http://www.resistenze.org
26/08/2013

Mohamed Hassan: L'Egitto non sarà mai più ciò che era al tempo di Mubarak
di Mario Franssen
Traduzione a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

La situazione in Egitto impressiona il mondo intero e c'è molta posta in gioco. Mario Franssen, del movimento sociale di solidarietà "Intal", ha intervistato l'esperto di Africa e Medio Oriente, Mohamed Hassan, per cercare le cause storiche degli eventi attuali e vedere quali sono le prospettive per il futuro dell'Egitto.

Per cominciare, un po' di cenni storici.

Mohamed Hassan. In realtà, fino al 1952, l'Egitto è stato una neo-colonia della Gran Bretagna. L'economia corrispondeva completamente alle necessità della metropoli coloniale. Il paese era diretto dal re ed era rimasto una società feudale. Duemila grandi proprietari terrieri controllavano circa l'80 % delle terre e il 20 % restante era alle mani di due milioni di agricoltori. La produzione agricola consisteva soprattutto in cotone, in funzione dell'industria tessile britannica. La maggioranza schiacciante della popolazione viveva nella povertà.  

A partire dalla seconda guerra mondiale, la gente si è opposta a questa situazione. Nel 1950, durante gli scontri con le truppe reali, la capitale Il Cairo è stata incendiata. Le proteste erano dirette da diverse organizzazioni, dai soldati nazionalistici e dai Fratelli Musulmani nati nel 1928, fino ai comunisti, che si appoggiavano all'Unione Sovietica, che aveva appena sconfitto il fascismo. Ufficiali insoddisfatti dell'esercito si sono aggiunti ai contestatori ed hanno sovvertito la monarchia. Dopo alcuni anni turbolenti durante i quali i Fratelli Musulmani commettevano il mancato attentato contro Gamal Abdel Nasser, il capo di fatto degli ufficiali nazionalisti egiziani, quest'ultimo prendeva il potere nel 1956 e diventava presidente.

Di conseguenza, l'Egitto imboccava risolutamente la via dello sviluppo indipendente. In sedici anni, Nasser riusciva a trasformare completamente il paese che, da semi-colonia, si trasformava in colonia emergente, presto rispettata in tutto il mondo. 300.000 ettari di terre furono strappate ai grandi proprietari terrieri e ridistribuite fra i contadini senza terra. Furono create cooperative che ricevevano tutto il sostegno possibile: macchine, sementi, prestiti senza interesse e lavori d'infrastruttura su larga scala per l'irrigazione dei campi. Tutto ciò fu reso possibile dalla costruzione della diga di Assuan, nel sud del paese. Pertanto, l'Egitto riusciva a garantire l'85% del suo approvvigionamento alimentare. Beneficiava anche di un inizio d'industrializzazione. Congiuntamente allo sviluppo dell'agricoltura, si riduceva la disoccupazione e l'istruzione come il settore sanitario facevano grossi passi avanti.

A livello internazionale, l'Egitto sosteneva il nazionalismo arabo e l'anti-imperialismo, con la nazionalizzazione del canale di Suez come azione principale. È per questo che nel 1956, l'Egitto fu attaccato da Inghilterra, Francia e Israele. Alla fine, l'Egitto uscì vittorioso da questo conflitto. Di conseguenza, il canale di Suez diventava una fonte importante di valuta estera. Il prestigio dell'Egitto nella regione aumentava ancora di più grazie all'opposizione dell'Egitto stesso alla colonizzazione della Palestina da parte di Israele e al sostegno di Nasser all'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP).

Come si è evoluto l'Egitto dopo la morte di Nasser, nel 1970?

Mohamed Hassan. Il vicepresidente Nasser, Anouar el-Sadat, è divenuto presidente. Molto rapidamente, è diventato chiaro che l'Egitto stava cambiando il suo corso. Durante la guerra dei Sei Giorni (1967), Israele occupava il deserto egiziano del Sinaï. Nei negoziati che seguivano, Sadat passava completamente nel campo degli Stati Uniti e di Israele. La decisione veniva sigillata negli accordi di Camp David, nel settembre 1978. L'Egitto perdeva allora ogni credito nell'ambito del mondo arabo.

Nel corso dei quattro decenni successivi la scomparsa di Nasser, innanzitutto sotto Sadat – dal 1970 al 1981 – ed in seguito sotto Mubarak – dal 1981 al 2010 – l'economia nazionale fu completamente smantellata e l'Egitto divenne un deserto sociale. Oggi, per il suo approvvigionamento alimentare, il paese dipende completamente dall'estero. Le aziende di Stato sono state vendute per un tozzo di pane ad investitori privati, soprattutto degli amici e dei parenti dei responsabili corrotti del potere.

Il risultato di tutto ciò è stato un'importante disoccupazione. Oggi, l'1% degli Egiziani controlla l'80% della ricchezza, mentre il 50% della popolazione vive nella povertà e 8 milioni di Egiziani non dispongono neppure di un alloggio rispettabile.

Era questione di vita politica, durante questo periodo?

