http://www.notiziegeopolitiche.net L’Unione europea nel contesto del Mediterraneo
In occasione dell’incontro tra i presidenti Aal-Sisi e Renzi, quest’ultimo ha ridisegnato il ruolo dell’Egitto ed ha ribadito la centralità del Mediterraneo, affermando che l’Europa, se vuole affermarsi come attore strategico a livello globale, deve garantire la stabilità dell’area. L’area del Mediterraneo Allargato, geopoliticamente rappresenta un quadrante di instabilità e latente tensione, tali da poter instaurare fenomeni dinamici che potrebbero coinvolgere gli assetti politici, commerciali e strategici a livello globale. In questa regione geopolitica, che comprende anche i bacini del Mar Nero e del Mar Rosso, insistono infatti, realtà profondamente dissimili fra loro, sia in ragione politico culturale che economico militare. È possibile suddividerlo in due regioni: il settore Nord, ossia Europa e quadrante russo-caucasico ed il Sud, con l’Africa Mediterranea ed il Grande Medio Oriente. Samuel Huntington descrive il Mediterraneo Allargato come un insieme geografico, ma non come un unico sistema politico culturale. Pertanto, è definibile come una regione fisica, ma dove le dinamiche sono regolate dal fattore umano; due mondi contrastanti nei quali permangono religioni, etnie, lingue e politica storicamente inconciliabili. Nella sua completezza, l’area del Mediterraneo Allargato ha incarnato l’instabilità mondiale con i conflitti arabo-israeliani, le guerre del Golfo, quelle combattute da Iran, Iraq, Pakistan e le missioni contro il terrorismo. La globalizzazione pare aver acuito l’interrelazione dei fattori di instabilità, alimentando le dinamiche di espansione dei fenomeni transnazionali con la conseguente frammentazione dei popoli che vi coabitano, favorendone gli elementi di contrapposizione: l’accesso e lo sfruttamento delle risorse naturali e l’inibizione della fluidità religiosa, alla quale sono strettamente connesse la politica e le dinamiche economiche. Il fabbisogno alimentare ed energetico agevola in parte lo stato permanente di tensione geopolitica. Le risorse energetiche del Golfo Persico, in Asia Centrale e nel Mar Caspio, valgono il 70% delle riserve mondiali e per il 35% incidono sulla produzione del gas. La crescente domanda mondiale, ingenera anche la difficoltà nel trasporto di queste materie, ma in contemporanea assicura la stabilità interna dei paesi produttori, migliorando la qualità di vita degli abitanti. L’accrescimento politico militare delle nazioni che si affacciano sul Golfo Persico è significativamente correlato alla finalità di stabilizzazione geopolitica di quell’area da parte degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, le quali desiderano garantirsi un accesso continuo e stabile allo sfruttamento delle risorse. Però, la dipendenza energetica delle nazioni maggiormente industrializzate, le rende vulnerabili ai processi economici fissati dagli esportatori, e questo crea un effetto negativo verso quest’ultimi, in quanto maggiore è il fabbisogno di una potenza regionale o mondiale, diversa sarà la loro visione del Vicino Oriente. Ciò è anche la causa indiretta di un disequilibrio politico e strategico sub-regionale, dove la diversità degli interessi economici dei paesi industrializzati, ingenera il rallentamento nello sviluppo di alcuni quadranti con minore capacità produttiva. L’interrelazione fra tali evidenze è all’origine di tensioni e conflittualità, che sono la causa stessa dell’instabilità dell’intero quadrante, come per le regioni caucasiche e, più in generale, dell’area ex sovietica, alla quale sembra connessa la competizione fra gli attori regionali e le grandi potenze. La pluralità culturale e religiosa è un fattore di profonda tensione fra i paesi del Mediterraneo Allargato, tale da renderne i confini incerti e non ben definiti. Cattolici, ortodossi, giudaici, islamici e copti, tra loro differenziati anche da aspetti socio-culturali e linguistici, hanno dato luogo a conflitti etnico nazionalistico, dando forma a nuove identità di Stati Nazione: le guerre arabo israeliane ed israeliano palestinesi, continuano a rappresentare una forte instabilità geopolitica globale; quello curdo è stato una spinta per le frizioni in Turchia, Siria ed Iraq; il collasso dell’Unione Sovietica e dell’ideologia comunista in genere, ha prodotto conflitti interni di tipo nazionalistici-religioso nell’Est Europa. Una condizione multipolare dove si è verificato un decentramento dei poteri, un allargamento delle relazioni internazionali ed una mutazione delle dinamiche politiche e sociali fra gli Stati. La crisi finanziaria associata al processo di transizione verso le nuove economie ed i mercati emergenti, ha inciso in modo determinante sull’equilibrio del Mediterraneo Allargato, i cui effetti negativi hanno avuto alcuni focolai di tensione, come il conflitto nella ex Yugoslavia. Nel Vicino Oriente si sono espansi movimenti di matrice religiosa, assumendo un carattere identitario anti nazionalista, ma soprattutto anti colonialista, con particolare riferimento alle ingerenze occidentali, tramutandosi in una aggregazione ideologica delle masse malcontente in opposizione ai regimi al potere. L’esacerbazione dei movimenti anti governativi di matrice religiosa, è nella radicalizzazione dell’islamismo che è stato tramutato in