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+972 Blog Attivisti nonviolenti palestinesi: La violenza armata non fermerà la nostra resistenza Il ministro palestinese che è morto Mercoledì, dopo una protesta non violenta, è stato un simbolo dell'Autorità Palestinese per la lotta popolare nonviolenta. I leader palestinesi nonviolenti provenienti da tutta la Cisgiordania parlano di come Israele risponde con violenza verso le loro attività. Uno sciopero generale a Ramallah, tre giorni di lutto in seno all'Autorità Palestinese, e richiesta di maggiori proteste e di resistenza non violenta all'occupazione. Quelle erano solo alcune delle risposte alla scomparsa del ministro palestinese Ziad Abu Ein, morto durante una manifestazioe per sottolineare la Giornata Internazionale dei Diritti Umani di Mercoledì 10 dicembre. Abu Ein, che era il funzionario dell'Autorità Palestinese responsabile per la resistenza popolare nonviolenta contro gli insediamenti in Cisgiordania, ha partecipato Mercoledì mattina a una conferenza stampa organizzata da quattro villaggi palestinesi e un gruppo per i diritti umani israeliano, Yesh Din. La conferenza stampa è stata fatta coincidere con una petizione all'Alta Corte di giustizia israeliana con la richiesta che l'esercito israeliano smantellasse l'avamposto illegale di Adei Ad, nel nord della Cisgiordania. "Abbiamo cercato di andare e piantare alberelli di olivo oggi quando i soldati ci hanno attaccato", ha detto Abdallah Abu Rahme, della Coordinamento dei Comitati Popolari di Lotta (PSCC). "I soldati hanno spinto Abu Ein, che è caduto a terra ferito. Lui è un uomo anziano con vari problemi di salute, ed è morto a causa dei colpi ricevuti". Il tipo di azione diretta utilizzata Mercoledì è un esempio del modo in cui la resistenza popolare nonviolenta è stata organizzata in Cisgiordania fin dalla Seconda Intifada. La lotta, che inizialmente è venuta in risposta alla costruzione della barriera di separazione e ai conseguenti espropri di terre, utilizza strumenti volti a portare la resistenza contro l'ingiustizia nei luoghi in cui queste ingiustizie sono in corso. Quando la resistenza è contro la barriera di separazione, marciano verso il muro, quando si tratta di furto della terra, cerchiamo di raggiungere quelle terre e manifestare lì. Nel caso dell’azione di oggi, gli attivisti hanno cercato di piantare alberi di ulivo, simbolo della Palestina, su terreni che sono stati confiscati. Negli ultimi anni, l'Autorità palestinese ha assunto un ruolo sempre più grande in quella lotta. Issa Amro, uno dei leader della gioventù contro gli insediamenti, un'organizzazione che pratica la resistenza non violenta a Hebron, ha parlato a +972 su Ziad Abu Eid. "Lo conosco da quando ha assunto il suo attuale ruolo di funzionario responsabile per la lotta popolare in Cisgiordania e contro gli insediamenti", ha detto Amro. "Ha davvero cercato di far crescere la lotta non-violenta. Cercando di organizzare i comitati popolari nonviolenti, di organizzare i giovani, i partiti politici e gli studenti. Pensava che il 2015 sarebbe stato l'anno della lotta nonviolenta palestinese". Amro ha aggiunto che durante gli eventi di oggi: "L'esercito e i coloni hanno trasformato i capi della lotta nonviolenta in obiettivi. Questo è il loro modo di impedirci di reclutare più persone e più giovani nella nostra lotta. Guardate come l'esercito risponde alla lotta nonviolenta, con una violenza sproporzionata verso gli attivisti". Amro ha portato ad esempio Nariman Tamimi, che è stato colpito alla gamba lo scorso mese, egli è uno degli attivisti più importanti della resistenza da parte dei residenti di Nabi Saleh contro la confisca del villaggio da parte dei coloni. "Non vogliono questo tipo di lotta, perché se c'è un movimento nonviolento, questo indebolirà l'occupazione. Dicono che l'occupazione è lì per la sicurezza, ma se la lotta è nonviolenta, allora non possono più giustificare l'occupazione" Munadir Amira, uno dei leader del PSCC nel villaggio cisgiordano di Ni'ilin, ha detto a +972: "Questo è un crimine destinato a fermare questo tipo di azioni nonviolente. Vogliono che noi siamo violenti; Ci vogliono zittire; vogliono farci accettare solo ciò che fa Israele. Ma non rimarremo in silenzio. Questo è un altro esempio dei crimini che