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3 Agosto 2013

Padre Paolo e la religione dell’amore
di Eva Ziedan

Ricordo l’ultima conversazione con Padre Paolo, “Abuna”È avvenuta dopo una mia reazione a un video in cui si vede un noto attivista cristiano che si converte all’Islam prima di morire.

La mia reazione è stata: “Ma perché cavolo!”

Questo non perché sono cristiana, non perché conto quanti siano i cristiani e quanti i musulmani della rivoluzione in Siria. Ma, visto che purtroppo alcune agenzie di informazione ci hanno portato a sottolineare l’appartenenza religiosa di ogni attivista, quell’uomo era stato un esempio del fatto che la rivoluzione non è islamica.

La risposta di Abuna è stata questa: “Penso che l’attivista cristiano abbia letto benissimo lo stato della sua coscienza. Dio lo benedica e lo accolga nel suo bel Paradiso musulmano.
Non ti devi dispiacere, è il gesto della libertà di coscienza dichiarata oltre le appartenenze familiari. È un gesto abramitico, ed è basato sulla testimonianza importante dei rivoluzionari musulmani coraggiosi”.

Ora rileggo queste parole e i miei ragionamenti e le miei analisi inciampano e fuggono via.

Questo episodio non è un modo per ricordare  le “virtù” di una persona “rapita”. No, io mi rifiuto di credere che Abuna non stia bene.

Le voci che girano tra gli attivisti in Siria indicano la probabilità che Padre Paolo sia stato catturato da bande estremiste, come lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante, la Jabhat an Nusra o le brigate di Ahrar ash Sham, come è accaduto anche ad altri noti attivisti, tra cui i fratelli Saleh.

Altri attivisti affermano, invece, che Padre Paolo ha detto di voler incontrare l’Emiro dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante e che sarebbe tornato dopo tre giorni, a meno che non fosse stato trattenuto da loro.

La pericolosità di queste bande è ormai nota. Anche i motivi della loro presenza in Siria sono chiari per chi vuole sapere. Se hanno deciso di rapire Abuna non è una cosa strana: Padre Paolo è al fianco della rivoluzione della libertà e della dignità. La loro, invece, non è rivoluzione, ma un luogo dove crescono funghi velenosi.

Tutti gli attivisti in Siria stanno facendo un lavoro immenso per avere notizie di Pade Paolo e stanno organizzando manifestazioni contro questi “barbuti”. E neppure questo è strano! Sono stati i siriani stessi a dire: “Padre Paolo è riuscito ad andare oltre la sua cultura e riconciliarsi con noi. Quanti anni ci metteremo noi per riconciliaci con noi stessi?”

Preghiamo per lui?
Si, ma immaginiamolo lì, che con la sua voce profonda stia spiegando cos’è il vero Islam a chi lo trattiene. Che stia parlando loro del Corano. Perché queste persone lo sanno a memoria, però non lo comprendono davvero.

Immaginiamo che gli racconti che l’Islam in Siria è l’Islam di Ibn Arabi, il grande maestro, il filosofo, il mistico e il poeta arabo del XII secolo, che ha detto: “Io seguo la religione dell’amore, quale che sia la strada che prende la sua carovana: questo è il mio credo e la mia fede”.

Abuna, io sono musulmana e seguo la tua religione. Ci manchi tanto.

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