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https://now.mmedia.me
December 19, 2013

Un ribelle ucciso dai ribelli
di Orwa Moqdad

Aleppo. La sentenza è stata pronunciata un mattino nuvoloso, mentre si inginocchiava circondato da un esercito di bandiere nere recanti lo slogan "Non c'è dio ma Dio" Sembrava stanco, dagli occhi tristi. Il suo viso barbuto è stato chiaramente trasmesso sulla TV satellitare e su internet, circondato da combattenti mascherati le cui caratteristiche non potevano essere viste in quanto emanavano la legge di Dio sulla terra.

Questo è stato il capitolo finale della vita di Hassan Jazra, una storia che è sulla punta di ogni lingua nei quartieri ribelli di Aleppo. Non si può adottare una posizione chiara sull'uomo: era conosciuto sia come un eroe che come un ladro. Jazra, che fu giustiziato dallo Stato Islamico dell'Iraq e al- Sham (ISIS), ha rispecchiato la rivolta siriana con i suoi alti e bassi e tutti i suoi turbolenti sbalzi d'umore. Egli ha incarnato l'immagine di un eroe, un uomo corrotto combattuto e apprezzato da tutti, un combattente feroce e una leggenda popolare che è stata oggetto di varie interpretazioni.

Nato nel Sakhour dal clan Kayyara, Jazra è stato trasformato dalla rivolta, da contrabbandiere e mercante di angurie in un eroe e leader popolare. Ha preso parte alle proteste pacifiche e poi nella lotta armata, incarnando la profonda crisi che ha caratterizzato il conflitto siriano. Il movimento pacifico di protesta ha mobilitato persone provenienti da aree povere spalla a spalla con molti cittadini istruiti. In questo risiedeva la sua bellezza, la rivolta aveva disperso l'alienazione diffusa tra le classi sociali. Ma tutto questo ben presto svaniva mentre il regime cominciava ad esercitare tattiche sempre più brutali. Le persone istruite sono passate dalle fila della rivolta, attraverso gli arresti, le fughe, o il silenzio, lasciando ai poveri di prendere le armi e, successivamente, a guidare la rivolta.

Aleppo sapeva che Hassan Jazra era un ladro. Eppure egli non ha lasciato il suo posto in prima linea per un anno e mezzo, fronteggiando gli attacchi dell'esercito regolare. Era un figlio del movimento di protesta, guidato dal deterioramento delle circostanze, a diventare un leader militare di un tipo che è diventato sempre più tipico nel corso della guerra.

Hajji Mareh fu ucciso pochi giorni fa in un assassinio mirato. Come Jazra, era emerso come un esempio per le altre persone ed era conosciuto per essere il comandante più popolare. Eppure era quasi paralizzato all'interno della Brigata Tawhid, in quanto era solo un comandante militare privo di accesso al processo decisionale politico. Accanto a lui in popolarità c’era Hassan Jazra, che non beneficiava del sostegno di qualsiasi stato arabo o occidentale. L'unica soluzione rimasta a Jazra, certamente immorale, era quella di rubare. La Brigata Tawhid è nota per volere la creazione di uno Stato islamico, ma Jazra non stava cercando di stabilire uno stato o un regime. Era più come un povero, un diseredato, anche se con idee e circostanze diverse.

Jazra non era l'unico accusato di rapina; accuse simili sono state spesso promosse in varie fazioni militari. Alcuni accusano ISIS di rubare trattori nelle fabbriche a Sheikh Najjar. La Brigata Tawhid era accusato di rapinare le fabbriche della zona industriale con il pretesto che esse appartenevano alle forze del regime. In questo campo le accuse volano, e Jazra era solo un piccolo ladro tra i giganti.

Ma la sua popolarità ancora lo esponeva a molte chiacchiere. Circolavano immagini di un uomo che assomigliava a Jazra durante la visita di Bashar al Assad a Daraya, e fu accusato di comunicare con il regime. Eppure, le storie più popolari su di lui sollecitano una sana dose di ammirazione e risate. Un racconto, per esempio, narra di come Jazra avesse voluto intraprendere un'operazione per vendicare l'attacco chimico a Ghouta. Nel processo, ha dato tutti i suoi farmaci agli uomini e ordinò loro di sparare tutto quello che avevano. Il Fronte Sakhour venne aggredito per tutta la notte. Quando fu giorno, Jazra scoprì di essere senza munizioni, e fu costretto a mendicare presso gli altri comandanti di brigata di dargli le munizioni.

Jazra spiegava le sue motivazioni come "una cosa personale contro la famiglia Assad" e queste parole facevano di lui un eroe agli occhi della gente, come la sua insistenza che se Aleppo non si fosse ribellata, avrebbero portato rivoluzione in città. Chi lo ha incontrato si rese conto che era una persona semplice, inalterato, e di buon cuore che sembrava corrispondere bene alle immagini leggendarie che lo evocavano. L'ultima leggenda ha comportato il suo rilascio in modo che potesse combattere con l'80° Brigata.

