http://znetitaly.altervista.org Gli attacchi all’Associated Press e l’infernale rete che hanno rivelato
“La paranoia”, ha detto Woody Allen, “consiste nel conoscere tutti i fatti.” In base a tale parametro diventiamo più “paranoidi” ogni giorno che passa. Questa settimana abbiamo appreso che il Dipartimento della Giustizia di Obama ha sequestrato due mesi di dati di almeno venti linee telefoniche utilizzate dai giornalisti dell’Associated Press (AP). Esse comprendono linee telefoniche degli uffici dell’AP di New York, Washington e Hartford, Connecticut, e anche i principali numeri dell’AP nella sala stampa della Camera dei Deputati, i telefoni e i cellulari privati appartenenti a giornalisti dell’AP e una linea telefax di un ufficio dell’AP. Il governo ha attuato questo massiccio sequestro “in una data imprecisata di quest’anno” secondo una lettera del Dipartimento della Giustizia al consulente legale capo dell’AP lo scorso venerdì (10 maggio). La lettera cita le relative clausole “autorizzative” delle proprie “linee guida investigative” e chiarisce che considera l’azione legale e necessaria. Per molti versi questo è il più spudorato sequestro di informazioni mediatiche che si ricordi. Colpisce più di cento giornalisti dell’AP e un numero imprecisabile di persone con le quali quei giornalisti hanno comunicato telefonicamente in quei due mesi. Viola garanzie costituzionali consolidate, il concetto di libertà della stampa e i diritti alla riservatezza di letteralmente migliaia di persone. Prevedibilmente, e giustificatamente, la stampa, politici e attivisti hanno espresso indignazione. Ma per quanto vergognosi siano i fatti ammessi, le più vaste implicazioni della vicenda sono ancor più allarmanti. E’ già abbastanza male che l’amministrazione Obama abbia violato grossolanamente diritti costituzionali fondamentali, riconosciuto la violazione e difeso la sua legalità. Ancor peggiore è la probabilità che l’intrusione sarà probabilmente giudicata legale, che sia stata attuata contro altri bersagli per un certo tempo e che questa sia la punta dell’iceberg degli abusi dei servizi segreti. I fatti stanno ancora emergendo quotidianamente alla rinfusa, ma ecco quello che sappiamo. Anche se la lettera di notifica all’AP del Dipartimento della Giustizia non specifica i motivi del sequestro, la data del sequestro o le date dei dati sequestrati, la tempistica suggerisce con forza che esso sia legato a un’importante indagine sulle “fughe di notizie”. L’anno scorso l’AP ha utilizzato fonti non nominate in un articolo a proposito del tentativo della CIA di bloccare un complotto di terroristi con base in Yemen relativo a un attentato terroristico su un aereo di linea. L’AP, a richiesta del governo, aveva trattenuto l’articolo per diversi giorni ma l’aveva poi pubblicato il 7 maggio 2012 una volta sicura che il complotto era stato sventato. Poiché l’articolo dell’AP è uscito un giorno prima che i dirigenti federali avessero in programma di annunciare la loro “vittoria”, è logico presumere i che grandi capi dell’AP fossero consapevoli che il governo non ne sarebbe stato felice. Perciò probabilmente non li ha sorpresi che, guidati dal procuratore USA Ronald Machen, investigatori federali hanno dedicato un anno a cercare aggressivamente la persona che aveva passato l’informazione. E’ un classico di Obama. Con sei “talpe” governative in carcere o sotto processo, le autorità federali hanno perseguito il doppio di fonti interne non autorizzate di tutte le altre amministrazioni messe insieme nel corso di due secoli e un quarto. Ma sino ad ora la gente di Obama, esperta nel trattare i media, è stata attenta ad astenersi dal perseguire la stampa delle imprese, limitando i confronti a richieste o a sollecitazioni occasionali per la rivelazione di una fonte. E’ per questo che queste rivelazioni sono così sconvolgenti per i professionisti e i sostenitori dei media. Come ha detto il direttore generale dell’AP, Gary Pruitt, al procuratore generale Eric Holder nella sua lettera di protesta, questa settimana: “Questi dati rivelano potenzialmente comunicazioni dell’AP con fonti confidenziali relative all’intera gamma di raccolta di informazioni durante un periodo di due mesi, offrono una mappa delle operazioni di raccolta di notizie dell’AP e rivelano informazioni su attività e operazioni dell’AP che il governo non ha alcun diritto concepibile di conoscere.” Sta lì, in due parole, il problema. Per i media delle imprese esiste ancora un concetto quale “nessun diritto concepibile di conoscere”. Sino ad ora parte della politica di Obama nel campo delle informazioni era stata che i media convenzionali hanno titolo alla protezione del Primo Emendamento ma i giornalisti e le organizzazioni giornalistiche “alternative” per cui essi lavorano, così come i blogger, gli attivisti, gli autori e gli altri che lavorano indipendentemente dalle principali organizzazioni giornalistiche e che usano Internet come il veicolo di comunicazioni libero che è stato inventato per essere, non