contestazione anti coloniale con un forte carattere identitario, tale da favorire la strategia di destabilizzazione mediante attacchi terroristici, inizialmente volti all’instaurazione di repubbliche islamiche, ma poi concentrati alla lotta contro l’Occidente ed Israele. L’applicazione delle operazioni eversive in paesi non musulmani, ha trasformato le fazioni estremistiche in attori non statuali a carattere transnazionale, perché sono stati capaci ad allargare il loro campo di azione agevolati da estemporanee alleanze con gruppi esterni. Il Mediterraneo si è tramutato in una nuova area per il confronto bipolare, dove si sovrappone al precario assetto geopolitico del Grande Medio Oriente, il processo di modernizzazione dei sistemi d’arma e l’evoluzione delle dinamiche economiche occidentali. L’instabilità dell’area si è tradotta nello sviluppo di politiche di potenza volte ai programmi militari ed alleanze, intercorrelate fra gli attori statuali, per il controllo dei territori e delle risorse naturali. In quest’ultimo caso, le rotte marittime si attestano a ruolo fondamentale nelle dinamiche economiche del Mediterraneo Allargato, in quanto sostengono il flusso principale per l’intero sistema mondiale. Il trasporto via mare delle risorse naturali, per il loro volume rende strategica la mobilità marittima, sia a causa della globalizzazione quanto per l’interdipendenza economica tra gli attori statuali. Le rotte hanno una valenza strategica tanto da acuire la vulnerabilità dei canali di sbocco al Mediterraneo ai cambiamenti politici delle Nazioni che li controllano. Infatti, la fluidità del mercato internazionale è strettamente correlata al trasporto dei beni attraverso l’accesso ai passaggi marittimi e questi sono sotto l’egida di paesi dalle condizioni socio-politiche non sempre stabili. Il Canale di Suez, si trova in un’area geopolitica regionale variabile che non ne garantisce la totale sicurezza, sia per la minaccia asimmetrica del terrorismo, quanto per i conflitti a bassa intensità, ingenerati dalle dispute dei palestinesi, beduini e jihadisti contro lo Stato egiziano. Gli stretti del Bosforo e Dardanelli, sono di difficile percorrenza a causa della morfologia che impedisce la corretta visibilità del braccio di mare, ed a ciò si aggiungono le restrizioni che a volte impone il governo turco. L’unico accesso al Mediterraneo che sembra non essere afflitto da variabilità negative nel breve periodo, è Gibilterra. Uno scenario futuribile potrebbe essere quello di instaurare una combinazione bilanciata, occidentalizzando la mappa sociale ed economica della regione prodotta dalle rivolte arabe, con una logica relazione di mercato verso gli altri competitori regionali. Il Mediterraneo diverrebbe un luogo dove sperimentare una politica postnazionale, uno studio agevolato dalla centralità geografica e strategica, nel quale convergerebbero gli equilibri economici mondiali. Le principali minacce ad un immaginabile processo di aggregazione sociale, è nei nuovi assestamenti geostrategici, nei quali si evidenzia la saldatura fra diverse formazioni jihadiste, che si stanno amalgamando in una struttura ideologica anti occidentale e pertanto anti europea. La minaccia asimmetrica del terrorismo internazionale muove anche ingenti capitali, un flusso di denaro la cui provenienza, in alcuni casi, è statuale ed interpolato da diverse fazioni sovversive, le quali assumono un carattere non statuale. La convergenza dei paesi mediterranei, potrebbe essere una soluzione per arginare questa condizione, agevolando un’azione multilaterale che possa affermare la statualità dei vari movimenti. Fra le crisi tutt’ora in atto nel Mediterraneo Allargato, ha una posizione di preminenza l’immigrazione clandestina, una situazione che si è tramutata a carattere umanitario: in sette anni, hanno perso la vita diecimila esuli, nonostante nell’ultimo periodo l’Operazione Mare Nostrum abbia tentato di regolare e gestire i flussi migratori. La missione di salvataggio, è uno dei punti nodali di contrasto tra gli attori europei, dove la diversità di interesse ingenera una mancanza di cooperazione e di investimenti economici. Il bacino mediterraneo, è fortemente presidiato dalle marine dei paesi rivieraschi e non. Un numero notevole di unità di superficie e sommergibili solcano le acque del Mare Nostrum: gli Stati Uniti sono presenti con la VI° Flotta, alla quale è stata contrapposta la task force russa che, sebbene numericamente inferiore, rappresenta la volontà del Cremlino di recuperare la credibilità dell’apparato di difesa che ebbe un pesante contraccolpo con la fine del Patto di Varsavia. A garanzia degli interessi russi nel Mediterraneo, il Quinto Squadrone è stato rafforzato in occasione della crisi Siriana e di quella Ucraina, ed è anche funzionale alla tutela dello sfruttamento del gas naturale cipriota. Altre unità da guerra sono costantemente in navigazione, fra queste due sommergibili classe Dolphin israeliani dotati di missili nucleari, a monito dei nemici storici della nazione ebraica. Al fine di conquistare una fluidità sociale e politica, l’UE dovrebbe tentare di ergersi a superpotenza, per diventare l’attore principale del Mediterraneo Allargato, una sfida che deve essere accettata dalla nuova governance europea.
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