Jazra era un siriano esposto a circostanze terribili. E’ stato rovinato dal regime per 40 anni e quando si ribellò, il mondo ha gettato su di lui problemi troppo complessi per lui da risolvere. Questo lo fece cadere in prevedibili problemi etici: teneva la prima linea con i membri del suo clan, e aveva bisogno di soldi, non per arricchirsi, ma per pagare i suoi combattenti. L'equazione è così semplice, a suo parere, che fornisce ampia giustificazione per i suoi furti.

La rivoluzione non ha conosciuto una figura più problematica di Hassan Jazra. Per tutte le critiche dei suoi furti e la tossicodipendenza, tutti coloro che hanno parlato di lui ne hanno parlato con ammirazione e attestato la sua disponibilità ad aiutare. Anche se la sua esecuzione soddisferà certamente quelli che si lamentava dei suoi furti, per gli altri, promuoverà ulteriormente la sua leggenda popolare.


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December 19, 2013

A rebel killed by rebels
By Orwa Moqdad

ALEPPO, Syria – The sentence was carried out on a cloudy morning, as he knelt surrounded by an army of black flags bearing the slogan “There is no god but God.” He looked weary, dreary-eyed. His bearded face was plainly displayed on satellite TV and the internet, surrounded by masked fighters whose features could not be seen as they enacted "God’s law on earth."

This was the final chapter of Hassan Jazra’s life, a story that is on the tip of every tongue in Aleppo’s rebel-held neighborhoods. One cannot adopt a clear stance on the man: he was known as both a hero and a thief. Jazra, who was executed by the Islamic State of Iraq and al-Sham (ISIS), mirrored the Syrian uprising with its ups and downs and all its turbulent mood swings. He embodied the image of a commando hero, a corrupt man fought and liked by all, a fierce fighter and a popular legend who was the object of various interpretations.

Born in Sakhour to the Kayyara clan, Jazra was transformed by the uprising from a smuggler and watermelon merchant into a folk hero and popular leader. He took part in the peaceful protests and then in the armed struggle, epitomizing the profound crisis that characterizes the Syrian conflict. The peaceful protest movement mobilized people from poor areas shoulder-to-shoulder with many educated citizens. Herein lay its beauty – the uprising broke the prevalent alienation between social classes. But all this soon faded as the regime began exercising increasingly brutal tactics. Educated people fell from the ranks of the revolt through arrest, displacement, or opting for silence, leaving it to poor people to carry weapons and subsequently lead the uprising.

Aleppo knew Hassan Jazra as a thief. Yet he did not leave his post at the front for a year and a half in the face of regular army attacks. He was a son of the protest movement who was driven by deteriorating circumstances to become a military leader of a type that became increasingly typical over the course of the war.

Hajji Mareh was killed a few days ago in a targeted assassination. Like Jazra, he had emerged as an example for other people and was known to be the most popular commander. Yet he was almost crippled within the Tawhid Brigade, as he was merely a military commander with no political decision-making. Next to him in popularity was Hassan Jazra, who did not benefit from the support of any Arab or Western state. The only solution left for Jazra – admittedly an unethical one – was to steal. The Tawhid Brigade is known to be seeking the creation of an Islamic state, whereas Jazra was not seeking to establish any state or regime. He was more like a pauper, albeit with different ideas and circumstances.

Jazra was not the only one accused of robbery; similar accusations were also often leveled at various military factions. Some accuse ISIS of robbing tractors’ and other factories in Sheikh Najjar. The Tawhid Brigade as well was accused of robbing factories in the industrial zone under the pretext that they belonged to regime forces. In this field of flying accusations, Jazra was merely a small-time thief among giants.

But his popularity still exposed him to many rumors. Pictures circulated of a man who resembled Jazra during Bashar al-Assad’s visit to Daraya, and he was accused of communicating with the regime. Yet the most popular stories about him solicit a healthy dose of admiration and laughter. One tale, for instance, tells of how Jazra wanted to undertake an operation to avenge the Ghouta chemical attack. In the process, he gave all his men drugs and ordered them to shoot everything they had. The Sakhour Front fired all night. When daylight came, Jazra discovered he did not have a single bullet left to repel the army if it chose to attack, and he was forced to beg other brigade commanders to give him ammunition.

Jazra used to explain his motivations as “a personal thing against the Assad family.” These words made him a hero in the eyes of the people, as did his insistence that “if Aleppo does not rebel, we will bring the revolution over to it.” Anyone who met him realized that he was a simple, unaffected, and kindhearted person who seemed to fit the legendary images conjured about him. The latest such legend entailed his release so that he could fight with the 80th Brigade.

Jazra was a Syrian man exposed to dire circumstances. He was spoiled by the regime for 40 years and when he rebelled, the world threw at him problems too complex for him to accommodate. This caused him to fall into predictable ethical problems: he was holding the front with members of his clan, and he needed money – not to get rich, but rather to pay his fighters. The equation was as simple as that and provided, in his opinion, ample justification for his thefts.

The revolution has not known a more problematic figure than Hassan Jazra. For all the criticisms of his robberies and drug addiction, everyone who talked about him spoke with admiration and attested to his eager willingness to help. Though his execution will certainly relieve those who complained of his thieving, for the rest, it will only further promote his popular legend. 

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