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http://wagingnonviolence.org Oggi più che mai sono necessari gli obiettori di coscienza Nella nostra epoca di guerra permanente, è quasi impossibile ricordare un momento in cui i conflitti armati sono chiaramente cominciati e finiti. In quella antica, un'epoca passata, per esempio, prima del 2003, si potreva giudiziosamente rimuginare su una guerra imminente prima che ci si decida e fare una scelta su di essa. La maggior parte delle persone, anche allora, non la vedeva in questo modo, per molti di loro non c'era scelta. Se il governo ha detto, "andiamo alla guerra", ha invariabilmente la maggior parte di noi ha detto: "quando partiamo?" Se ciò significava prendere in mano la pistola, aumentare le nostre tasse, o gettare il nostro peso politico e spirituale dietro di noi. Sembrava automatico e inevitabile e preordinato. La scelta a quanto pareva, non aveva nulla a che fare con questi valori. Ma c'era una scelta, e alcuni la presero sul serio. E anche oggi, quando la guerra si avvita vertiginosamente con tanta velocità che praticamente scompare davanti ai nostri occhi, e quando la continua espansione delle battaglie telecomandate supera ogni orizzonte, abbiamo ancora una scelta. Annaspare verso il nostro ritorno su di una tale decisione, è cruciale. Anche se sarà diverso rispetto a prima, una scelta fatta in mezzo allo sbandamento, non finisce mai di far girare la centrifuga, neppure in mezzo alla tregua più contemplativa su cui ci eravamo, una volta, accordati, prima che si scatenasse tutto l'inferno, questa scelta deve essere salvata e imparata e applicata, data la monotona e implacabile pianificazione del Pentagono e della NSA. Quali insegnanti migliori abbiamo di quelli che hanno colto quest’occasione in passato? Chi meglio di coloro che hanno praticato la scelta? La storia è piena zeppa di obiezioni di coscienza, anche se a volte ci vuole un po’ di caccia intorno per intravederla. La violenza e l'ingiustizia, e cosa è più violento e ingiusto della guerra? Spesso richiede una reazione uguale e contraria, agita da singole figure solitarie e da intere comunità, come quelle delle chiese di pace storiche, tra cui i mennoniti e quaccheri. In quasi nessun caso è facile. Raggruppamenti religiosi pacifisti, dove ci si può sentire nutriti e sostenuti nella convinzione che uccidere è sbagliato e scandaloso, in ultima analisi, preparano i loro membri a pagare, come Daniel Berrigan, il sacerdote gesuita e attivista che è stato imprigionato per la sua resistenza alla guerra del Vietnam ed è stato obiettore di coscienza sin da allora, una volta vigorosamente narrato. Per tenere ostinatamente a tale credenza in una società dove l’uccisione è una questione politica, significa che spesso sono destinate ad esserci conseguenze. Questo è ciò che è accaduto alla vigilia della seconda guerra mondiale. Quando 37.000 uomini affrontando il primo progetto di pace nella storia degli Stati Uniti scelgono di diventare obiettori di coscienza, o CO’s. Molti di loro, se non tutti, erano membri delle Chiese per la pace che, temendo quello che successe ai loro giovani che affrontarono torture nelle carceri americani, per aver resistito all’arruolamento durante la Prima Guerra Mondiale, hanno negoziato la creazione di un subordinato Servizio civile Pubblico, che è venuto in essere il 19 dicembre 1940, 73 anni fa, praticamente un anno prima dell'attacco a Pearl Harbor. Alcuni uomini hanno scelto di servire durante la Seconda Guerra Mondiale come non combattenti nelle forze armate come medici e simili. Altri hanno optato per il carcere. Ecco una statistica sorprendente che offre una pausa alla luce dell’odierno Ufficio Carceri: durante la Seconda Guerra Mondiale uno ogni sei uomini nelle prigioni federali era un obiettore di coscienza! Ma migliaia erano entrati nel Servizio civile Pubblico, nei campi attraverso gli Stati Uniti, dove hanno lavorato duramente nove ore al giorno, sei giorni alla settimana. La maggior parte di loro sono stati trattenuti fino al 1947, due anni dopo la fine della guerra. Nel 2002, Judith Erlich e Rick Tejada Flores hanno prodotto un documentario The Good War and Those Who Refused to Fight It, che esplora questa scelta che alcuni uomini hanno praticato in corsa fino alla seconda guerra mondiale per resistere all’arruolamento in base alla loro religione o ai loro principi etici. Essi sono stati spesso assegnati a lavorare in istituti psichiatrici orrendi, che poi hanno spinto molti di loro a costruire movimenti per riformare tali sistemi. In contrasto con il sostegno quasi uniforme per la guerra tra il grande pubblico, i membri del Servizio civili Pubblico, hanno formato una comunità