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1 luglio 2013 Sentiamo l’odore dei lacrimogeni da Rio a Taksim, fino a Tahrir 1 luglio 2013 Egitto, si dimette il governatore legato alla Fratellanza. 1 luglio 2013 Un anno di presidenza Morsi, un anno nero per i diritti umani 01 lug, 2013 Ultimatum a Morsi via entro domani lunedì 1 luglio 2013 Egitto nel caos, ultimatum delle opposizioni July 1, 2013 Millions flood streets in anti-Morsi protest 01/07/2013 14 killed during 30 June anti-Morsy protests 01 luglio 2013 Folla oceanica |
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30 giugno 2013 Dietro il caos, il tracollo dell'economia 30/06/2013 250 fishing boats sail in Damietta, protest Morsy 30 giugno 2013 Stralci dagli aggiornamenti dell'Unità |
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http://www.infoaut.org «Sentiamo l’odore dei lacrimogeni da Rio a Taksim, fino a Tahrir» A voi, al cui fianco lottiamo, Il 30 giugno segnerà per noi una nuova fase di ribellione, basata su ciò che è iniziato il 25 e il 28 gennaio del 2011. Questa volta ci ribelliamo contro il regime dei Fratelli Musulmani che ha rafforzato le stesse forme di sfruttamento economico, violenza della polizia, torture e uccisioni. I riferimenti alla venuta della “democrazia” non hanno alcuna rilevanza quando non c’è la possibilità di vivere una vita decente con dignità e mezzi di sostentamento decorosi. Le rivendicazioni di legittimità, attraverso un processo elettorale, distraggono dalla realtà che in Egitto la nostra lotta continua perché siamo di fronte al perpetuarsi di un regime oppressivo che ha cambiato il suo volto sì, ma mantiene la stessa logica di repressione, austerità e brutalità della polizia. Le autorità mantengono la stessa mancanza di una qualsiasi responsabilità nei confronti del pubblico e posizioni di potere si traducono in opportunità per aumentare il potere e la ricchezza personali. Il 30 giugno si rinnova l’urlo della Rivoluzione: “Il popolo vuole la caduta del sistema”. Vogliamo un futuro né governato dall’autoritarismo meschino e dal capitalismo clientelare dei Fratelli Musulmani, né da un apparato militare che mantiene una stretta mortale sulla vita politica ed economica, né da un ritorno alle vecchie strutture dell’era Mubarak. Gli schieramenti dei manifestanti che scenderanno in piazza il 30 giugno non saranno tutti uniti, ma questo deve essere il nostro appello, deve essere la nostra posizione, perché non accetteremo un ritorno ai sanguinosi tempi del passato. Anche se le nostre reti sono ancora deboli, traiamo speranza e ispirazione dalle recenti rivolte, in particolare in Turchia e Brasile. Ognuna di queste nasce da diverse realtà politiche ed economiche, ma noi tutte e tutti siamo stat* governat* da circoli ristretti il cui desiderio di avere sempre di più ha protratto la mancanza di visione di un qualsiasi bene per il popolo. Traiamo ispirazione dall’organizzazione orizzontale del Free Fare Movement fondato a Bahia, in Brasile nel 2003 e le assemblee pubbliche che si stanno diffondendo in tutta la Turchia. In Egitto, i Fratelli Musulmani hanno aggiunto solo una patina religiosa al processo, mentre la logica di un neoliberismo contestualizzato schiaccia il popolo. In Turchia una strategia di crescita aggressiva del settore privato si traduce altresì in un regime autoritario, la stessa logica della brutalità della polizia come arma primaria per opprimere l’opposizione e tutti i tentativi di immaginari alternativi. In Brasile un governo radicato in una legittimità rivoluzionaria ha dimostrato che il suo passato è solo una maschera che indossa mentre si schiera con lo stesso ordine capitalista a sfruttare sia le persone che la natura. Queste recenti lotte condividono le lotte più vecchie in corso, come quelle dei curdi e dei popoli indigeni dell’America Latina. Per decenni, il governo turco e brasiliano hanno provato, ma senza riuscirci, a cancellare la lotta per la vita di questi movimenti. La loro resistenza alla repressione dello Stato ha fatto da precursore alla nuova ondata di proteste che si sono diffuse in tutta la Turchia e il Brasile. Noi vediamo l’urgenza di riconoscere la profondità di ognuna di queste lotte e cercare forme di ribellione in modo da espandersi in nuovi spazi, quartieri e comunità. Le nostre lotte condividono il