Resistenza Internazionale
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venerdì 6 dicembre 201

Non tutti possono piangere Mandela
di Nicola Melloni

Ieri sono stato chiamato un terrorista, ma quando sono uscito di prigione, molte persone mi abbracciavano, compresi i miei nemici, ed è quello che io normalmente dico alle altre persone che sostengono che coloro che stanno lottando per la liberazione nel loro paese sono terroristi. Dico loro che ero anche io un terrorista di ieri, ma, oggi, sono ammirato da quelle stesse persone che dicevano che ero un terrorista.

Un giorno di lutto mondiale, praticamente. Ogni persona che si rispetti, o che si voglia far rispettare, oggi piange Nelson Mandela, il padre del Sud Africa, l’eroe della lotta contro il razzismo, l’apartheid.

Era qualcosa di più, però, Mandela, anche se è comodo dimenticarselo ora. Era un eroe africano che lottava per l’emancipazione del suo paese e del suo continente. Emancipazione dal gioco bianco, europeo, imperialista. Non possiamo dimenticare che nel bel mezzo della Guerra Fredda – quella guerra oggi celebrata senza mezzi termini come la battaglia del bene contro il male, della libertà contro l’oppressione, della democrazia contro la dittatura – Mandela era considerato uno dei cattivi. Era un cattivo che lottava contro gli interessi delle democrazie occidentali e dei loro lacchè afrikaneer.

Nessuno ricorda come gli USA e soprattutto la Gran Bretagna fossero i principali sponsor del regime di Pretoria, finanziandolo con investimenti diretti, opponendosi per decenni alle sanzioni internazionali su cui tutto il resto del mondo era d’accordo. Non è bello ricordare ora come gli Stati Uniti usarono il Sud Africa e le sue truppe nella loro lotta per il controllo dell’Angola. E’ facile dimenticarsi che negli anni '80 Ronald Reagan mise l’African National Congress nella lista delle organizzazioni terroristiche. E Margaret Thatcher fece altrettanto. Diversi membri del suo partito – quel partito che oggi piange Mandela – fecero anche peggio: "terrorista nero", lo definì Terry Dicks, parlamentare Tory; "bisognerebbe sparargli", rincarò la dose il suo collega Teddy Taylor. Mentre la federazione giovanile dei Conservatori, in quegli anni presieduta da David Cameron, se ne venne fuori con dei simpatici adesivi con la scritta "Hang Mandela", "Impiccate Mandela".

Mandela era un amico dei russi, forse un pericoloso comunista. Lottava per la libertà, ma la libertà in Occidente è sempre stata a sovranità limitata: andava (va) bene solo quando è conveniente per noi. Se no andavano – vanno! – bene i Pinochet, i Botha, i peggio gaglioffi del mondo. Basta che difendano i nostri soldi, il nostro stile di vita. E mal che vada, come ha chiosato lo stesso Madiba, possiamo poi sempre salire sul carro dei vincitori, far di Mandela una icona mondiale, anzi, una icona dei valori occidentali. Come è stato fatto per Gandhi, un altro che ha lottato contro l’Occidente, salvo poi diventare un simbolo universale ed ecumenico. Piangerlo ora che è morto e non è pericoloso, dopo averlo combattuto come terrorista quando lottava per la libertà e la democrazia.

 

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