*Potete leggere la dichiarazione di Bradley Manning al processo: http://www.alexaobrien.com/secondsight/wikileaks/bradley_manning/pfc_bradley_e_manning_ providence_hearing_statement.html johnpilger.com
Il Coraggio di Bradley Manning Ispirerà Altri Informatori? Il momento critico del processo politico del secolo è stato quando, il 28 febbraio, Bradley Manning si è alzato e ha spiegato perché aveva rischiato la vita per divulgare decine di migliaia di documenti ufficiali. È stata un dichiarazione di moralità, coscienza e verità: le vere qualità che distinguono gli esseri umani. Non è stata considerata una notizia importante in America e se non fosse stato per Alexa O’Brien, una giornalista freelance indipendente, la voce di Manning sarebbe stata taciuta. Lavorando tutta la notte, la O’Brien ha trascritto e diffuso ogni parola. È un documento raro ed eloquente*. Descrivendo un attacco a Baghdad nel 2007 da parte dell’equipaggio di un elicottero Apache che filmava i civili mentre li uccidevano e li ferivano, Manning ha detto: “Per me, l’aspetto più allarmante del video era l’apparente squisita sete di sangue che sembravano avere. Sembravano non dare valore alla vita umana chiamandoli ‘morti bastardi’ e congratulandosi tra di loro per la loro abilità di uccidere in gran numero. Ad un certo punto del video c’è un individuo a terra, gravemente ferito, che cerca di trascinarsi al riparo … Per me, ciò assomiglia molto a un bambino che tortura delle formiche con una lente di ingrandimento”. Sperava che “il pubblico fosse allarmato quanto lui” nei confronti di un crimine che, come rivelato dalle informazioni da lui divulgate in seguito, non era un’anomalia. Bradley Manning è un informatore di sani principi e che dice la verità che è stato diffamato e torturato e Amnesty International ha bisogno di spiegare al mondo perché non lo abbia adottato come prigioniero di coscienza; o Amnesty, diversamente da Manning, viene minacciata da poteri criminali? “Qui a Fort Meade, sembra un funerale”, mi ha detto Alexa O’Brien. “Il governo americano vuole seppellire vivo Manning. È un ragazzo serio e coscienzioso senza un grammo di falsità. I media principali sono infine arrivati il giorno del verdetto. Si sono presentati per uno scontro tra gladiatori per veder sfilare il guanto, i pollici verso il basso”. La natura criminale dell’esercito militare è fuori discussione. I decenni di bombardamenti illegali, l’uso di armi velenose sulla popolazione civile, le torture ad Abu Graib, Guantanemo e in ogni altro posto, sono tutte documentate. Come un giovane cronista di guerra in Indocina, mi è venuto in mente che l’America ha esportato le sue nevrosi omicide e le ha chiamate guerra, anche una nobile causa. Come l’attacco Apache, il famigerato massacro del 1968 a My Lai non è stato atipico. Nella stessa provincia, Quang Ngai, ho raccolto le prove di un ampio sterminio: migliaia di uomini, donne e bambini uccisi in maniera arbitraria ed anonima nelle “zone di libero fuoco”. In Iraq, ho filmato un pastore il cui fratello e famiglia erano stati uccisi da un aereo americano, all’aperto. Questo era sport. In Afghanistan, ho ripreso una donna la cui casa dai muri di terra e la sua famiglia erano stati annientati da una bomba da 500 libbre. Non c’era nessun “nemico”. La mia riserva di video scoppia di simili prove. Nel 2010, il soldato semplice Manning ha servito l’umanità fornendo prove dall’interno della macchina omicida. Questo è il suo trionfo e il suo processo mostra semplicemente il timore di un potere corrotto dell’eventualità che la gente venga a sapere. Inoltre, esso fa luce sull’industria parassita attorno a chi dice la verità. Il personaggio di Manning è stato dissezionato e offeso da coloro che non lo hanno mai conosciuto e pretendono di sostenerlo. Il film We Steal Secrets: the Story of WikiLeaks trasforma un giovane ed eroico soldato in un “alienato, solo, molto bisognoso” caso psichiatrico con una “crisi d’identità” perché “si trovava nel corpo sbagliato e voleva essere una donna”. Così ha parlato Alex Gibney, il regista, le cui oscene psico-ciance hanno trovato ascolto in media troppo docili, stupidi o pigri per sfidarne il lancio e comprendere che le ombre in cui si imbattono gli informatori potrebbero raggiungere anche loro. A partire dal suo titolo disonesto, il film di Gibney ha mosso un’aspra critica nei confronti di Manning, di Julian Assange e WikiLeaks. Il messaggio era familiare: chi non è seriamente d’accordo è un mostro. Il meticoloso rapporto del coraggio politico ed etico di Manning fatto da Alexa O’Brien demolisce l’insulto. Nel film di Gibney, i politici statunitensi ed il presidente dello stato maggiore congiunto hanno in programma di ripetere, incontrastati, che, pubblicando le informazioni di Manning, WikiLeaks e Assange hanno messo a rischio la vita degli informatori e che si sono “macchiati le mani di sangue”. Il 1° agosto, il The Guardian ha riportato: “Nessuna prova di morti causate dalle rivelazioni di WikiLeaks, secondo la corte”. Il generale del Pentagono che ha eseguito un’indagine di 10 mesi sull’impatto su scala mondiale della diffusione di informazioni ha riportato che non un singolo decesso può essere attribuito alle divulgazioni. Tuttavia, nel film, il giornalista Nick Davies descrive un Assange senza cuore che non ha previsto nessun “piano per ridurre i danni”. Ho interpellato il regista Mark Davis al riguardo. Emittente rispettato della SBS Australia, Davis è stato un testimone oculare, accompagnando Assange nel corso di gran parte della preparazione dei documenti divulgati per la loro pubblicazione su The Guardian e il New York Times. Il suo filmato compare nella pellicola di Gibney. Mi ha detto: “Assange è stato l’unico a lavorare giorno e notte per estrarre 10.000 nomi di persone che avrebbero potuto essere prese di mira dalle rivelazioni nei registri”. Mentre Manning affronta la sua vita in prigione, sembra che Gibney stia pensando ad un film per Hollywood: c’è in ballo una biografia di Assange, insieme alla versione hollywoodiana del libro di pettegolezzo di David Leigh e Luke Harding sulla “caduta” di WikiLeaks. Approfittando dell’audacia, della sagacia e della sofferenza di coloro che si rifiutano di farsi addomesticare, finiranno tutti nella pattumiera della storia. Perché l’ispirazione dei futuri informatori appartiene a Bradley Manning, Julian Assange, Edward Snowden e alla gente di WikiLeaks, i cui risultati sono senza pari. Il salvataggio di Snowden è più che altro un trionfo di WikiLeaks: un thriller troppo bello per Hollywood perché il suo eroe è reale. John Pilger Fonte: http://johnpilger.com Link: http://johnpilger.com/articles/the-courage-of-bradley-manning-will-inspire-others-to-seize-their-moment-of-truth 8.08.2013
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