potenziale per opporsi al regime globale degli Stati nazionali. Sia in tempi di crisi che di prosperità, lo Stato in Egitto sotto il governo di Mubarak, la giunta militare o i Fratelli musulmani continua ad espropriare e privare al fine di preservare ed aumentare la ricchezza e il privilegio di chi è al potere. Nessuno di noi sta combattendo in isolamento. Siamo di fronte a nemici comuni in Bahrain, Brasile, Bosnia, Cile, Palestina, Siria, Turchia, Kurdistan, Tunisia, Sudan, Sahara occidentale e in Egitto. La lista è lunga. Ovunque ci chiamano teppisti, vandali, saccheggiatori e terroristi. Stiamo lottando per qualcosa che è più dello sfruttamento economico, della violenza della polizia o di un sistema giuridico illegittimo. Non è per una riforma dei diritti o della cittadinanza che lottiamo. Ci opponiamo allo stato-nazione come strumento centralizzato di repressione, che consente ad una élite locale di succhiarci la vita e alle potenze mondiali di conservare il loro dominio sulle nostre vite quotidiane. I due lavorano all’unisono, facendo uso di mezzi diversi, dai proiettili ai media e quant’altro c’è nel mezzo. Non stiamo chiedendo di unificare o equiparare le nostre diverse battaglie, ma è la stessa struttura di autorità e di potere che dobbiamo combattere, smantellare e abbattere. Insieme, la nostra lotta è più forte. Vogliamo la caduta del sistema. Compagni del Cairo |
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Il Fatto Quotidiano Egitto, si dimette il governatore legato alla Fratellanza. Lasciano anche cinque ministri, per affiancarsi a chi protesta contro il presidente Mohamed Morsi. Mentre Barack Obama ha fatto sapere che gli aiuti saranno concessi solo se sarà rispettata la legge, se il governo ascolterà l'opposizione e se non sarà usata la violenza
Sale la tensione in Egitto. Il governatore di Ismailiya vicino alla Fratellanza, Hassan el Hawi, si è dimesso dopo essere stato nominato poche settimane fa dal presidente egiziano Mohamed Morsi, mentre le forze armate hanno dato 48 ore ai politici per rispondere alla richieste del popolo. In caso contrario, come afferma un comunicato delle forze armate letto alla tv di stato egiziana, saranno obbligate a presentare una road map la cui applicazione sarà controllata “direttamente”. Oltre ad el Hawi, si sono dimessi anche cinque ministri egiziani, per affiancarsi a chi protesta contro Morsi. I ministri del Turismo, dei Rapporti col parlamento, delle Telecomunicazioni, dell’Ambiente e delle Risorse idriche hanno presentato una lettera di dimissioni irrevocabili spiegando di volersi unire i manifestanti e di essere contrari alla politica del governo. Mentre il presidente americano Barack Obama ha fatto sapere che gli aiuti all’Egitto saranno dati solo se sarà rispettata la legge, se il governo ascolterà l’opposizione e se non sarà usata la violenza. Almeno 15 vittime negli ultimi due giorni Nei giorni scorsi ci sono state proteste e manifestazioni anti Morsi anche violente: da ieri sono 15 le persone che hanno perso la vita, ma alcuni media parlano di almeno 20 morti. Le vittime dell’assalto alla sede della Fratellanza al Cairo sono 8, le altre si sono registrate ad Assiut, Kafr el Sheikh, Alessandria, Beni Suef e Fayum. Uno degli ultimi a perdere la vita è stato un ragazzo di 26 anni, colpito alla testa da colpi d’arma da fuoco durante gli scontri di domenica 30 giugno al Cairo davanti alla sede dei Fratelli Musulmani, dove è asserragliato Morsi. E proprio lunedì 1 luglio le forze della sicurezza egiziane hanno arrestato quindici guardie del corpo di Khairat el Shater, potente numero due della Confraternita. Un ultimatum al presidente Mohamed Morsi era arrivato con un comunicato firmato dai Tamarod, il gruppo dei ribelli: “Via entro le 17 di martedì 2 luglio altrimenti sarà disobbedienza civile”. Gli attivisti chiedono inoltre “alle istituzioni dello Stato, compresi l’esercito, la polizia e la magistratura, di sostenere apertamente la volontà popolare, così come emerge dalla folla”. Il messaggio respinge l’appello al dialogo arrivato da Morsi, perché “non c’è alcuna possibilità di accettare soluzioni a metà. Non ci sono alternative alla fine pacifica del potere dei Fratelli Musulmani e del loro rappresentante, Mohamed Morsi”. 