ANSAmed
Dall'Oglio: oppositore a rischio di scambio con regime ROMA, 12 AGO - Quello che temiamo di più per Dall'Oglio non è il gruppo con cui si trova, lo Stato islamico per l'Iraq e la Grande Siria, ma che questo lo ceda, magari per uno scambio di prigionieri, alla ferocia del regime di Assad'. A parlare è Feisal Al Mohammad, esponente della Coalizione e Consiglio nazionali siriani, nonchè portavoce della associazione Siria Libera e Democratica, con base a Roma. Medico e cittadino italiano, Al Mohammad conosce bene Dall'Oglio anche per aver organizzato con lui alcune iniziative, ed è originario di Raqqa, la stessa città, controllata dagli anti-Assad, dove il gesuita è stato visto l'ultima volta. E' la stessa città colpita l'altro ieri da un raid dell'aviazione governativa in cui sono morti 13 civili fra cui sette bambini. Ma le postazioni dello Stato islamico, sottolinea, ''non vengono mai colpite''. Questa relativa 'impunità' deriverebbe - secondo Al Mohammad - da una contiguità tra i miliziani di questa organizzazione e il governo di Assad, che a suo tempo avrebbe incoraggiato la formazione di gruppi terroristici sunniti pronti ad agire in Iraq in funzione anti-americana. Ora sarebbero questi stessi elementi a costituire - prosegue - il nucleo dello Stato islamico, uno dei tre rami del gruppo jihadista Al Nusra: ramo che - a differenza degli altri due, uno solo dei quali realmente combattente - si è dichiarato affiliato ad Al Qaida. E' con i vertici dello Stato islamico - capeggiato da Abu Bakr al Baghdadi - che il gesuita voleva parlare quando, ricorda, ha detto ai suoi amici a Raqqa di farlo andare avanti da solo. E non solo per negoziare la liberazione di alcuni ostaggi (come già era riuscito a fare in passato), ma anche per una missione più ampia, compresa una mediazione con i miliziani curdi. A Dall'Oglio ''non manca il coraggio ne' come uomo ne' come credente'', osserva ancora Al Mohammed, che ben ne conosce anche la capacità dialettica. Quella stessa sulla base della quale nei mesi scorsi il gesuita aveva invitato gli intellettuali delle tre religioni monoteitistiche ad uno 'sforzo teologico' per confrontarsi anche con le frange più estreme del jihadismo. Perchè, sottolineava in un'intervista con ANSAmed, vi sono due tipi di jihadismo: 'uno disponibile al dialogo' e un altro rigidamente dogmatico, più difficile da gestire, una palude in cui si trova di tutto, servizi segreti, mafiosi, estremisti. Una palude da cui dobbiamo tirare fuori i ragazzi, i nostri figli: ragazzi religiosi, che hanno bisogno di discorsi religiosi, che certo non trovano in carceri come Guantanamo.
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