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Wednesday, June 19, 2013

L’inviato delle Nazioni Unite in Siria avverte della grave catastrofe

Nella sua prima intervista con la stampa, diplomatico marocchino canadese Mokhtar Lamani ha parlato della missione delle Nazioni Unite che dirige in Siria, i suoi dettagli, giorno per giorno, e le prospettive di una soluzione politica negoziata.

Quali guai ci aspettano in Siria Mokhtar Lamani. L'inviato delle Nazioni Unite parla appassionatamente del futuro della Siria e della sua storia che si sta cancellando. Parla del numero impressionante di ragazze siriane che sono state violentate e uccise, delle donne che hanno perso i loro fratelli, padri e mariti. Egli le paragona alla sua giovane figlia che non ha visto in un anno intero. Egli ricorda una recente conversazione email con lei in cui egli le raccontò quello che stava succedendo alle ragazze in Siria. Ha poi risposto: "Sono orgogliosa di mio padre."

Il diplomatico, che detiene anche la cittadinanza canadese, si abbandona alle lacrime, e dice che una grande gioia si impadronisce di lui, quando immagina di poter cambiare le cose per i bambini della Siria.

Quello che mi compete qui è la tragedia, dice Lamani con fermezza, come per venire al sodo. Seduto nel suo albergo nella città di Jounieh, a nord di Beirut, Lamani spiega il suo punto di vista sulla crisi siriana, prendendo in prestito alcune delle parole di Lakhdar Brahimi, dicendo: - Ci sono solo due opzioni; Una soluzione pacifica, o il caos -

Lamani sottolinea che qualsiasi altra direzione sarebbe catastrofica sia per il popolo siriano che per l'intera regione, sostenendo che l’accordo internazionale e la buona fede sono indispensabili per avere successo in qualsiasi soluzione negoziata in Siria. L'inviato delle Nazioni Unite in Siria, dice che tutte le speranze al momento sono sulla conferenza di Ginevra II.

Lamani parla di sei milioni di siriani che hanno lasciato le loro case, e di una paralizzante crisi economica causata dalla distruzione o dalla chiusura di oltre l’80% delle fabbriche siriane. Tutto può essere ricostruito, dice, ma ciò che è più difficile sarà curare il popolo siriano.

Lamani, che è il rappresentante a Damasco dell’inviato delle Nazioni Unite e della Lega Araba in Siria Lakhdar Brahimi, parla a lungo delle tappe della sua missione. Egli espone i sui suoi sforzi per disegnare una mappa politica per la Siria, che ha richiesto la comunicazione con un gran numero di siriani, sia dell’opposizione che del regime.

L'uomo non ha la pretesa di conoscere l'intera gamma dell’opposizione, dice che sono tutti ostaggio della reazione. Infatti, secondo Lamani, il problema è estremamente complesso e una soluzione richiederà sforzi concertati e buona fede da parte di tutte le parti interne, regionali e internazionali, cosa che al momento non esiste.

Così questi paesi vogliono distruggere la Siria?

Lamani risponde prontamente: - così sembra, perché tutti i paesi mettono i loro interessi davanti a quelli del popolo siriano, senza eccezione … Tutto quello che ho sentito durante i miei incontri erano domande su ciò che tutti volevano prendere dalla Siria, ma non ho mai sentito nessuno parlare di quello che vogliono dare alla Siria.

Il vice di Lakhdar Brahimi racconta alcuni aneddoti su coloro che cercano di prendere parte a Ginevra II. Egli racconta come tutti quelli che ha incontrato a Mosca gli avrebbero dato un elenco dei nomi che volevano fossero parte della conferenza di pace. C'erano così tanti nomi, egli dice, che ora la conferenza dovrebbe essere tenuta in una sala che possa ospitare milioni di persone.

Il diplomatico Onu sottolinea che le discussioni attualmente si focalizzano sul formato della conferenza, ma che ci sono stati contenziosi taglienti sia in  Siria, che a livello regionale e internazionale. Lamani propone che il tema della conferenza sia Salvare la Siria.

Per quanto riguarda il suo rapporto con i gruppi armati dell’opposizione, l'inviato in Siria divide i gruppi attivi all'interno del paese in tre categorie: i gruppi di opposizione nostrana, gruppi con piani che si estendono oltre la Siria, come ad esempio i salafiti che vogliono creare un emirato islamico, e una terzo gruppo che ha approfittato del crollo della sicurezza per impegnarsi in attività criminali.

Lamani dice che non ha incontrato nessuno del Fronte di al-Nusra, anche se si è incontrato con il presidente siriano Bashar al-Assad. Secondo Lamani, il termine "brigata", come molti dei gruppi armati di opposizione si identificano, non ha una definizione militare conosciuta, e può comprendere qualsiasi cosa, da quattro persone a 5.000. Anche quelli che hanno migliaia di combattenti nelle loro fila, a volte si scopre che hanno tanti rappresentanti quanti combattenti.

L'uomo riassume la situazione attuale in una sola parola: Opposizioni. Frammentazione, dice, Quando si parla di opposizione armata, è necessario essere precisi e dire certo, i siriani non hanno l'equivalente di Nelson Mandela, un leader cui la gente può raccogliersi attorno … E' difficile sostenere che non vi sia alcun rappresentante principale del popolo siriano, egli dice, in riferimento alla Coalizione Nazionale Siriana. Per prima cosa, nessuno degli attuali soggetti politici è in grado di influenzare i militanti a deporre le armi.

