Ansa Padre Paolo è di nuovo in Siria Il ritorno in Siria di Padre Paolo Dall’Oglio, gesuita italiano per trent’anni nel Paese e poi espulso dalle autorità di Damasco l’anno scorso è un pellegrinaggio del dolore e della testimonianza, ma anche della solidarietà a “un intero popolo” attraverso città e villaggi sotto incessanti bombardamenti governativi, teatri di massacri inter-comunitari e zone non più sotto il controllo delle truppe fedeli al presidente Bashar al Assad. “Sono qui per esprimere solidarietà a tutto il popolo siriano, dimenticato dall’irresponsabilità internazionale”, ha detto raggiunto telefonicamente dall’ANSA a Tall Abyad, località nel nord della Siria al confine con la Turchia. Dall’Oglio, 59 anni, per lungo tempo e fino al giugno scorso a capo della comunità monastica di Mar Musa a nord di Damasco, é entrato in Siria dal Kurdistan iracheno, un territorio da tempo non più controllato da Damasco ma dalle milizie curde. “Ho attraversato il Tigri che in quel tratto separa Siria e Iraq a bordo di un traghetto. Come ormai fanno tutti in un territorio dove c’é una totale continuità territoriale, retta da una solida e profonda solidarietà nazionale pan-curda”, racconta il gesuita nato a Roma. Dal nord-est siriano a maggioranza curda, Dall’Oglio è ora diretto verso Aleppo, la martoriata città divisa in due: da una parte la zona controllata dai ribelli e dall’altra le zone ancora in mano ai lealisti. Dalla metropoli siriana Padre Paolo intende recarsi a sud, verso la Siria centrale. “Voglio andare sull’Oronte il fiume che scorre tra Homs e Hama a piangere sulle fosse comuni”. E’ in questa zona cerniera tra la montagna alawita minoranza a cui appartengono i clan al potere a Damasco e la Siria interna che si sono registrati i massacri più sanguinosi di civili, abitanti delle località sunnite e alawite. “Voglio andare sull’Oronte a chiedere che la rivoluzione siriana non diventi una guerra civile che chiede il sangue delle vendette”, ha detto Padre Paolo, solidale con la sollevazione popolare scoppiata nel marzo 2011. Questa era per lunghi mesi rimasta pacifica, ma in seguito alla repressione governativa si é trasformata in rivolta armata. Le notizie dell’attentato di ieri a Damasco, che nel pieno centro ha ucciso oltre 50 persone secondo i media del regime, hanno scosso il padre gesuita. “Sono scioccato da quanto avvenuto a Damasco, poco lontano dalla casa dei gesuiti”. “Ed é naturale ha detto che io non approvi questo tipo di attentati. Ma il fatto che il popolo siriano sia bombardato dai missili Scud ad Aleppo decine di civili tra cui bambini sono rimasti uccisi nei giorni scorsi da un bombardamento di Scud governativi provoca inevitabilmente delle reazioni”. Padre Paolo attribuisce alla “criminale irresponsabilità della collettività internazionale” il fatto che “la struttura dell’Esercito libero (Esl, i ribelli) non è controllata e non é controllabile. Il territorio libero siriano ha aggiunto é stato disorganizzato. Qui operano anche coloro che hanno delle agende e degli stili militari che noi possiamo non approvare”. In una “Siria che va verso la somalizzazione”, Dall’Oglio si muove “scortato da una copertura mediatica locale eccezionale”. “Non ho bisogno di guardie del corpo perché dovunque vado sono costantemente ripreso da telecamere e macchine fotografiche”. Nella sua tappa di Raqqa, ha ieri visitato un cimitero dei “martiri” e si è recato da alcune famiglie a portare le condoglianze per la morte dei loro cari. E mentre parlava con l’ANSA, durante la manifestazione di protesta anti-regime del venerdì, Padre Paolo era “in mezzo alla piazza di Tall Abyad. C’é un popolo democratico qui. Ci sono gruppi di ribelli che fumano sigarette e altri più radicali accanto a leader tribali. Sono tutti nella stessa piazza”.
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