vengono commessi dall'occupazione contro gli attivisti nonviolenti. Ma questo crimine non ci impedirà di resistere all'occupazione. Continueremo la nostra lotta e l’aumenteremo. Nei prossimi giorni ci saranno più azioni nello stesso luogo e in tutta la West Bank." Alla domanda circa l'umore della piazza palestinese, Amira ha detto: "Tutti sono sotto shock, ma non io. Conosco il modo in cui l'esercito israeliano si comporta verso di noi. Ogni piccolo errore di un soldato ci può costare la vita. Usano gas, li sparano a noi. Egli non è il primo ad essere ucciso in un'azione nonviolenta. Loro ci uccidono, lo sappiamo che pagheremo un prezzo, ma questo è il prezzo della libertà". "Zia Abu Ein era un simbolo del sostegno che l'Autorità Palestinese offre alla lotta popolare", ha detto Muhammad Zawara, un attivista nel PSCC dal villaggio di al-Ma'sara zona di Betlemme. "Egli ha rappresentato la strategia di azione nonviolenta, di protesta, e ha promosso quegli strumenti come strategia centrale dell'Autorità palestinese." Avvocato Gabi Lasky, che rappresenta i difensori dei diritti umani e gli attivisti della lotta popolare, membro del Tel Aviv City Council per Meretz, ha detto: "Da un lato, in una situazione di occupazione, le forze di sicurezza difendono i coloni e i ladri di terra e attuano un regime di apartheid nei territori. E d'altra parte impediscono ai residenti di quel territorio occupato di lottare contro questi furti e l’apartheid. Invece di porre fine all'ingiustizia cercano di frenare e prevenire le proteste nonviolente. In tal modo, le forze di sicurezza usano la violenza contro chiunque tenti di realizzare il proprio legittimo diritto a protestare. Questo è quello che è successo qui. E questa volta, come in casi precedenti, si è concluso con la morte." Sulla lotta non-violenta, Lasky ha dichiarato: "L'occupazione israeliana ha trovato molti modi per utilizzare la forza contro la lotta violenta palestinese. Ma non ha una risposta alla lotta nonviolenta, a parte l'invio di suoi leader in prigione". +972 Blog Palestinian non-violent activists: Army violence won't stop our resistance The Palestinian minister who died after a non-violent protest on Wednesday was a symbol the Palestinian Authority’s support for non-violent popular struggle. Non-violent Palestinian leaders from across the West Bank talk about how Israel responds violently toward their activities. A general strike in Ramallah, three days of mourning in the Palestinian Authority and calls for increased protests and non-violent resistance to the occupation. Those were only some of the responses to the death of Palestinian Minister Ziad Abu Ein, who died during a protest marking International Human Rights Day Wednesday. Abu Ein, who was the Palestinian Authority official responsible for popular resistance against West Bank settlements, took part in a press conference organized by four Palestinian villages and Israeli human rights group Yesh Din Wednesday morning. The press conference was timed to coincide with a petition to the Israeli High Court of Justice demanding that the Israeli army dismantle the illegal settlement outpost of Adei Ad, in the northern West Bank, and International Human Rights Day. “We tried to go and plant olive tree saplings today when the soldiers attacked us,” said Abdallah Abu-Rahme, of the Popular Struggle Coordination Committee (PSCC). “The soldiers pushed Abu Ein; he was injured and fell to the ground. He is an older man who had various health conditions, and he died as a result of the blows he sustained.” The type of direct action used Wednesday is an example of the way non-violent popular resistance has been organized in the West Bank since the Second Intifada. The struggle, which initially came in response to construction of the separation barrier and the ensuing land grabs, uses tools aimed at bringing resistance against injustice to the locations where they those injustices are taking place. When the resistance is against the separation barrier they march toward the wall, when it’s about land theft, they attempt to reach those lands and demonstrate there. In the case of today’s action, the activists set out to plant olive trees, a Palestinian symbol, on lands that were confiscated. Palestinian protesters flee tear gas at a