Per quanto riguarda il suo rapporto con i funzionari del regime siriano, ha sostenuto che è simile al suo rapporto con l'opposizione. Io sono alla stessa distanza da tutti … Il mio rapporto con loro è contrassegnato dalla cordialità, ma anche dalla franchezza. Quello che dico ad una parte, io dico a tutte le parti.

Alla domanda circa l'intervento di Hezbollah nelle battaglie di Qusayr, Lamani dice: L'intervento è politico, non settario … Per quanto riguarda il ruolo del Libano nella crisi siriana, si calcola che il Libano sia troppo debole per influenzare la Siria.

C'è una grande differenza tra ciò che si vuole, e ciò che si può realizzare. Un assioma che, spiega, è frutto di disperazione e impotenza. Ma Lamani ha ancora speranze per il popolo siriano: Se credessi che la mia missione è inutile, me ne andrei.


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Wednesday, June 19, 2013

Interview: UN Envoy in Syria Warns of “Major Disaster”

In his first interview with the press, Moroccan-Canadian diplomat Mokhtar Lamani spoke about the UN mission he heads in Syria, its day-to-day details, and the prospects of a negotiated political solution.

What lies ahead for Syria troubles Mokhtar Lamani. The UN envoy speaks passionately about the future of its children and its history that is being effaced. He speaks about the staggering number of Syrian girls who have been raped and murdered, the women who have lost their brothers, fathers, and husbands.

He compares them to his young daughter whom he hasn’t seen in a whole year. He recalls a recent email conversation with her in which he told her about what was happening to girls in Syria. She later replied, “I’m proud of my father.”

The diplomat, who also holds Canadian citizenship, becomes tearful, and says that great joy takes hold of him when he imagines that he may change things for the children of Syria.

“What concerns me here is the tragedy,” says Lamani firmly, as if to cut to the chase. Sitting at his hotel in the city of Jounieh, north of Beirut, Lamani explains his views on the Syrian crisis, borrowing some of the words of Lakhdar Brahimi, saying, “There are only two options: a peaceful settlement, or chaos.”

Lamani stresses that any other direction would be catastrophic for both the Syrian people and the whole region, arguing that international accord and good faith are necessary for any negotiated solution in Syria to succeed. The UN envoy in Syria says that all hopes at present are on the Geneva II conference.

Lamani speaks of six million Syrians who have left their homes, and a crippling economic crisis caused by the destruction or closure of more than 80 percent of Syrian factories. Everything can be rebuilt, he says, but what is most difficult is “mending Syria’s people.”

Lamani, who is the Damascus representative of the UN-Arab League peace envoy to Syria Lakhdar Brahimi, speaks at length about the stages of his mission. He expounds on his efforts to draw a political map for Syria, which has required communicating with a large number of Syrians, both in the opposition and the regime.

The man does not claim to know the entire opposition spectrum, but he says that he has found everyone to be “hostage to reaction.” Indeed, according to Lamani, the problem is extremely complex and a solution will require concerted efforts and good faith on the part of all internal, regional, and international parties, something that is not existent at the moment.

So do these countries want to destroy Syria? Lamani quickly answers, “It seems so, because all countries place their interests above those of the Syrian people, without exception.”

“All I heard during my meetings were questions about what everyone wanted to take from Syria, but I never heard anyone talking about what they want to give to Syria,” he says.

Lakhdar Brahimi’s deputy had some anecdotes about those seeking to take part in Geneva II. He recounts how all those he met in Moscow would give him a list of the names they wanted to be part of the proposed peace conference. There were so many names, he says, that now the conference may need to be held in a hall that can fit millions of people.

The UN diplomat points out that discussions currently center on the format of the conference, but that there were sharp disputes within Syria, and regionally and internationally. Lamani proposes that the theme of the conference be “Saving Syria.”

Regarding his relationship with the armed opposition groups, the Syria-based envoy divides groups active within the country into three categories: homegrown opposition groups; groups with plans that extend beyond Syria, such as the Salafis who want to establish an Islamic emirate; and a third group that has taken advantage of the security collapse to engage in criminal activities.

Lamani says that he has not met with anyone from al-Nusra Front, though he has met with Syrian President Bashar al-Assad.

According to Lamani, the term “brigade,” as many of the armed opposition groups identify themselves, has no known military definition, and could comprise anything from four people to 5,000. Even with those who have thousands in their ranks, he says, “sometimes you find that they have as many representatives as they have fighters.”

The man sums up the current situation in one word: “Fragmentation.” He says, “When you speak of the armed opposition, you must be precise and say ‘oppositions.’ Certainly, the Syrians do not have the equivalent of Nelson Mandela, a leader that people can rally around.”

“It is difficult to claim that there is any primary representative of the Syrian people,” he says, in reference to the Syrian National Coalition. For one thing, he argues, none of the current political actors can influence militants to lay down their arms.

Concerning his relationship with officials in the Syrian regime, he maintained that it is similar to his relationship with the opposition. “I am at the same distance from everyone,” he says. “My relationship with them is marked with friendliness, but also frankness. What I say to one side, I say to all sides.”

Asked about Hezbollah’s intervention in the battles in Qusayr, Lamani says, “It is a political, not sectarian, intervention.” As for Lebanon’s role in the Syrian crisis, he reckons that “Lebanon is too weak to impact Syria.”

There is a big difference between what one wishes, he says, and what one can achieve. An axiom that he says was the result of despair and helplessness. But Lamani still has hopes for the Syrian people: “If I come to the believe that my mission is futile, I will leave.”

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