17 milioni di manifestanti in piazza al Cairo Una marea umana ha invaso ieri il Cairo e tutte le regioni dell’Egitto per dire a Morsi, il primo dei Fratelli musulmani, di andarsene. Si è trattato delle manifestazioni più imponenti mai avvenute dalla caduta di Mubarak nel 2011: secondo fonti dell’opposizione, circa 17 milioni di persone sono scese in strada. Il presidente da parte sua ha detto che non cederà mai. Milioni di persone in tutto il Paese, ma nella capitale in particolare, sono scese in piazza con bandiere egiziane e migliaia di cartellini rossi, a simbolizzare la richiesta di espulsione per il capo dello Stato eletto democraticamente un anno fa. Migliaia di manifestanti si sono invece assiepati nella contro-manifestazione, che per due giorni ha occupato lo spiazzo davanti alla moschea di Rabaa el Adwayea al Cairo, dove si sono riuniti i supporter di Morsi e della Fratellanza in nome della legittimità del presidente. Una legittimità che lo stesso Morsi ha invocato in una intervista al britannico The Guardian, una delle pochissime che ha concesso ad un media straniero. “Non c’è spazio di discussione su questo punto. Ci possono essere manifestazioni e le persone possono esprimere la loro opinione ma il punto cruciale è l’applicazione della costituzione. Questo è il punto cruciale”, ha messo in chiaro il presidente egiziano. Il portavoce della presidenza ha ribadito ai giornalisti che non ci saranno concessioni, anche se ha parlato della necessità di un dialogo. In serata Morsi ha fatto il punto con il premier Hisham Qandil dopo essersi tenuto in contatto per tutta la giornata con i ministri della Difesa, dell’Interno e il capo dell’intelligence. Mentre il Fronte di salvezza nazionale, che riunisce gran parte dell’opposizione egiziana, ha diffuso in serata un comunicato nel quale esorta i manifestanti a rimanere “pacificamente” in piazza senza collaborare con un governo “fallito” e “proteggendo la rivoluzione fino a quando non ci sarà la transizione”. |
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Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it
Egitto, un anno di presidenza Morsi, un anno nero per i diritti umani
Un anniversario segnato soprattutto da proteste dalla partecipazione senza precedenti, dalle quali si è levato il grido ”irhal” (“vattene”). Ieri è stato il primo anniversario dell’insediamento alla presidenza dell’Egitto di Mohamed Morsi. Un anniversario segnato da manifestazioni a suo sostegno ma soprattutto da proteste dalla partecipazione senza precedenti, dalle quali si è levato il grido ”irhal” (“vattene”). Per i diritti umani, si è trattato di un anno nero, da numerosi punti di vista. Sotto la presidenza Morsi è stata adottata una nuova Costituzione, da cui è stato escluso il divieto di discriminazione per motivi di genere e di razza. Nell’Egitto dei Fratelli musulmani le donne, già poco rappresentate nelle istituzioni e progressivamente espulse dalle piazze a causa di una violenza sessuale ormai epidemica, non paiono meritevoli di tutela costituzionale. In questi mesi, sono aumentate le limitazioni alla libertà d’espressione, con decine di incriminazioni e processi nei confronti di blogger, comici e “blasfemi”. È stata messa la museruola alle Organizzazioni non governative, attraverso l’adozione di norme vessatorie, raid nelle loro sedi, successivi provvedimenti di chiusura e condanne. La violenza contro la comunità musulmana sciita e quella cristiano copta ha raggiunto livelli allarmanti. Le minoranze religiose vivono nella paura. Poi c’è il filone della mancata discontinuità. Non è stata avviata la minima riforma degli apparati di sicurezza. Non meraviglia, di conseguenza, che le violente tattiche repressive usate per 30 anni e poi nell’intermezzo del Consiglio supremo delle forze armate, siano state impiegate anche in questi ultimi 12 mesi. Non è stato preso alcun provvedimento per stroncare la tortura e non è stata posta fine alla pratica, contraria al diritto internazionale, di sottoporre imputati civili ai processi nelle corti marziali. Un anno di disillusione per le tante persone che in Egitto, nel gennaio 2011, erano scese in piazza per far cadere un regime violento. Un anno di rabbia per chi ha perso la vista, le gambe, le braccia nei giorni della rivoluzione, e di frustrazione e angoscia per i familiari di chi, per quella rivoluzione abortita, ha perso la vita.
