http://znetitaly.altervista.org L’imperativo morale di Bradley Manning Anche se abbiamo dovuto soffocare nel sole del Maryland, sabato, ho trovato la manifestazione preprocessuale a Ft Mead a sostegno di Bradley Manning particolarmente carica di entusiasmo. E’ stato come se ci fosse una consapevolezza non dichiarata, ma largamente condivisa, che Manning è tanto un profeta biblico che un soldato dell’esercito. Penso che Manning possa essere considerato un classico profeta della tradizione abramitica. Tali profeti si assumono il rischio di denunciare l’ingiustizia e di sfidare il resto di noi a fare lo stesso. Rappresentano anche un grande tormento per gli oppressori e un tormento, anche, per quelli di noi che preferirebbero non doversi occupare di cose simili. I profeti né si adeguano all’ingiustizia né celano le malefatte; rispondono a una catena di comando più alta con “regole d’ingaggio” molto diverse. Si prenda Isaia, per esempio, che è descritto come un eccentrico che è andato in giro per tre anni “nudo e a piedi scalzi”. (Tanto di cappello qui al reverendo Howard Bess per averci ricordato di recente, con il suo “Ripensare il messaggio della Genesi”, che anche se le storie della Bibbia sono largamente miti e non possono essere lette come storia, spesso testimoniano la verità in un modo che è impossibile alla mera storia). Che cosa cercava di dire Isaia con la sua nudità? Gli studiosi della Bibbia concludono che cercava un modo vivido per dimostrare agli israeliti che, se le loro pratiche oppressive non fossero cessate, anche loro sarebbero fini “nudi e a piedi scalzi, con il sedere vergognosamente esposto” (Isaia 20:2-4). O, più semplicemente: non è la mia nudità che è vergognosa. E’ la vostra, quella di chi si è spogliato della visione dalla quale è stato benedetto, una visione di giustizia e di shalom [pace]. Possiamo prendere a prestito la vista di Isaia per vedere e riconoscere che gli abusi scoperti e rivelati da Bradley Manning tra cui le torture e i massacri di civili espongono il sedere di noi statunitensi? (E mi riferisco non soltanto alla catena di comando, ma anche al resto di noi. Cominciate a sentire uno spiffero sul vostro didietro?). Suggerendo che tutti dobbiamo fare un esame di coscienza, prendo lo spunto da un profeta più recente della tradizione di Isaia, il rabbino Abraham Heschel, che insistette sul fatto che dovunque si attui l’ingiustizia “pochi sono colpevoli, ma tutti sono responsabili”. Il rabbino Heschel ha chiarito aggiungendo che: “L’indifferenza al male è più insidiosa del male stesso”. Responsabili anche se ignari Quelli tra noi statunitensi che hanno visto e udito il video dell’elicottero Apache dell’esercito degli Stati Uniti che ha mostrato l’uccisione di dozzine di civili (compresi due giornalisti della Reuters) a Baghdad il 12 luglio 2007 (nel corso del tanto proclamato “incremento delle truppe” del presidente George W. Bush) possono rendersi conto di come quel video, cui è stato dato l’adatto titolo di “Assassinio collaterale”, lascia il nostro sedere “vergognosamente esposto”. L’importante programma ‘Panorama’ della televisione tedesca, diversamente dai suoi omologhi statunitensi, ha replicato le parti più salienti del video della sparatoria, ma ha anche messo l’incidente nel contesto di un breve segmento di sessanta minuti. Quelli tra noi che hanno avuto un qualche ruolo nella versione tedesca hanno pregato i produttori di Panorama di “doppiare” il programma. Ne hanno riconosciuto la necessità, hanno fatto un’eccezione alla loro politica aziendale contro il “doppiaggio” e quella che è emersa è una versione inglese di dodici minuti intitolata “Gli sparatori sono liberi, il rivelatore è in carcere”. In assenza di qualsiasi concorrente reale, la versione inglese di dodici minuti è, a mio parere, la rappresentazione più diretta di quanto è accaduto, compreso il crimine di guerra dell’uccisione del “Buon samaritano” che si era fermato ad aiutare uno dei feriti. Crimine di guerra? Sì, crimine di guerra. “Giustificare” l’uccisione di una dozzina di persone, tra cui due giornalisti, con la pretesa che una telecamera era stata scambiata per un’arma e che pertanto l’uccisione era conforme alle “regole d’ingaggio”, come ha affermato il Segretario alla Difesa Robert Gates all’epoca, è già un’esagerazione. Ma uccidere qualcuno che cerca di aiutare i feriti tende tale “giustificazione” ben oltre il punto di rottura. E’ stato un crimine di guerra. Come ha commentato successivamente Manning: “L’aspetto più allarmante del video per me, tuttavia, è stata l’apparentemente deliziata sete di sangue che loro i mitraglieri