Mohamed Hassan. Per contrastare la resistenza del nazionalismo arabo e dell'influenza rimanente di Nasser, Sadat decideva dopo alcuni anni di islamizzare la società.

I Fratelli Musulmani, che erano in prigione sotto Nasser, furono liberati. Ufficialmente, tuttavia, restavano fuori legge, ma ebbero comunque l'occasione di organizzare una rete sociale, con ospedali, scuole, lavoro sociale e distribuzioni alimentari, il tutto basato sulla carità e sulla religione. In tal modo sono riusciti a costruirsi una base di massa. Attraverso alleanze con i partiti legali, essi potevano ottenere un certo numero di seggi in Parlamento. In tal modo, Sadat tentava di togliere l'eredità nasseriana dalla memoria collettiva degli Egiziani e di sostituirla con un'ideologia che non costituiva una minaccia per i rapporti di forza esistenti.

L'Egitto svendeva anche la sua autonomia militare e diventava completamente dipendente dal sostegno degli Stati Uniti. In 40 anni, questo sostegno ha raggiunto i 60 miliardi di dollari (1,5 miliardi all'anno, ndr), soprattutto utilizzati per l'acquisto di materiale da guerra presso le aziende miliari degli Stati Uniti. Inoltre, programmi d'addestramento e manovre comuni.

L'Egitto diventava così una pedina importante nelle guerre contro l'Iraq – nel 1990 e nel 2003 – durante le quali il paese apriva tanto il canale di Suez, che il suo spazio aereo, all'esercito americano. I medici militari egiziani andavano in Afghanistan per curare i soldati americani feriti che, in preda al terrore, furono presi in consegna in Egitto sotto il controllo della CIA. Infine, dopo l'elezione di Hamas, il passaggio frontaliero verso Gaza fu chiuso, in accordo con Israele.

Nell'Egitto è stato organizzato un vero Stato di polizia. Nel 1980, Sadat fece arrestare 1.500 intellettuali e uomini politici e proclamò lo Stato di emergenza a favore della lotta contro "l'estremismo". La costituzione fu sospesa ed il paese diretto a colpi di decreti presidenziali. Concludendo, tutto ciò è durato trenta anni, fino alla caduta di Mubarak, nel 2011.

In che misura l'Egitto è cambiato in questa rivolta?

Mohamed Hassan. Innanzitutto, i detentori del potere del regime hanno ancora provato a mantenere il loro controllo accrescendo lo Stato di emergenza e lasciando cadere Mubarak. Hanno portato avanti sostituti dai loro stessi ambienti: inizialmente il vicepresidente Soeleyman, quindi il generale Tantawi ed un altro membro del consiglio militare, Shafik. Allo stesso tempo, hanno continuato a fare ogni sforzo per gettare maggiore discredito possibile sulle proteste e scalzarle. Ma il popolo voleva un vero cambiamento e ha dunque continuato a protestare. Concludendo, si sono svolte le elezioni: elezioni politiche a fine 2011 ed elezioni presidenziali nel maggio 2012.

In questo periodo transitorio, la grande coalizione contro Mubarak si è disintegrata. Lo spazio democratico ristretto che si era creato, fu riempito da decine di partiti che, spesso, erano stati vietati durante i decenni precedenti. Inoltre molti giovani intellettuali, in parte attirati dal pensiero ideologico occidentale diffuso dalle ONG, hanno tentato di organizzarsi. Ma i Fratelli Musulmani erano gli unici con una vera e propria forza organizzativa e una base reale tra gli strati più poveri e attraverso le loro reti sociali. Così hanno facilmente vinto le elezioni parlamentari. Ma i fedeli di Mubarak non hanno mai rinunciato realmente alle loro enormi proprietà ed alle loro posizioni nell'ambito dell'apparato dello Stato. Hanno continuato ad esercitare una grande influenza. I risultati della prima tornata delle elezioni presidenziali hanno molto bene riflesso le relazioni di forza tra i due blocchi di potere: due partigiani dell'islam politico, Morsi, dei Fratelli Musulmani e Abdel Moneim Aboul Fotouh, un candidato indipendente che si era separato dai Fratelli Musulmani, ottenevano rispettivamente il 24,7 % e il 17,5 %. I vecchi fedeli di Mubarak, come Shafik e Amr Moussa ottenevano ancora rispettivamente il 23,6 % e l'11 %, mentre il candidato dei giovani intellettuali e di un fronte di partiti di sinistra, Hamdeen Sabahi, doveva accontentarsi del 20,7 %. Al secondo turno, Morsi ottenne il 51,7 %, contro il 48,3 % per Shafik.

Un anno dopo la sua elezione, milioni di Egiziani scendevano nelle vie esigendo le dimissioni di Morsi. Come lo spiegate?

