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30 luglio 2013

Una riflessione sul “teorema terrorismo”

Come è ormai noto, ieri 29 Luglio 2013 il movimento No Tav è stato colpito, con decine di perquisizioni e avvisi di garanzia, dall’accusa di terrorismo. Una parola brutta, terrorismo, una parola inquietante, che nell’immaginario comune fa venire in mente stragi imprevedibili e vittime innocenti, suscita la paura ad uscire di casa, e naturalmente giustifica qualunque mezzo repressivo.

Una parola e un’accusa che i No Tav respingono al mittente, e che nulla ha a che fare con la lunga storia di un movimento popolare che da decenni tiene insieme con il sorriso, anche nei momenti più duri, generazioni e sensibilità differenti, pensionati e adolescenti, cattolici, centri sociali e famiglie con bambini. Un movimento che ha sempre affrontato anche le sue scelte più complesse – si, anche il ricorso all’autodifesa, la resistenza nello scontro imposto dallo Stato con l’occupazione militare della Val di Susa – alla luce del sole e a testa alta.

Che il terrorismo – le stragi e gli attentati, la volontà di terrorizzare la vita quotidiana delle persone allo scopo di destabilizzare la società – sia quanto di più lontano dalle attività di un movimento che ha come obiettivo solo quello di vivere in pace nella propria terra, senza cantieri mortiferi, è talmente evidente e sotto gli occhi di tutti da non richiedere altri argomenti. Non a caso le perquisizioni alla ricerca di armi e altri “artifizi micidiali” sono state un clamoroso buco nell’acqua.

E tuttavia, viene da chiedersi, da dove nasce questa accusa? E’ chiaro, si può rispondere, dall’asse tra la Procura di Torino e la lobby Si Tav, che non sa più cosa inventare per fermare penalmente una lotta che acquista sempre più forza politica. Bene: ma che tipo di mentalità, visione del mondo e interessi stanno dietro al tentativo di bollare i No Tav come terroristi?

Senza dubbio, per tutte le ragioni dette sopra e molte altre, terroristi i No Tav non sono affatto.

E tuttavia è chiaro che, anche senza volerlo, i No Tav terrorizzano qualcuno. Anzi, molta gente. Gli stessi che cercano di schiacciarli in tutti i modi, e ora anche con questa accusa infamante. I nostri nemici.

Cerchiamo di capire allora, chi ha paura dei No Tav? A ben vedere c’è l’imbarazzo della scelta.

Tanto per cominciare, ci sono i vari gruppi imprenditoriali, piccoli e grandi, quelli per cui il business prima di tutto – prima della salute, prima dell’onestà – che nelle grandi opere come la Torino – Lione hanno visto per decenni una mangiatoia senza fondo, nella quale tuffarsi a maggior ragione in tempi di crisi. Quelli che non potranno mai capire la scelta di anteporre la dignità al denaro, fatta da tanti lavoratori e imprenditori valsusini che anche in questo momento economico difficile rifiutano di compromettersi con il mostro Tav. Quelli che tremano nel vedere un’intera popolazione mettersi ogni giorno tra loro e i facili guadagni del cantiere.

Troviamo poi la casta parassitaria dei dirigenti di partito – e in questo caso spicca il PD, sia locale sia nazionale – che sugli intrecci tra affari e politica hanno costruito carriere e patrimoni. Gente che non saprebbe cosa altro fare della propria vita se non scambiare favori e occupare poltrone, e che proprio non vuole saperne di rinunciare all’ennesimo ghiotto boccone dell’alta velocità. Piccole donne e piccoli uomini incapaci di comprendere che la politica, quella vera, è passione e impegno disinteressato, sconvolti nel trovarsi di fronte persone che non si lasciano comprare, inorriditi all’idea di perdere voti e dunque privilegi.

E ancora, c’è quella parte della magistratura che, dagli anni Settanta in poi, passando per Mani Pulite, fino al duello interminabile con Berlusconi, nel vuoto di iniziativa dei partiti e della società civile ha creduto di poter dirigere la vita politica di questo paese. Giudici e pubblici ministeri convinti che arresti, processi e sanzioni siano la misura del mondo, abituati a detenere il monopolio della paura. E che non possono sopportare di vedere la propria autorità messa in discussione apertamente da migliaia di persone, che affermano una giustizia al di fuori della legge.

Ecco, tutti costoro messi insieme rappresentano un cancro, il sistema clientelare e iniquo che paralizza questo paese, continuando a garantire i privilegi dei soliti pochi, cancellando i diritti e le prospettive di tutti gli altri. E come un cancro, si riproducono creando metastasi, come è il cantiere Tav per la Val di Susa.

A tutti loro i No Tav fanno paura, ne sono davvero terrorizzati, e non è difficile capire perché: perché la lotta No tav è una lotta contro tutto ciò che loro rappresentano – l’arroganza, lo spreco, la diseguaglianza. Ma non solo: anche perché il movimento No Tav è un’esperienza di organizzazione di fatto alternativa, che costruisce quotidianamente un mondo differente e migliore, basato sulla condivisione – della difficoltà e del rischio come della soddisfazione – e sulla solidarietà.

Un mondo che dà speranza, in cui per speculatori, faccendieri e tiranni non c’è spazio. Lo sanno, e reagiscono con la ferocia di chi si sente assediato. Il terrore e il terrorismo li lasciamo a loro.

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