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http://www.iljournal.it Ultimatum a Morsi via entro domani L'opposizione del Tamarod che raccoglie la maggioranza di coloro che non vogliono Mohammad Morsi presidente ha lanciato un ultimatum: il presidente deve lasciare entro le 17 di domani. Altrimenti sarà disobbedienza civile Come era prevedibile e come avevano scritto ieri, la situazione in Egitto sta arrivando ad un punto di non ritorno molto pericoloso. Dopo le manifestazioni di ieri l’opposizione ha lanciato un ultimatum al presidente egiziano Mohamed Morsi: deve lasciare il potere entro domani, alle 17, altrimenti sarà “disobbedienza civile”. E’ quanto si legge in un comunicato dei Tamarod, i ribelli. “Diamo a Mohamed Morsi fino alle 17 di martedì 2 luglio per lasciare il potere e permettere alle istituzioni statali di preparare le elezioni presidenziali anticipate”, si legge nel comunicato dei Tamarod pubblicato sul sito. In caso di rifiuto, “martedì alle 17 sarà l’inizio di una campagna di disobbedienza civile”. Il bilancio dei morti e dei feriti secondo fonti mediche è salito a sette vittime e più di 600 feriti negli scontri tra sostenitori ed oppositori di Morsi. Cinque vittime si sono registrate ad Assiut, Beni Suef e Fayoum, a sud del Cairo; due nell’assalto al quartier generale dei Fratelli Musulmani. Una marea umana ha invaso il Cairo e tutte le regioni dell’Egitto per dire al presidente Mohamed Morsi, il primo dei Fratelli musulmani, “vattene”. Si è trattato delle manifestazioni più imponenti mai avvenute dalla caduta di Mubarak nel 2011: secondo fonti dell’opposizione, circa 17 milioni di persone sono scese in strada. Scontri e incidenti si sono registrati al Cairo, dove è stata attaccata e incendiata la sede dei Fratelli Musulmani, e nel sud: il bilancio, al momento, parla di quattro morti, oltre a centinaia di feriti. Ma l’esercito ha dichiarato in serata la massima allerta, mentre i dirigenti dell’opposizione hanno chiesto al loro popolo di rimanere in piazza fino alle dimissioni di Morsi. Da parte sua, il presidente ha detto che non cederà mai. |
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http://www.repubblica.it
Folla oceanica. Si è trattato delle manifestazioni più imponenti mai avvenute dalla caduta di Mubarak nel 2011. L'esercito ha dichiarato in serata la massima allerta, mentre i dirigenti dell'opposizione hanno chiesto al loro popolo di rimanere in piazza fino alle dimissioni di Morsi. Da parte sua, il presidente ha detto che non cederà mai. |
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NOW AFP Millions flood streets in anti-Morsi protest Despite the peaceful atmosphere of the day, as night fell, isolated acts of violence left two people dead.
