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Ucraina e Jugoslavia “Talvolta ho la sensazione che da qualche parte in quell’immensa pozzanghera, in America, la gente sia seduta in un laboratorio e faccia degli esperimenti come si fa con le cavie, senza realmente capire le conseguenze di quello che sta facendo.” -Vladimir Putin, 4 marzo 2014 Cinque anni fa ho scritto un intervento per un congresso che si svolgeva a Belgrado per commemorare il decimo anniversario dell’inizio del bombardamento della NATO in Jugoslavia. In quel pezzo sottolineavo che la disintegrazione della Jugoslavia era stata usata come un laboratorio sperimentale per perfezionare le varie tecniche che successivamente sarebbero state usate nelle cosiddette “rivoluzioni colorate” o in altre operazioni di “cambiamento di regime” dirette contro leader considerati indesiderabili dagli Stati Uniti. In quel tempo, indicavo specificamente le analogie tra la regione della Krajina, nell’ex Jugoslavia, e l’Ucraina. Ecco che cosa avevo scritto allora: Dove sono esplose con maggiore violenza le guerre jugoslave di disintegrazione? In una regione che si chiama Krajina. Krajina significa terra di confine. Anche Ucraina significa questo è una variante della stessa radice slava. Sia la Krajina che l’Ucraina sono zone di confine tra Cristiani Cattolici a ovest e Cristiani Ortodossi a est. La popolazione è divisa tra quelli nella parte orientale che vogliono rimanere legati alla Russia, e quelli nella parte ocidentale che sono attirati verso le terre cattoliche. Ma complessivamente in Ucraina, i sondaggi dimostrano che circa un 70% della popolazione è contraria a entrare nella NATO. Tuttavia gli Stati Uniti e i suoi satelliti continuano a parlare del “diritto” dell’Ucraina di fare parte della NATO. Non si parla mai del diritto che nessuno ha di non entrare nella NATO. La condizione perché l’Ucraina entri nella NATO sarebbe l’espulsione delle basi militari straniere dal suo territorio. Questo vorrebbe dire espellere la Russia dalla sua storica basse navale di Sebastopoli, essenziale per la flotta russa nel Mar Nero. Sebastopoli è sulla penisola di Crimea, è abitata da Russi patriottici, ed è stata fatta soltanto parte amministrativa dell’Ucraina nel1954, da Nikita Khrushchev, che era ucraino. E’ più o meno il modo usato da Tito, che era Croato, quando aveva dato quasi l’intera linea di costa dell’Adriatico alla Croazia, e quando, in generale aveva implementato i confini amministrativi in un modo che andava a detrimento dei Serbi. Dato che le stesse cause possono avere gli stessi effetti, l’insistenza degli Stati Uniti sul “liberare” l’Ucraina dall’influenza russa forse può avere lo stesso effetto dell’insistenza dell’Occidente sul “liberare” i Cattolici croati dai serbi Ortodossi. Quell’effetto è la guerra. Ma invece di una piccola guerra, contro i serbi, che non avevano né i mezzi e neanche la volontà di combattere contro l’Occidente (dato che per lo più pensavano che ne facessero parte), una guerra in Ucraina significherebbe una guerra con la Russia: una superpotenza nucleare che non starebbe pigramente in attesa mentre gli Stati Uniti continuano a spostare la loro flotta e le loro basi aree ai margini del territorio russo, sia nel Mar Nero che nel Baltico, per terra, per mare e nel cielo. Ogni giorno gli Stati Uniti sono impegnati a espandere la NATO, ad addestrare forze militari, a costruire basi, a fare accordi. Questo va avanti costantemente ma è scarsamente riportato dai media. I cittadini dei paesi che fanno parte della NATO non hanno idea di verso cosa vengono condotti. (…) La guerra era facile quando significava la distruzione di una Serbia impotente e inoffensiva, senza vittime tra gli aggressori della NATO. Ma la guerra con la Russia una superpotenza aggressiva che ha un arsenale nucleare non sarebbe così divertente. E così, eccoci qui cinque anni dopo, e io sto per partecipare a un’altra commemorazione a Belgrado, questa volta per il quindicesimo anniversario dell’inizio dei bombardamenti della NATO sulla Jugoslavia. E questa volta non ho davvero nulla da dire. L’ho già detto, ripetutamente. Altri stanno dicendo le stesse cose, con maggiore autorità, dal Professor Stephen Coen a Paul Craig Roberts. Molti di noi hanno avvertito della pericolosa follia di cercare di continuo di provocare la Russia iscrivendo i suoi confinanti in un’alleanza militare il cui nemico potrebbe essere soltanto…la Russia. Di tutti i vicini