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mercoledì 9 ottobre 2013 09:17

Gaza Ark: Romperemo il blocco israeliano

L'Arca di Gaza sfida Israele vendendo all'estero i prodotti palestinesi. Freedom Flotilla Coalition: "Salperemo dalla Palestina verso il commercio equo e solidale".

di Giovanni Vigna

Mantova, 9 ottobre 2013, Nena News - "Se la montagna non va a Maometto, Maometto va alla montagna". Per spiegare il nuovo importante progetto della Freedom Flotilla Coalition può essere utile richiamare uno dei famosi detti attribuiti a Maometto, profeta della religione musulmana. L'obiettivo dell'Arca di Gaza (Gaza's Ark) non è portare nella città palestinese aiuti umanitari stipati su varie imbarcazioni, tentando di forzare il blocco navale come è avvenuto in occasione delle precedenti spedizioni della Freedom Flotilla. Dopo i primi successi riportati dalle navi targate "Free Gaza Movement" (a bordo di una delle quali, nel 2008, arrivò in Palestina anche Vittorio Arrigoni), le altre sono state fermate dalla Marina israeliana. 

Lo scopo dell'Arca, questa volta, è percorrere il tragitto inverso, facendo uscire dal porto palestinese i prodotti locali al fine di creare una rete commerciale con Paesi stranieri e di costruire una speranza per la popolazione della Striscia di Gaza. Ne abbiamo parlato con David Heap, portavoce per l'Europa e il Canada della campagna "Arca di Gaza" e docente di linguistica presso l'Università di Western Ontario in Canada. Heap ci ha illustrato il progetto che ha il compito di accendere i riflettori sulle disumane condizioni di vita a Gaza.

"La coalizione internazionale Freedom Flotilla - ci spiega Heap - è un movimento di solidarietà tra persone che parte dal basso ed è composto da campagne e iniziative promosse in tutte le parti del mondo. I membri della coalizione lavorano insieme per porre fine all'assedio di Gaza". La campagna internazionale prevede la ristrutturazione di un grande peschereccio per convertirlo in un cargo usando le risorse di cui dispone la Freedom Flotilla Coalition: "Un equipaggio di attivisti internazionali e palestinesi salperà da Gaza, l'unico porto del Mediterraneo chiuso alla navigazione, per trasportare prodotti locali in modo da realizzare accordi commerciali con compratori internazionali e sfidare il blocco illegale e disumano imposto dal governo israeliano". 

Il motto di questa iniziativa pacifista e non violenta è "Commercio, non aiuti", a sottolineare il diritto fondamentale dei palestinesi alla libertà di movimento. Quali merci saranno esportate? "La nostra offerta iniziale (per saperne di più visitate il sito dell'Arca di Gaza , ndr) comprende alimenti come prodotti a base di datteri (sciroppo di datteri e pasta di datteri), spezie e cereali, prodotti artigianali derivanti dal ricamo e dalla lavorazione del legno. Questi sono solo alcuni esempi, potremo espandere la nostra offerta in futuro, ma abbiamo già riscontrato un forte interesse verso l'acquisto dei prodotti da parte di diversi gruppi in Europa e in altre parti del mondo. Trasporteremo merci anche dalla Cisgiordania e da Gerusalemme, dato che Gaza è attualmente l'unico porto marittimo palestinese". 

Il recente aggravarsi dell'isolamento della Striscia di Gaza ha, ovviamente, aumentato le difficoltà, ma gli attivisti dell'Arca possono contare sull'esperienza del passato. "Un'iniziativa come questa - afferma Heap - deve affrontare molte sfide. I membri della nostra coalizione hanno già comprato e allestito barche in passato, in Grecia e in Turchia per esempio. Nessuna organizzazione internazionale ha mai comprato un'imbarcazione a Gaza per un simile viaggio internazionale, quindi ogni passo che facciamo è del tutto nuovo per ognuna delle persone coinvolte e questo richiede molto tempo. L'aggravamento del blocco rende più arduo ottenere forniture per lavorare sulla nostra barca. Il nostro obiettivo è salpare la prossima primavera". 

Chiediamo a Heap quale sia la condizione dei palestinesi nella Striscia di Gaza: "Mentre la libertà di movimento per i palestinesi è sotto attacco da oltre vent'anni, in modo particolare a Gaza, il blocco è peggiorato considerevolmente pochi mesi fa dopo il colpo di stato militare in Egitto. Il diritto a viaggiare dentro e fuori dalla Palestina, per qualsiasi scopo, è fortemente limitato e la vita all'interno di Gaza risulta pesantemente influenzata dalla carenza e dall'aumento del prezzo del carburante e di altri beni di prima necessità. Le interruzioni della corrente elettrica sono aumentate, mettendo in seria difficoltà le comunicazioni così come i servizi sanitari essenziali. La situazione è disastrosa". In un simile contesto, sottolinea Heap, è importante ricordare che la risposta umanitaria non può affrontare alla radice le cause del problema, che sono fondamentalmente politiche: "Questo è il motivo per cui dobbiamo continuare a fare pressioni con continue azioni dirette, come l'Arca di Gaza, per sostenere i diritti umani dei palestinesi". 

La chiusura del valico di Rafah e dei tunnel sotterranei, che rappresentano le vie di comunicazione tra Gaza e l'Egitto, ha contribuito a mettere in ginocchio la popolazione locale. Perché il governo egiziano ha preso questa decisione? "Le autorità militari si basano spesso sulla xenofobia per giustificare la repressione delle libertà civili. Il golpe militare in Egitto colpisce i palestinesi con una repressione più forte di prima. Le forze militari egiziane hanno rafforzato anche il blocco israeliano su Gaza, seguendo le istruzioni di Washington, che non sono cambiate in tutti questi anni. Con il governo eletto 'fuori dai giochi', adesso le autorità egiziane possono apertamente fare ciò per cui sono pagate, per il fatto di ricevere generosi aiuti militari dagli Stati Uniti: soffocare ulteriormente i palestinesi di Gaza e la loro economia". 

Il progetto dell'Arca di Gaza ha una componente italiana. "Ci rivolgiamo alla società civile che vuole mettersi in gioco - osserva Paola Mandato, portavoce di Freedom Flotilla Italia - Facciamo affidamento sulle associazioni che si occupano del commercio equo e solidale e che intendono mettersi in contatto con l'Arca di Gaza. Stiamo lavorando con una squadra di avvocati per redigere contratti commerciali che rispettino le norme vigenti, in modo tale da poter richiedere alle istituzioni italiane, se ce ne fosse bisogno, di tutelare il nostro diritto a ricevere i prodotti palestinesi acquistati dall'Italia. Gli altri Paesi coinvolti nella campagna sono impegnati sul medesimo obiettivo. Tra qualche settimana saremo in grado di fornire dettagli più precisi sulle modalità per aderire all'iniziativa". 

Chi volesse acquistare le merci palestinesi o contribuire, con donazioni ed eventi locali, al progetto dell'Arca di Gaza, può seguire le indicazioni contenute nel sito www.gazaark.org. Nena News