godono assolutamente di alcuna protezione. Dal 2009 questo governo è noto per aver intrapreso azioni contro attivisti e contro chi dice la verità su Internet, sequestrando server, registrazioni di email e virtualmente ogni forma di comunicazione in rete e poi processando persone in più di una dozzina di casi sulla base di parte di tali sequestri. Sono state prese pochissime iniziative nei confronti della stampa industriale, che per parte sua ha largamente ignorato o insabbiato qualsiasi notizia sugli attacchi del governo contro i suoi minori concorrenti mediatici. Questo “status privilegiato” di cui hanno goduto i media commerciali è ora finito nel cestino. La “stampa protetta” è ora denunciata come il resto di noi. Rispondendo alla lettera di Pruit, il Dipartimento della Giustizia lo ha affermato. “Dobbiamo informare l’organizzazione mediatica in anticipo salvo che nel caso in cui farlo costituisca una minaccia concreta all’integrità dell’indagine,” ha spiegato William Miller, portavoce del procuratore USA Machen, con un’osservazione che si spinge molto oltre la tradizionale eccezione per proteggere delle vite umane. Ha aggiunto: “ .. siamo sempre attenti e deliberativi nel cercare di cogliere il giusto equilibrio tra l’interesse pubblico al libero flusso delle informazioni e l’interesse pubblico a un’amministrazione equa ed efficace delle nostre leggi penali.” In realtà non c’era alcuna urgenza nell’attacco del governo alle operazioni giornalistiche dell’AP l’incidente in questione era chiuso e il sequestro di questo tipo di informazioni è stato tradizionalmente consentito solo nel caso di un mandato emesso da un tribunale, dopo che le parti mediatiche interessate hanno avuto la possibilità di contestare in tribunale l’intrusione governativa. I tribunali, dopotutto, costituiscono una delle protezioni della riservatezza e della libertà di espressione di cui dispongono i cittadini. Secondo la nostra Costituzione, i tribunali, non il governo, devono decidere quale sia il “giusto equilibrio”, per dirlo con le parole di Miller. La maggior parte di noi ha perso tali protezioni con il Patriot Act e le linee guida aggiornate del Dipartimento della Giustizia che consentono al governo di attuare sequestri segreti se i suoi investigatori ritengono che ci sia una reale “minaccia alla sicurezza”. In realtà è solo richiesto di annunciare tale sequestro quando “è stato stabilito che tale notifica non costituirà più una minaccia chiara e concreta all’integrità dell’indagine.” In altre parole, possono sequestrare quello che vogliono senza un mandato se pensano di dover sequestrare senza un mandato. Questo io l’ho imparato personalmente e questa è una dichiarazione di esonero da responsabilità o un’affermazione di autenticità. L’anno scorso lo FBI ha sottratto un server portato alla May First/People Link (la mia organizzazione) dalla sua collocazione. Riteniamo che stesse indagando su uno qualche imbecille che usava server anonimi (server che non conservano dati su chi li ha usati) per indirizzare email minacciose a studenti dell’Università di Pittsburg. Mettiamo a disposizione uno di tali server per i nostri colleghi di Rise-Up. Il caso dell’AP vede applicata la sospensione dei nostri diritti ai media “consolidati”, portando a compimento un collasso notevolmente rapido delle protezioni di bilanciamento dei poteri togliendo dall’equazione i tribunali. E’ un momento descritto dal famoso detto del Movimento per i Diritti Civili, citato da Angela Davis: “Se vengono a prendere me stamattina, stasera verranno a prendere te.” Dopo anni di graduale smantellamento (in larga parte senza proteste e senza nemmeno riconoscimento da parte dei media industriali convenzionali) dei diritti di quella che l’amministrazione considera la più pericolosa e incontrollabile fonte d’informazioni Internet e gli attivisti e i giornalisti indipendenti che prosperano in essa come WikiLeaks o Mayfirst, il servizio di hosting in rete che ho contribuito a fondare ora hanno bussato alla porta dei media convenzionali. Per avere un’idea di quanto ciò sia pericoloso, tutto ciò che si deve fare è ricostruire come tali indagini si sviluppano e visualizzare la rete investigativa che si sta sviluppando. Per cominciare ottengono i dati telefonici. In questo caso sono state semplicemente le compagnie telefoniche a fornirli. Le proteste riguardo al fatto che essi comprendono “solo” i numeri chiamati e null’altro, a un esame attento crollano. I dati sequestrati degli apparecchi cellulari (e dei loro registri di email, siti web visitati e testi trasmessi) sono ora nelle mani del Dipartimento della Giustizia assieme a tutti i numeri chiamati da più di cento giornalisti su venti linee telefoniche. Partendo dai numeri telefonici chiamati gli investigatori possono rivolgersi ai fornitori commerciali di servizi di posta elettronica (come Google Gmail) e cercare i dati di chiunque i giornalisti abbiano avvicinato. Dopotutto possono adesso esaminare gli archivi dei fornitori dei servizi basandosi