxi se lo possono permettere in pochi. Non restano che i pullman. Partono tutti i giorni dal palazzo della Provincia. Bisogna fare una lunga coda per sperare di trovare un posto e la speranza di andarsene dopo qualche giorno. Ma fanno salire solo donne, bambini e anziani. Gli uomini no. Gli uomini sono costretti a restare in questa città fantasma in attesa che la guerra non arrivi più dal cielo, ma nei vicoli e tra le case.
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