dell’elicottero Apache hanno mostrato di avere.” Cosa ha mosso Manning? Secondo me la motivazione di Manning non è stata necessariamente religiosa, bensì una reazione profondamente umana del tipo descritto nella storia di Caino e Abele nella Genesi. Penso che ciascuno di noi comprenda l’imperativo di essere il custode del proprio fratello, ma io trovo davvero utile la storia della Genesi per esaminare questi spinosi problemi. Quello che dobbiamo tener presente è che la Genesi non è il primo libro scritto del Vecchio Testamento della Bibbia; è uno degli ultimi. E’ stato composto durante e dopo la cattività babilonese (dal 587 al 538 avanti Cristo) come una contro-storia e un ripudio della religione babilonese dell’impero. Quel genere di “religione” era basato in larga misura sul concetto della violenza redentrice, come modo per sconfiggere il male e prevenire il caos fino alla prossima volta in cui la violenza fosse considerata come inevitabilmente necessaria. (Che fortuna che noi, sofisticati del ventunesimo secolo, ci siamo elevati da allora al di sopra di quel concetto primitivo!). Le contro-storie sono spesso strumenti mirati a riparare i danni inflitti al popolo da sistemi di potere violenti. Il senso della Genesi è tutto qui. Gli israeliti avevano un disperato bisogno di insegnare ai propri figli una narrazione che negasse l’influenza dell’opulenta Babilonia, dedita alla violenza, la loro patria per mezzo secolo. (Qualcuno di voi ha notato quanto seducente possa essere l’etica della violenza redentrice anche o specialmente per le nazioni che prendono lo status di “città sopra un monte”?). Una storia della Genesi è fondamentale per capire questo: Abele incontra una fine violenta per mano di suo fratello Caino. Quando Dio chiede a Caino dove sia suo fratello, Caino da una risposta in stile impero babilonese: “Non lo so. Sono il custode di mio fratello?” Nel suo ‘Come Out, My People: God’s Call out of Empire in the Bible and Beyond’ [Vieni via, mio popolo: la chiamata di Dio a lasciare l’Impero nella Bibbia e oltre], Wes Howard-Brook sottolinea l’impatto di questo passaggio, segnalando che con tale domanda e con la risposta di Caino “la Genesi mina la pretesa di Babilonia di una violenza autorizzata da Dio”. L’assassino non ha scampo quando deve affrontare questa domanda perché c’è qualcuno che sente il lamento del sangue della vittima. Queste parole, valide per l’intera storia dell’umanità, proteggono la persona dagli altri come creatura di Dio. Nessuna storia di copertura, nessuna regola d’ingaggio, può giustificare l’atto di Caino. Dio sente il pianto delle vittime dal terreno insanguinato. E, possiamo aggiungere, anche dalle strade e dai marciapiedi macchiati di sangue di Baghdad. Howard-Brook sostiene che i “miti” biblici possono ancora oggi gettare luce sul comportamento, e il cattivo comportamento, umano. Non sto suggerendo che Bradley Manning sia stato consapevolmente motivato dalla storia della Genesi a proposito del “custode di mio fratello”. Sarebbe una buona domanda da porgli. Ma penso effettivamente che questa storia/mito possa essere sia di guida sia di ammonimento su come noi umani dobbiamo trattarci reciprocamente. Manning e Golia Avendo appena iniziato il suo quarto anno in carcere, sta cominciando oggi, con l’avvio dell’effettiva corte marziale contro Bradley Manning a Ft. Meade, il “processo rapido” che è diritto di ogni cittadino. Un’abbondanza di offese ha macchiato la procedura preprocessuale. Forse la più vergognosa parodia della giustizia si è verificata il 21 aprile 2011 con quella che potrebbe essere la “madre di tutte le affermazioni sull’influenza del comando”. A una raccolta di fondi a San Francisco, il Comandante in Capo Barack Obama è stato registrato mentre affermava che Manning “ha infranto la legge”. Prendendo l’imbeccata dal loro comandante, zelanti pubblici ministeri dell’esercito giù giù per la catena di comando stanno rovesciando ogni genere di accusa contro Manning, accusandolo persino di aver “aiutato il nemico” e sollecitando l’ergastolo. L’obiettivo dell’amministrazione Obama è trasparente. Ha poco a che vedere con la legge ma è piuttosto mirato a dare una dimostrazione pratica nel caso Manning. L’amministrazione vuole dissuadere altri rivelatori di verità che possano essere tentati di svelare informazioni classificate segrete per celare oppressioni e abusi tra cui, in questo caso, crimini di guerra statunitensi. Nonostante tutto questo Manning ha conservato il suo sangue freddo. I lettori possono non averlo saputo dai “media convenzionali”, ma il 28 febbraio 2013, quando a Manning è stata finalmente