della Russia, nessuno è più organicamente legato alla Russia per lingua, storia, realtà geopolitica, religione ed emozioni potenti. Il Sottosegretario di Stato americano per l’Europa e l’Eurasia, Victoria Nuland, si è apertamente vantata che gli Stati Uniti hanno speso 5 miliardi di dollari per guadagnarsi l’influenza in Ucraina in realtà, invece, per trascinare via l’Ucraina dalla Russia e portarla nell’alleanza militare statunitense. Non è più un segreto che la Signora Nuland ha complottato perfino contro gli alleati europei dell’America che avevano in mente un compromesso meno brutale per sostituire il presidente eletto con il “protetto” dell’America che lei chiama “Yats” (abbreviazione di Yatsenyuk (primo ministro ad interim dell’Ucraina, n.d.t.), che in effetti è stato subito installato in un governo di estrema destra, il che è stato conseguenza di azioni violente da parte di uno dei pochi movimenti fascisti violenti che sopravvivono ancora in Europa. E’ vero, i media occidentali non riportano tutti i fatti che hanno a loro disposizione. Ma c’è internet, e i fatti sono su internet. E malgrado tutto questo, i governi europei non protestano, non ci sono dimostrazioni nelle strade, gran parte dell’opinione pubblica sembra accettare l’idea che il cattivo del racconto è il presidente russo che è accusato di impegnarsi in un’aggressione ingiustificata contro la Crimea anche se stava replicando a una delle lampanti provocazioni della storia. I fatti sono lì. I fatti sono eloquenti. Che cosa posso dire che non sia già detto dai fatti? Finora, quindi, sono rimasta senza parole davanti a ciò che mi sembra pazzia totale. Tuttavia, alla vigilia del mio viaggio a Belgrado, ho accettato di rispondere a delle domande che mi ha fatto il giornalista Dragan Vukotic del quotidiano serbo Politika. Ecco l’intervista: D. Nel suo libro Fools’ Crusade: Yugoslavia, NATO, and Western Delusions [La crociata dei pazzi: la Jugoslavia, la NATO e le illusioni occidentali], lei ha espresso una posizione diversa sul bombardamento della NATO in Jugoslavia rispetto a quella di molti dei suoi colleghi in Occidente. Che cosa l’ha spinta a trarre questa conclusione così impopolare? R. Molto tempo fa, quando ero studentessa di materie concernenti l’area russa, vivevo in un ostello studentesco a Belgrado e ho lì ho fatto delle amicizie. E quindi poi rivolgevo a questi vecchi amici per avere opinioni invece che alle fonti consultate dai giornalisti occidentali. E ho un interesse che dura da una vita per la politica estera degli Stati Uniti. Ho iniziato la mia ricerca nei conflitti in Jugoslavia leggendo documenti fondamentali, come i discorsi di Milosevic, il memorandum dell’Accademia Serba e le opere di Alija Izetbegovic, notando l’imprecisione del modo in cui vengono presentati nei media occidentali. Non dipendevo mai dalle istruzioni dei direttori che di fatto presto si sono rifiutati di pubblicare i miei articoli. Non sono stata l’unica osservatrice competente, a essere esclusa dallo scrivere servizi giornalistici sui media occidentali. D. Sebbene i successivi eventi abbiano confermato che l’operazione del bombardamento illegale di un paese senza il permesso del Consiglio di Sicurezza dell’ONU era completamente illegale, i media occidentali tradizionali e i politici si riferiscono a questo come al riuscito “modello del Kosovo”. Può, per favore, fare delle osservazioni su questo argomento? R. Per loro è stato un successo, dal momento che ha stabilito un precedente per l’intervento della NATO. Non ammetteranno mai di essersi sbagliati. D. Quando si è trattato della preparazione dell’ “intervento umanitario contro la Siria, l’amministrazione Obama ha riferito si stava studiando ”la guerra aerea della NATO in Kosovo come possibile piano per agire senza un mandato delle Nazioni Unite”. Per favore, un suo commento in proposito. R. Non mi sorprende, dal momento che stabilire un precedente del genere è stato uno dei motivi di quella guerra aerea. D. In uno dei suoi articoli lei si è chiesta che cosa sosteneva la Corte Penale Internazionale ( ICC) nel caso della Libia. Lei ricordava il “modello familiare” nel caso del Tribunale Penale Internazionale per la Jugoslavia ( ICTY). Che cosa pensa realmente di quegli strumenti di giustizia internazionale e del loro ruolo nelle relazioni internazionali? R. Nel contesto del rapporto di forze nel mondo attuale, l’ICC come i tribunali ad hoc possono soltanto servire come strumenti