sui nomi e i numeri telefonici acquisiti! Le email sui server dell’AP non sono state sequestrate; non era qualcosa che si potesse fare “segretamente”. Ma alcuni giornalisti dell’AP probabilmente utilizzano anche le proprie caselle email non aziendali e gli investigatori possono seguire quelle. I fornitori di servizi Internet sono sotto enorme pressione per consegnare i propri dati e molti, come Google, lo faranno volontariamente di fronte a una richiesta governativa ufficiale. Lo hanno già fatto con il governo cinese per aiutarlo a perseguire i suoi critici. Perciò chiunque abbia ricevuto una telefonata da una delle linee sequestrate durante tale periodo può ora essere indagato più aggressivamente senza mandato, utilizzando i poteri d’indagine di cui il governo già dispone e le informazioni che ha già raccolto in segreto dai giornalisti che avevano promesso alle fonti l’anonimato. Dove sta il limite? Senza un’udienza in tribunale non ce n’è nessuno. Se un giornalista dell’AP ha chiamato il vostro telefono o vi ha mandato una email da un cellulare messo nel mirino, il governo ora lo sa e il vostro numero telefonico (e forse il vostro indirizzo email) fa ora parte dell’indagine. Tali informazioni raccolte comprendono ora il vostro nome, indirizzo, numero di telefono, chiamate che avete ricevuto e che avete fatto. Se sono arrivati alla casella di posta elettronica tutto ciò che vi è contenuto è roba loro. Non importa quale sia l’oggetto di quelle chiamate telefoniche o di quei messaggi email; essi fanno parte di un’indagine governativa relativa a un’importante fuga di notizie. Una volta che siete presi dentro, il governo può dichiararvi un “obiettivo” d’indagine e sequestrare e leggere legalmente tutta la vostra posta elettronica e sequestrare le email di tutti coloro ai quali avete scritto. Tutta questa attività è coperta legalmente e, sulla base della prassi governativa del passato, può essere condotta senza informarvi. Quel che è peggio è che si ora segnali che il governo non si sta fermando lì. Secondo il Washington Post non occorre nemmeno che voi siate implicati in un’indagine. “Ogni giorno i sistemi di raccolta presso l’Agenzia per la Sicurezza Nazionale (NSA) intercettano e archiviano 1,7 miliardi di email, telefonate e altri tipi di comunicazioni”, ha riferito il Post in una serie straordinaria di articoli sui servizi segreti governativi. “La NSA classifica una parte di essi in settanta archivi separati”. Glen Greenwald del Guardian sostiene che tali numeri sono possibili solo se il governo sta registrando ogni telefonata, testo e email trasmesso in questo paese. Diverse fonti non autorizzate interne allo FBI ed ex agenti, segnala, hanno confermato tale portata dell’attività. Affermare di essere oggetto di un procedimento o che un’indagine raggiunga tali dimensioni può, a questo punto, confinare con la paranoia. Ma non molto tempo addietro la maggior parte di noi avrebbe considerato paranoide addirittura l’idea che tale raccolta di dati avesse luogo. “La sorveglianza di massa è il marchio di una cultura politica tirannica”, ha scritto Greenwald. Negare il pericolo di tutto questo è aver fiducia che il governo non abuserà di tale potere né considererà pericolose le vostre attività del tutto legali. L’amministrazione Obama merita tale fiducia? La sua posizione dichiarata è che il governo può raccogliere e usare ogni informazione di questo tipo se esiste un motivo di sicurezza per farlo. Il problema è cosa sia un “motivo di sicurezza” e, poiché i tribunali sono stati efficacemente rimossi dalla procedura, tale definizione è completamente nelle mani del Dipartimento della Giustizia, della Sicurezza Patria, del FBI e dell’Agenzia della Sicurezza Nazionale. Se una di tali entità afferma che non avete diritto alla riservatezza, non ce l’avete. Ci sono molte persone nel nostro paese che lavorano all’opposizione al governo. Molte di esse si oppongono alle politiche e contestano le leggi. Molte di esse hanno rapporti con attivisti simili in altri paesi e si occupano di temi che interessano tali paesi. Dovremmo davvero sentirci a nostro agio nel dare a un qualche funzionario governativo il potere di decidere se le nostre attività sono “pericolose” o “costituiscono una minaccia”? Questa è un’amministrazione che ha incriminato penalmente attivisti di Internet per aver violato accordi sulle condizioni di un servizio, che ha diffamato la reputazione di innumerevoli attivisti legittimi di ogni genere di movimento e che ha tenuto in carcere a Guantánamo schiere di persone per anni senza accuse, in moltissimi casi sapendo e riconoscendo che erano assolutamente innocenti. Questi precedenti ci danno una qualche garanzia che l’amministrazione sarà giudiziosa e riservata con le nostre informazioni? Dovremmo affidarle i poteri che ha ammassato? Chiaramente no, perché, considerati i fatti che già conosciamo, la diffidenza non è paranoia: è conoscere i fatti. Da Z Net Lo spirito della resistenza è vivo www.znetitaly.org Originale: Nation of Change
|
|