ANSAmed Al Qaida dilaga in Siria, effetto bomerang per Turchia ANKARA - Il pantano siriano sta diventando scenario da incubo per il premier turco Recep Tayyip Erdogan, schierato con i ribelli fin dall'inizio della crisi, convinto che l'ex-amico Bashar al Assad sarebbe caduto rapidamente e sostituito al potere dai "cugini" sunniti, i Fratelli Musulmani. Ma dopo due anni di guerra civile e oltre 100mila morti nulla e' andato secondo le previsioni di Ankara. Assad non e' caduto, anzi con l'appoggio dall'Hezbollah sciita libanese sta tornando alla vittoria. Nonostante gli sforzi di Ankara non c'e' stato un intervento militare a guida Usa contro Damasco. La crescita di Al Qaida ha spaventato Washington. I curdi siriani hanno preso il controllo di parte del Nord e vogliono dichiarare una entita' autonoma, che un giorno potrebbe inserirsi in un Grande Kurdistan che rivendicherebbe il sud-est curdo della Turchia. I ribelli "ufficiali" dell'Els, vicini ai Fratelli Musulmani, sono sempre piu' deboli e meno rappresentativi: altri 60 gruppi della resistenza si sono appena dissociati. Gli 11 piu' forti si sono gia' alleati ad Al Qaida con l'obiettivo comune di fondare un Califfato basato sulla Sharia. E buona parte della zona lungo il confine turco sta passando, fra denunce di atrocita', sotto il controllo dei due gruppi di Al Qaida, il Fronte al Nusra e lo Stato islamico di Iraq e Siria (Siis), facendo squillare tutti i campanelli d'allarme ad Ankara. "La Turchia ha un nuovo vicino, i tagliatori di teste" per il quotidiano di opposizione Sozcu. Insomma, invece di uno stato siriano governato dai Fratelli Musulmani, la Turchia scopre di avere ora oltre frontiera una sorta di "nuovo Afghanistan" di cui, quale che sia l'esito di Ginevra II, per anni sara' ormai difficile disfarsi. Il leader dell'opposizione Kemal Kilicadaroglu accusa Erdogan e la sua linea siriana "settaria" di essere responsabile del disastro. Doppiamente: secondo l'opposizione, ma anche per i curdi siriani, che combattono contro i qaedisti, Erdogan, in nome del principio che chiunque combatta Assad va sostenuto, ha appoggiato anche i miliziani della jihad, consentendo il libero passaggio di uomini, armi e soldi attraverso il confine. Una strategia di cui e' stato l'artefice - secondo il New York Times - il capo dei servizi segreti del Mit Hakan Fidan, vicino al premier, e che ha provocato tensioni con gli Usa. La Turchia, ha detto nei giorni scorsi Human Right Watch, rischia perfino di essere chiamata in causa per le atrocita' di Al Qaida in Siria. Ankara negli ultimi giorni ha piu' volte negato di aiutare i jihadisti. E l'esercito turco per la prima volta ha annunciato di avere bombardato postazioni qaediste vicino a Azaz, in risposta a un colpo di mortaio caduto in territorio turco. Secondo Hurriyet, Erdogan ha "chiuso gli occhi" sulle attivita' dei qaedisti, "ma ora questi tempi sono finiti". Ankara sta operando un giro di boa. Il rischio diretto per la Turchia si e' fatto forte, e il pericolo invece di Assad diventa Al Qaida. "I turchi, spiega il giornale, si chiedono che cosa il governo, che prima dava appoggio logistico ai radicali islamici contro Assad, stia facendo per combattere questa minaccia".
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