pubblicato anche sulla Gazzetta del Mezzogiorno.
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16 ottobre 2014

Fermare l’economia dei cowboy
di Giorgio Nebbia

E’ passato mezzo secolo da quando l’economista Kenneth Boulding (1910-1993) ha scritto dei contributi fondamentali destinati a sollevare una ondata di attenzione per i problemi ambientali. Boulding era nato in Inghilterra a Liverpool, si era laureato a Oxford nel 1931 e nel 1932 era poi emigrato negli Stati Uniti dove era stato professore di Economia nelle Università dello Iowa, del Michigan e infine del Colorado. Boulding fu un apprezzato economista e anche presidente della Associazione Americana degli Economisti ma la sua maggiore fama gli venne da alcuni scritti provocatori sui problemi ambientali che risalgono agli anni sessanta del Novecento, quando cominciava a circolare l’attenzione per la scarsità delle risorse naturali e per gli effetti degli inquinamenti.

Bastava il buon senso per osservare, come quasi nessuno allora faceva, che ogni attività “economica” consiste nel trarre dei beni dalla natura, nel trasformarli in oggetti, in beni materiali commerciali, e che in tale operazione si formano scorie e rifiuti che finiscono nell’ambiente circostante danneggiandone gli abitanti. A differenza di quanto avviene nei cicli ecologici, in cui (quasi) tutte le scorie sono rimesse in circolazione, utili per altre forme di vita, nei cicli economici la natura resta impoverita da quanto gli umani portano via dal terreno, dalle miniere e dai pozzi, e le scorie si accumulano come crescenti corpi estranei dannosi per l’ambiente. Il ciclo dei beni “economici” della natura riesce ad andare avanti con continua espansione perché il pianeta Terra è molto grande.

Ma, avvertì Boulding, fate attenzione e guardate la storia degli stessi Stati Uniti; i primi pionieri, all’inizio del 1800, sono sbarcati dall’Europa sulle coste atlantiche avendo davanti terre sterminate, boschi e pascoli in cui allevare allo stato brado animali che potevano fornire la carne ad una popolazione crescente e ne avanzava anche per l’esportazione. Il cowboy è stato ed è il simbolo dell’America; spinge gli animali nei pascoli e poi nei macelli e i pascoli apparivano senza fine; se i pascoli più vicini si impoverivano, ci si poteva spingere verso l’Ovest, il Far West, dove acque e pascoli e boschi permettevano la continuazione di crescenti attività economiche.

I pionieri americani avevano potuto correre verso l’ovest uccidendo i nativi, i “pellerossa”, e distruggendo le popolazioni dei bisonti che vivevano in libertà nei pascoli senza padroni e fornivano il nutrimento dei nativi. Con l’avvento della “civiltà” le grandi terre libere vennero frazionate e assegnate a proprietari che potevano sfruttarle a proprio piacimento. A mano a mano che i terreni e i pascoli diventavano meno fertili per l’eccessivo sfruttamento, c’era pur sempre un “altro Ovest”, fino a quando i pionieri e i cowboys si sono trovati davanti alle Montagne Rocciose. Ma anche quelle potevano essere scavalcate verso le fertili terre della California; impoverite anche quelle, i cowboys si sarebbero trovati davanti l’oceano in cui non ci sarebbe stato nessun pascolo di cui appropriarsi e nessun animale da vendere e macellare.

Boulding scrisse che non sarebbe stato possibile continuare a vivere sul pianeta Terra secondo l’“economia del cowboy” e che sarebbe stato necessario organizzare la vita economica riconoscendo che, per quanto grande, la Terra è uno spazio chiuso, grande ma non infinito, non diversa, fatte le proporzioni, da una navicella spaziale. Gli astronauti possono contare soltanto sulle risorse che si trovano dentro la navicella e dentro la stessa navicella, e in nessun altro posto, possono mettere i loro rifiuti. Anche gli astronauti, che siamo poi tutti noi, della “navicella spaziale Terra”, Spaceship Earth, possono trarre tutto quello che gli occorre soltanto dal nostro pianeta e soltanto li dentro possono mettere i loro rifiuti.

Negli anni sessanta del Novecento il concetto di Spaceship Earth guadagnò la prima pagine dei settimanali, fu il titolo di libri e articoli e ispirò la prima Giornata della Terra dell’aprile 1970. L’attenzione di Boulding per il destino ecologico degli abitanti del nostro pianeta aveva anche una radice etica: Boulding, era quacchero, seguace di una “chiesa” basata sul pacifismo, sul rifiuto delle armi e della guerra, sull’austerità e sulla nonviolenza, e come tale riconosceva che anche lo sfruttamento dei beni comuni naturali e gli inquinamenti e gli sprechi sono forme di violenza agli altri abitanti del pianeta, al “prossimo” e fonti di conflitti.

Personaggio di grande interesse umano, oltre che scientifico, Boulding è stato instancabile nel “predicare”, direi, la necessità di un cambiamento nelle regole dell’economia, compatibile con i vincoli ecologici della Terra, la necessità di porre dei “limiti” allo sfruttamento delle risorse naturali. Boulding non è più citato neanche nei testi di economia; eppure la navicella spaziale Terra è sempre quella, con le sue terre e i suoi oceani; anzi è raddoppiato in mezzo secolo, il numero degli “astronauti”, ormai sette miliardi, che la occupano, tutti impegnati a portare via alimenti, alberi, minerali, fonti di energia, e a mettere dovunque i rifiuti dei loro consumi, tutti sperando che succeda qualcosa che ci consenta di continuare il nostro comportamento da cowboy. Purtroppo anche nel caso della Terra, nessuno ci può portare da fuori qualcosa, cibo o acciaio o petrolio, e non possiamo gettare il nostro pattume negli spazi interplanetari.

 


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