data una possibilità di parlare, dopo innumerevoli sessioni “preprocessuali” del tribunale militare, egli ha detto questo: “Il video [dell’attacco del 12 luglio 2007 dell’elicottero Apache] mostrava diverse persone attaccate da una squadra aerea armata. All’inizio non ho considerato il video molto speciale, perché ho visto innumerevoli altri video di pornografia bellica che mostrano combattimenti. Tuttavia la registrazione dei commenti audio da parte dell’equipaggio della squadra aerea e il secondo attacco nel video di un furgone disarmato mi hanno disturbato …” “Il fatto che né il CENTCOM nè la Forza Multinazionale Iraq ( MNF-I ) volessero volontariamente diffondere il video mi ha turbato ulteriormente. Mi è stato chiaro che l’evento aveva avuto luogo perché la squadra aerea aveva erroneamente identificato dipendenti della Reuter come potenziale minaccia e che le persone del furgono stavano semplicemente tentando di assistere i feriti.” “Le persone nel furgone non erano una minaccia ma semplicemente “buoni samaritani”. L’aspetto più allarmante del video per me, tuttavia, è stata l’apparentemente deliziata sete di sangue che loro i membri della squadra mostravano di avere.” “Ciò ha privato di umanità le persone che stavano attaccando ed è sembrato che abbiano riconosciuto valore alla vita umana riferendosi a loro come ‘bastardi morti’ e congratulandosi reciprocamente per l’abilità nell’uccidere in grande numero. A un certo punto c’è una persona sul terreno che tenta di trascinarsi in salvo. La persona è gravemente ferita.” “Invece di chiamare assistenza medica nella località uno dei membri dell’equipaggio della squadra aerea chiede ad alta voce che il ferito raccolga un’arma in modo da avere un motivo per attaccarlo. Per me, questo è simile a un bambino che tortura le formiche con una lente d’ingrandimento.” “Rattristato dalla mancanza di considerazione per la vita umana da parte dell’equipaggio della squadra aerea, sono stato turbato dalla reazione alla scoperta di bambini feriti sulla scena. Nel video si può vedere il furgone che si avvicina per assistere il ferito. Per tutta risposta l’equipaggio della squadra aerea … chiede ripetutamente l’autorizzazione ad aprire il fuoco sul furgone e, una volta ottenuta, spara sul veicolo almeno sei volte.” “Poco dopo il secondo attacco, un’unità della fanteria meccanizzata arriva sulla scena. Nel giro di minuti l’equipaggio della squadra aerea apprende che sul furgone c’erano dei bambini e nonostante i feriti l’equipaggio non mostra rimorso. Minimizza invece il significato delle proprie azioni affermando, cito, ‘Beh, è colpa loro se portano i loro bambini in battaglia’, fine della citazione.” “I membri dell’equipaggio della squadra aerea sembrano mancare di compassione per i bambini o per i genitori. Successivamente, in modo particolarmente inquietante, la squadra aerea dà voce al godimento nel vedere uno dei veicoli sul terreno passare sopra un corpo, o uno dei corpi. Proseguendo la mia ricerca ho trovato un articolo che esaminava il libro ‘The Good Soldiers’ [I buoni soldati], scritto dal giornalista del Washington Post David Finkel.” “Nel suo libro il signor Finkel scrive dell’attacco della squadra aerea. Nel leggere un estratto in rete del libro su Google Books, ho seguito il resoconto del signor Finkel dell’evento relativo al video. Mi sono reso rapidamente conto che il signor Finkel citava, ritengo alla lettera, le comunicazioni audio dell’equipaggio della squadra aerea.” “Mi è chiaro che il signor Finkel ha avuto accesso a una copia del video nel corso del suo incarico di giornalista al seguito. Sono rimasto inorridito dalla versione del signor Finkel dell’incidente. Leggendo il suo resoconto si riterrebbe che l’attacco fosse in qualche modo giustificato come ‘ritorsione’ per un precedente attacco che aveva portato alla morte di un soldato … Per me è tutto un grande caos, e sono lasciato a chiedermi cosa significhino queste cose, e come tutto se incastri. Mi affligge emotivamente …” “Speravo che il pubblico fosse allarmato quanto me dalla condotta dei membri dell’equipaggio della squadra aerea. Volevo che il pubblico statunitense sapesse che non tutti in Iraq e in Afghanistan sono bersagli da neutralizzare, bensì piuttosto persone che lottano per vivere nell’ambiente da pentola a pressione di quella che chiamiamo guerra asimmetrica.” Informazioni pericolose Un commento finale o due prima di recarmi all’inizio del processo a Manning. Non è trasparente che cosa il nostro governo vuole tenerci celato? Non è una scommessa vinta in partenza che le procedure della corte saranno orchestrate in modo tale