Mohamed Hassan. Innanzitutto, i Fratelli Musulmani non sono riusciti a cambiare nulla della vita quotidiana e della immensa povertà nella quale vivevano gli Egiziani e la maggioranza erano loro elettori. Lo si è anche visto nelle innumerevoli manifestazioni, scioperi e conflitti sociali che non si sono fermati (nella prima metà del 2013, più di 5.500, ndr) e che i Fratelli Musulmani stessi hanno voluto reprimere. Secondo, hanno utilizzato la loro maggioranza in Parlamento per far passare una costituzione a loro misura e per imporre la loro volontà a tutti gli altri gruppi politici. Terzo, la classe dirigente dei Fratelli Musulmani si è convinta che fosse il suo turno di appropriarsi della ricchezza economica del paese, ricchezza che, fino ad oggi, è sempre nelle mani della vecchia elite "moubarakese" e della dirigenza dell'esercito. E questi ultimi hanno reagito con una campagna contro i Fratelli Musulmani, che ha determinato "la madre di tutte le manipolazioni".

Naturalmente, questi milioni di Egiziani non sarebbero mai scesi in piazza il 30 giugno, se non fossero stati fondamentalmente insoddisfatti della politica di Morsi. Giovani con un'istruzione superiore, ma poca formazione politica e che non avevano un futuro nell'Egitto d'oggi, erano già molto attivi a metà del 2000, per solidarietà con la lotta dei lavoratori del settore tessile. Erano attivi nei social network e sono stati una forza motrice per le prime mobilizzazioni in piazza Tahrir.

Tamarod, un'organizzazione fondata alla fine dell'aprile 2013, ha lanciato una petizione contro la politica del presidente Morsi. È quest'iniziativa che ha rappresentato l'avvio della grande manifestazione del 30 giugno. Ma i vecchi fedeli di Mubarak hanno portato tutto il loro peso dietro questo movimento di massa e la dirigenza dell'esercito utilizza questo movimento popolare come un un assegno in bianco per condurre un vera contro-rivoluzione. La strategia che applica è stata già utilizzata in Cile nel 1973, dalla CIA: attizzare i disordini sociali per finalmente afferrare il potere tramite l'esercito.

Oggi, hanno anche utilizzato la creatività di cui la gente aveva dato prova nel 2011 per proteggersi dai servizi di sicurezza: i comitati popolari costituiti all'epoca ora sono diretti contro i Fratelli Musulmani!

Il violento scontro tra i Fratelli Musulmani ed i servizi di sicurezza, che ha seguito la destituzione del presidente Morsi il 3 luglio, era inevitabile. Si tratta di una lotta tra due blocchi di potere borghese che si disputano tutti e due non soltanto il potere politico, ma anche il potere economico.  

Gli Stati Uniti e l'Europa disapprovano l'intervento dell'esercito, ma non intervengono realmente. Perché?

Mohamed Hassan. L'Egitto è un paese strategico, per gli Stati Uniti. C'è l'accordo di Camp David con Israele, il canale di Suez, molto importante sul piano economico e militare, ci sono i nuovi accordi di collaborazione militare, la lotta contro il terrorismo, il sostegno diplomatico dell'Egitto… Gli Stati Uniti non possono permettersi di perdere il controllo, né di trovarsi nuovamente in una situazione come quella dell'Egitto sotto Nasser. Per 40 anni, l'esercito è stato il principale strumento di Washington per mantanere l'Egitto nel loro campo. Il colpo di Stato dell'esercito ed il ripristino dello Stato di emergenza, non costituisce dunque problema, per gli Stati Uniti. I Fratelli Musulmani o l'esercito, che importa, i loro interessi sono garantiti.

Come vedi la situazione dell'Egitto?

Mohamed Hassan. La protesta cominciata nel 2011 è sempre in sviluppo. L'esercito ed i vecchi detentori delle leve economiche compiono enormi sforzi per controllare la rabbia popolare ed incanalarla in una direzione che non minacci il loro potere. In tal modo, possono guadagnare tempo, ma non possono neppure proporre soluzioni ai veri problemi degli Egiziani.

A causa della violenza, la contraddizione tra i fratelli musulmani ed il resto della società è spinta al parossismo. Ma i progressisti non devono cadere in questa trappola. Devono rendersi conto che la maggioranza dei membri dei Fratelli Musulmani non è né di fascisti, né di reazionari. Fra i quadri dei Fratelli Musulmani, ci sono numerosi intellettuali d'ispirazione islamista, nello stesso modo in cui, negli anni 50 o 60 in Belgio, si poteva fare parte del CVP-PSC in funzione di una motivazione cattolica. E quindi se si voleva opporsi allo Stato CVP-PSC di quell'epoca, ma non lo si faceva trattando e descrivendo la base di quel partito come fascista. Molti semplici partigiani dei Fratelli Musulmani vedono in questi ultimi una forza contro la povertà, anche se, qui, si sbagliano.

Il solo modo di affrontare i problemi del paese consiste nel chiamarli con il loro nome. Si tratta allora della riforma agraria, della disoccupazione enorme (dei giovani), del problema della casa, del controllo straniero sull'economia, dei diritti democratici, del potere dei partigiani di Mubarak… Ecco i temi che possono unire nuovamente gli Egiziani. Anche gli ufficiali subalterni, i soldati e la polizia ne sono interessati, come la massa di base dei Fratelli Musulmani. L'Egitto resta dunque terra di cambiamento. Un ritorno al periodo Mubarak è escluso.

top