protest in which Palestinian Minster Ziad Abu Eid died. Activists set out to plant olive trees on lands usurped by Israeli settlements, December 10, 2014. (Photo by Oren Ziv/Activestills.org) In recent years the Palestinian Authority has assumed a larger and larger role in that struggle. Issa Amro, one of the leaders of Youth Against Settlements, an organization that practices non-violent resistance in Hebron, spoke to +972 about Ziad Abu Eid. “I have known him since he assumed his current role as the official responsible for popular struggle in the West Bank and against settlements,” Amro said. “He really tried to advance the non-violent struggle. He tried to organize non-violent [popular] committees, to organize the youth, political parties and students. He had a vision that 2015 would be the year of Palestinian non-violent struggle.” Amro said of today’s events: “The army and the settlers turn the leaders of non-violent struggle into targets. That’s their way of preventing us from recruiting more people and more young people into our struggle. Look at how the army responds to non-violent struggle with disproportionate violence toward the activists.” Amro brought up Nariman Tamimi, one of the more prominent activists in the resistance by residents of Nabi Saleh against the confiscation of the village’s spring by settlers, who was shot in her leg last month. “They don’t want this type of struggle because if there is a non-violent movement it will weaken the occupation. They say the occupation is there for security, but if the struggle is non-violent then they can no longer justify the occupation.” Munadir Amira, one of the PSCC’s leaders in the West Bank village of Ni’ilin, told +972: “This is a crime intended to stop these types of non-violent actions. They want us to be violent; they want us to not even open our mouths; they want us to just accept what Israel does. But we won’t remain silent. This is another example of crimes that are committed by the occupation against non-violent activists. But this crime will not stop us from resisting the occupation. We will continue our struggle and even step it up. In the coming days there will be more actions at the same location and across the entire West Bank.” Israeli security forces arrive at a tree-planting demonstration marking Land Day in the West Bank village of Bil’in, March 27, 2014. (Photo by Yotam Ronen/Activestills.org) Asked about the mood in the Palestinian street, Amira said: “Everyone is in shock, but not me. I know the way the Israeli army behaves towards us. Every small mistake by a soldier can cost us our lives. They use gas, they shoot at us. He isn’t the first to be killed in a non-violent action. They kill us we know that we will pay a price, but that is the price of freedom.” “Zia Abu Ein was a symbol of the Palestinian Authority’s support for the popular struggle,” said Muhammad Zawara, an activist in the PSCC from the Bethlehem-area village of al-Ma’asara. “He represented the strategy of non-violent action, of protest, and of promoting those tools as a central strategy of the Palestinian Authority.” Attorney Gabi Lasky, who represents human rights defenders and activists in the popular struggle, and who is a Tel Aviv City Council member for Meretz, said: “On one hand, in a situation of occupation the security forces defend the settlers and land thieves and implement an apartheid regime in the territories. And on the other hand they prevent the residents of that occupied territory from struggling against that [land] theft and apartheid.” “Instead of ending the injustice they try and curb and prevent non-violent protests. In doing so, the security forces use violence against anyone who attempts to realize their most legitimate right to protest. That’s what happened here. And this time, like in previous incidents, it ended with death.” On the non-violent struggle, Lasky said: “The Israeli occupation has found many ways to use force against Palestinian violent struggle. But it doesn’t have an answer to non-violent struggle, aside from sending its leaders to prison.” Yael Marom is Just Vision’s public engagement manager and a co-editor of Local Call, where this article was originally published in Hebrew.
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