dell’egemonia degli Stati Uniti. Quei tribunali penali vengono usati soltanto per stigmatizzare gli avversari degli Stati Uniti mentre finora il ruolo dell’ICC è di giustificare la supposizione ideologica che esiste una “ giustizia internazionale” che ignora i confini nazionali e serve a far rispettare i diritti umani. Come John Laughland ha fatto notare, un tribunale vero e proprio deve essere l’espressione di una particolare comunità che accetta di giudicare i suoi membri. Inoltre, queste corti non hanno una loro polizia, ma devono fare affidamento sulle forze armate degli Stati Uniti, della NATO e dei loro stati clienti che di conseguenza sono automaticamente esenti dai procedimenti legali da parte di questi tribunali presumibilmente “internazionali.” D. Quale è, secondo lei, lo scopo principale di dichiarare il cosiddetto intervento umanitario? Ha più a che fare con l’opinione pubblica interna o con i partner internazionali? R. L’ideologia dei Diritti Umani (un concetto dubbio, tra l’altro, dal momento che i “diritti” dovrebbero essere fondati su accordi politici concreti, non soltanto su concetti astratti) serve a scopi sia interni che globali. Per l’Unione Europea essa indica un nazionalismo europeo “morbido” basato sulla virtù sociale. Per gli Stati Uniti che sono più espliciti dell’Europa di oggi nel proclamare il loro interesse nazionale, l’ideologia dei Diritti Umani serve a sostenere interventi stranieri con lo scopo di fare una crociata che può piacere agli alleati europei e soprattutto alla loro opinione interna, come anche al mondo di lingua inglese in generale (al Canada e all’Australia in particolare). E’ il tributo che il vizio paga alla virtù, per fare da eco a La Rochefoucauld. D. Lei spesso usa l’espressione “gli Stati Uniti e i loro satelliti europei”. Per favore, ci spiega perché? R. ”Satelliti” era il termine usato per i membri del Patto di Varsavia, e oggi i governi degli stati membri della NATO seguono Washington con la stessa ubbidienza con cui i primi seguivano Mosca, anche quando, come nel caso dell’Ucraina, gli Stati Uniti vanno contro gli interessi europei. D. Come vede gli attuali avvenimenti in Ucraina e in Crimea, specialmente riguardo alle relazioni tra Stati Uniti Russia? R. Le relazioni tra Stati Uniti e Russia sono determinate principalmente da una continua ostilità geostrategica statunitense verso la Russia che in parte è una questione di abitudine o di inerzia, in parte un’attuazione della strategia di Brzezinski di dividere l’Eurasia allo scopo di mantenere l’egemonia mondiale degli Stati Uniti, e parte un riflesso della politica del Medio Oriente verso la Siria e l’Iran, dominata da Israele. Tra le due maggiori potenze nucleari, c’è, chiaramente, un aggressore e un aggredito. Spetta all’aggressore cambiare il corso delle cose se le relazioni devono essere normali. Fate semplicemente un paragone. La Russia sta esortando il Quebec a staccarsi dal Canada in modo che quella provincia possa entrare in un’alleanza militare guidata da Mosca? Evidentemente no. Potrebbe essere paragonabile e tuttavia è blandamente paragonata alla recente mossa degli Stati Uniti guidata da Vittoria Nuland mirata a portare nell’orbita occidentale l’Ucraina, compresa la principale base navale di Sebastopoli. La realtà materiale di questa orbita politica è la NATO, che fin dalla fine dell’Unione Sovietica si è estesa sistematicamente verso la Russia, che piazza missili la cui unica funzione strategica sarebbe di fornire agli Stati Uniti una capacità per un ipotetico primo attacco nucleare contro la Russia, e che regolarmente compie manovre militari lungo i confini russi. La Russia non ha fatto nulla contro gli Stati Uniti, e recentemente ha fornito a Obama un modo di salvare la faccia per evitare che il Congresso gli votasse contro riguardo all’azione militare contro la Siria azione che non era voluta dal Pentagono, ma soltanto dalla frazione di coloro che definiscono le politiche e che sono favorevoli a Israele: i “neoconservatori”. La Russia non professa alcuna ideologia ostile, e cerca soltanto relazioni normali con l’Occidente. Che cosa altro può fare? Spetta agli americani cominciare a pensare in modo sensato. Diana Johnstone è l’autrice di Fools’ Crusade: Yugoslavia, NATO, and Western Delusions Da: Z Net Lo spirito della resistenza è vivo www.znetitaly.org Fonte: http://zcomm.org/znetarticle/ukraine-and-yugoslavia
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