in cui il loro impegno alla nonviolenza si è rafforzato, anziché indebolirsi. Infatti, il documentario sottolinea che i campi di CPS divennero incubatrici per molte delle tecniche di resistenza nonviolenta utilizzate poi dai movimenti per i diritti civili e per la pace. James Tracy, autore di Azione Diretta, scrive "Un nuovo movimento, chiamato dai suoi aderenti, del pacifismo radicale, sarebbe emerso ... Lungi dal sentirsi abbattuto dallo schiacciante sostegno popolare per lo sforzo bellico degli Stati Uniti, i pacifisti radicali hanno trovato esilarante la resistenza condivisa e il senso del movimento emergente nel loro campo specifico e nelle comunità carcerarie, molti CO. Compresi quelli come David Dellinger e Bill Sutherland, che hanno guidato con successo gli scioperi di desegregazione nelle carceri, sono diventati i principali organizzatori di una varietà di nuovi movimenti nel corso dei decenni seguenti. L'ironia è deliziosa. Intendendo sia punire che isolare gli obiettori di coscienza, il governo ha effettivamente fornito un campo di addestramento per gli attivisti e le opportunità per affinare queste future competenze. Mi viene in mente un molto più modesto esempio di questo, quando un migliaio di noi sono stati arrestati in un laboratorio di armi nucleari in California nei primi anni ‘80 e sono stati trattenuti per due settimane. L'intenzione dello sceriffo era, apparentemente, dissuaderci dal fatto che potesse accadere di nuovo. In realtà, ha avuto l'effetto opposto. Per due settimane, siamo stati considerati da innumerevoli workshops del calibro di Daniel Ellsberg, che aveva rilasciato le Pentagon Papers durante la guerra del Vietnam, che hanno immensamente rafforzato la nostra solidarietà come comunità. Siamo cresciuti come attivisti. Era come una scuola sponsorizzata dallo stato in attivismo nonviolento, qualcosa che avrebbe dato i suoi frutti nel decennio seguente. Noi, come i CO durante la Seconda Guerra Mondiale, abbiamo approfondito le nostre capacità e impegno per l'obiezione di coscienza e verso lo status quo che ci aveva sbarcato in custodia, anche se solo per una piccola frazione del tempo che serviva. Dove sono i nostri COs oggi? Nel nostro tempo di guerra permanente, gli Edward Snowden e Chelsea Manning ci stanno mostrando quanto sia ancora potente l'obiezione di coscienza. Come loro, ognuno di noi può fare la scelta di ritirare il suo consenso alla guerra in corso. E, come i CO della Seconda Guerra Mondiale, le nostre molte forme di obiezione di coscienza, sia minori che monumentali, possono resistere non solo alla violenza, ma ci offrono un campo di addestramento e di opportunità, di solidarietà e di crescita ,come agenti della trasformazione nonviolenta. Gli atti di coscienza adottati oggi, apriranno opportunità inaspettate per portare avanti il cambiamento sociale. http://wagingnonviolence.org Conscientious objectors needed now more than ever In our present age of permanent war, it is almost impossible to recall a time when armed conflicts clearly began and ended. In that ancient, bygone era say, before 2003 one could judiciously ruminate on an impending war before it got rolling and make a choice about it. Most people, even then, didn’t see it that way for them there was no choice. If the government said, “War jump to it,” invariably most of us said, “How high?” whether that meant picking up a gun, plunking down our taxes, or throwing our full spiritual and political weight behind it. It seemed automatic and inevitable and foreordained. Choice, it seemed, had nothing to do with it at all. But there was a choice, and some took it seriously. And even today, when war is on a dizzying spin-cycle whirling with such tremendous velocity that it virtually disappears before our very eyes and when the ever-expanding remote-control battlefield increasingly exceeds every horizon we still have a choice. Groping our way back to such a decision-point is crucial. Though it will be different than before a choice made in the midst of the 24/7 careening, never-ending centrifugal spin and not amid the more contemplative lull that we once were afforded before all hell would break loose this choice must be rescued and learned and applied, given the Pentagon and the NSA’s monotonously relentless planning. What better teachers do we have than those who seized this opportunity in the past? Who better than those who chose? History is chock full of conscientious objection, though it sometimes takes some hunting around to glimpse it. Violence and injustice and what is more violent and unjust than war? often prompts an equal and opposite reaction, from lone individual figures to whole communities, like those of the historical