che ciò che resta celato non sarà rivelato? Ma la verità ha un modo per trapelare. Ho fiducia che ci riuscirà. Amici del gruppo Los Angeles Catholic Worker hanno dato un tocco leggero a questo tema molto grave con adesivo per i paraurti che dice: “Gesù ama WikiLeaks Marco 4:22”. Ecco il versetto di Marco: “Non c’è nulla infatti di nascosto che non debba essere manifestato e nulla di segreto che non debba essere messo in luce.” Il che suscita la domanda: dove sono i leader delle istituzioni cristiane in tutto questo? Silenzio assordante. A volte ci vuole un estraneo compassionevole ma veritiero per gettare luce sul nostro paese, sui suoi leader e sulle sue politiche. Dopo gli attacchi dell’11 settembre il vescovo del Sud Africa Peter Storey, per lungo tempo oppositore impavido del precedente regime dell’apartheid, ha offerto queste parole profetiche: “Ho spesso suggerito ai cristiani statunitensi che l’unico modo per comprendere la loro missione consiste nel chiedersi cosa possa aver significato essere testimoni fedeli di Cristo nel cuore dell’Impero Romano… “ “I predicatori statunitensi hanno forse un compito più difficile di quello affrontato da noi sotto l’apartheid sudafricano o dai cristiani sotto il comunismo. Noi abbiamo avuto mali evidenti con cui confrontarci; voi dovete liberare la vostra cultura da anni di miti rosso, bianco e blu.” “Dovete denunciare, e contrastare, la grande separazione tra la gentilezza, compassione e premura per gli altri della maggior parte del popolo statunitense e il modo feroce in cui il potere statunitense è sperimentato, direttamente o indirettamente, dai poveri della terra. Dovete aiutare la gente buona a vedere come hanno permesso alle proprie istituzioni di peccare nel suo nome.” “Questo non è facile in mezzo a persone che credono davvero che il loro paese non faccia altro che bene. Ma è necessario, non solo per il loro futuro, ma per noi tutti. In tutto il mondo ci sono quelli che credono nella fondamentale bontà del popolo statunitense, che si tormentano con voi nel vostro dolore, ma aspirano anche a vedere la vostra bontà umana tradotta in un modo diverso, più compassionevole di rapportarvi con il resto di questo pianeta che sanguina.” Un momento carismatico Bradley Manning ci ha donato un momento carismatico una fede cristiana nella consacrazione totale a Gesù e un’occasione di riflettere su tutto questo. Sta a noi ora sfatare il mito rosso, bianco e blu e chiederci se siamo all’altezza di assumere il genere di rischi richiesti dai tempi, se davvero crediamo di essere “il custode di nostro fratello”. Nel cercare di fare del nostro meglio, sabato, per agitare le nostre bandiere di Veterani per la Pace, ho ripensato al discorso del 23 maggio del presidente sui droni e su Guantanamo. Con otto bandiere statunitense dietro di lui e una sul bavero, Barack Obama ha citato gli “spietati demagoghi che lordano la storia”. Ha poi aggiunto che “la bandiera degli Stati Uniti sventolerà dai piccoli cimiteri di paese … fino agli avamposti lontani all’estero. E quella bandiera continuerà a essere un simbolo di libertà”. E ho pensato all’osservazione dello scomparso Howard Zinn: “Non c’è bandiera grande abbastanza per coprire la vergogna dell’uccisione di innocenti.” Obama ha concluso il suo lungo discorso con il suo consueto: “E possa Dio benedire gli Stati Uniti d’America”. Se c’è un Dio di Giustizia (e io credo che ci sia), corriamo il rischio di perdere quella benedizione, a meno che e fintanto che non smetteremo di svolgere il ruolo del Caino portato alla violenza; cioè, se non riconosceremo, come ha fatto Bradley Manning, il mandato di custodi, non di oppressori, dei nostri fratelli e sorelle. Dio non si farà prendere in giro né ingannare dallo sventolio di una bandiera. Una versione precedente di questo articolo è apparsa inizialmente su Consortiumnews.com Ray McGovern lavora con Tell the World [Ditelo al mondo], il ramo editoriale della Chiesa Ecumenica del Salvatore di Washington, DC. Nel corso della sua carriera di analista della CIA ha preparato e presentato l’Aggiornamento Quotidiano del presidente ed è stato presidente del National Intelligence Estimates [Valutazioni della comunità nazionale dei servizi d’informazione]. E’ membro del Gruppo di Direzione dei Veteran Intelligence Professionals for Sanity (VIPS) [Professionisti veterani dei servizi d’informazione per l’integrità]. Da Z Net Lo spirito della resistenza è vivo www.znetitaly.org Fonte: http://www.zcommunications.org/moral-imperative-of-bradley-manning-by-ray-mcgovern Originale: Common Dreams
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