peace churches, including the Mennonites and the Quakers. In virtually no case is this easy. Pacifist religious groupings, where one can feel nurtured and supported in the scandalous belief that killing is wrong, ultimately prepare their members to “pay up,” as Daniel Berrigan the Jesuit priest and activist who was imprisoned for his resistance to the Vietnam War and has been conscientiously objecting ever since once pithily described it. To hold stubbornly to such a belief in a society where killing is a matter of policy means there are often bound to be consequences. This is what happened on the eve of World War II. Some 37,000 men facing the first peacetime draft in U.S. history chose to become conscientious objectors, or COs. Many of them though not all were members of peace churches who, fearing what happened to their young men who faced torture in U.S. prisons when they resisted induction during the First World War, negotiated the creation of an alternative: Civilian Public Service, which came into being on Dec. 19, 1940 73 years ago today virtually a year before the attack on Pearl Harbor. Some men chose to serve during World War II as non-combatants in the armed forces as medics and the like. Others opted for prison. (Here’s an astounding statistic that gives one pause in light of today’s Bureau of Prisons: during the Second World War fully one out of six men in federal prisons was a draft resister!) But thousands joined the Civilian Public Service in camps flung across the United States, where they performed hard labor nine hours a day, six days a week. Most of them were held until 1947, two years after the war ended. In 2002, Judith Erlich and Rick Tejada-Flores produced The Good War and Those Who Refused to Fight It, a documentary that explores this choice that some men made in the run up to the Second World War to resist the draft based on their religious or ethical principles. They were often assigned to work in horrendous mental institutions that later spurred many to build movements to reform those systems. In contrast to the nearly uniform support for the war among the larger public, Civilian Public Service members formed community that strengthened, rather than undermined, their commitment to nonviolence. Indeed, the documentary stresses “the CPS camps became incubators for many of the techniques of nonviolent resistance used later in the civil rights and peace movements.” As James Tracy, author of Direct Action, puts it, “A new movement, termed by its adherents ‘radical pacifism’ would emerge. … Far from feeling despondent about the overwhelming popular support for the war effort in the United States, radical pacifists found the shared resistance and the sense of emerging movement in their distinct camp and prison communities exhilarating.” Many COs including those like David Dellinger and Bill Sutherland, who led successful desegregation strikes in prisons became key organizers in a variety of new movements over the next several decades. The irony is delicious. Intending to both punish and isolate conscientious objectors, the government actually provided a training ground for future activists and opportunities to hone these skills. I am reminded of a much more modest example of this, when a thousand of us were arrested at a nuclear weapons lab in California in the early 1980s and were held for two weeks. The sheriff’s intention apparently was to dissuade this from happening again. In fact, it had the opposite effect. For two weeks, we were treated to innumerable workshops from the likes of Daniel Ellsberg, who had released the Pentagon Papers during the Vietnam War, which immeasurably strengthened our solidarity as a community. We grew as activists. It was a state-sponsored school in nonviolent activism, something that would bear fruit over the next decade. We, like the COs during World War II, were deepening our own skills and commitment to the conscientious objection to the status quo that had landed us in custody, if only for a tiny fraction of the time they served. Where are our COs today? In our time of permanent war, the Edward Snowdens and Chelsea Mannings are showing us how powerful conscientious objection still is. Like them, each of us can make a choice to withdraw our consent from ongoing war. And, like the COs of the Second World War, our many forms of conscientious objection both minor and monumental can not only resist violence but offer us a training ground with opportunities for solidarity and growth as agents of nonviolent transformation. The acts of conscience taken now will open unexpected opportunities for moving social change forward.
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