Five people died as protesters flooded Egypt's streets calling for Islamist President Mohamed Morsi to step down, in massive demonstrations reminiscent of the 2011 revolt which ultimately paved the way to his leadership. "It is the biggest protest in Egypt's history," a military source told AFP on condition of anonymity, adding that "millions" of people were on the streets across the country. But as clashes broke out later on Sunday, five people were killed. A 26-year-old man died and several others were wounded as protesters attacked the Cairo headquarters of the Muslim Brotherhood, a hospital official said. Television pictures showed the building on fire as dozens of people attacked it, throwing stones and fire bombs. Supporters of the Brotherhood fired buckshot at the attackers in a bid to repel them, an AFP journalist at the scene witnessed. Later, automatic weapons fire could be heard around the building. Gehad al-Haddad, a spokesman for the Islamist movement, said around 150 "unidentified thugs" had attacked the offices. Three people were killed in the central province of Assiut when gunmen on a motorbike opened fire on protesters, a security official said. One person died and 40 others were injured when supporters and opponents of Morsi clashed in Beni Sueif province, south of Cairo. Both those incidents took place outside offices of the Freedom and Justice Party, the political arm of the Muslim Brotherhood. "Dialogue is the only way through which we can reach an understanding...," Morsi's spokesman Ehab Fahmy told reporters. "The presidency is open to a real and serious national dialogue." But as chants of "Leave!" rang out around Cairo, the main opposition National Salvation Front called for a campaign of peaceful civil disobedience. They urged Egyptians to stay on the streets until Morsi stepped down. One opposition leader called on the army to intervene if Morsi refused to quit. "The armed forces must act, because they have always been on the side of the people," which "has expressed its will", said Hamdeen Sabahi, who came third in the 2012 presidential election. The best outcome would be if Morsi went of his own accord, he added. Anti-Morsi protests were held in the coastal city of Alexandria, the Nile Delta cities of Mansura, Menuf, Tanta and Mahalla, the canal cities of Suez and Port Said and in the president's hometown of Zagazig. In Cairo's Tahrir Square, protesters waved red cards and Egyptian flags as patriotic songs boomed from large speakers. "The people want the ouster of the regime," the protesters chanted, echoing the signature slogan of the 2011 revolt that ousted Hosni Mubarak and brought Morsi to power. Morsi supporters have been holding counter rallies for days to defend his legitimacy and there had been fears of major confrontations. But Sunday's anti-government protests eclipsed their gathering in Cairo's Nasr City neighborhood, which the army estimated to number around 25,000 people. Police and troops were deployed at key buildings nationwide, including the vital Suez Canal waterway, security officials said. Hospitals were put on high alert. Banks and most offices closed on Sunday, a working day in Egypt. The grassroots movement Tamarod -- Arabic for rebellion -- said it had more than 22 million signatures for a petition demanding Morsi's resignation and fresh elections. The figure could not be verified. Morsi won last year's election by 13.2 million votes to 12.3 million. Last week, eight people including an American were killed and scores more injured as rival demonstrators clashed. Morsi, previously a senior Brotherhood leader, is Egypt's first freely elected president, catapulted to power by the uprising that ended three decades of Mubarak rule. His opponents accuse him of betraying the revolution by concentrating power in Islamist hands and of sending the economy into free-fall. Morsi supporters say he inherited many problems from a corrupt regime, and that he should be allowed to complete his term which ends in 2016. Any attempt to remove him from office is a coup against democracy, his supporters say. Opponents insist calls for his resignation are aimed at restoring the revolution's cornerstones of democracy, freedom and social justice. "We will not allow a coup against the president," senior Brotherhood leader Mohamed al-Beltagui said. The army, which led a tumultuous transition after Mubarak's ouster, has warned that it will intervene if there is major unrest. Since taking office, Morsi has battled with the judiciary, the media and the police. The economy has nosedived, investment has dried up, inflation has soared and the vital tourism sector has been battered. In a televised speech on Wednesday, Morsi warned that polarization threatened to "paralyze" Egypt and tried to placate protesters with appeals for dialogue and promises of constitutional reform. |
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http://nena-news.globalist.it Egitto nel caos, ultimatum delle opposizioni Tamarod: "Morsi, vattene entro domani alle 17 o sarà disobbedienza civile". Proseguono gli scontri per il secondo giorno consecutivo: almeno sei le vittime. Roma, 01 luglio 2013, Nena News - L'Egitto è nel caos: per il secondo giorno consecutivo proseguono le proteste cominciate ieri durante la manifestazione anti-Morsi indetta dalle opposizioni e guidata dalla campagna Tamarod. All'alba la folla ha preso nuovamente d'assalto la sede della Fratellanza al Cairo: alcuni giovani sono entrati negli uffici e hanno compiuto un vero e proprio raid, mentre migliaia di persone trascorrevano la notte in Piazza Tahrir e di fronte al palazzo presidenziale, a Ittihadiya. In quella che si profila come una delle più grandi manifestazioni degli ultimi due anni, almeno sei persone sono morte, centinaia i feriti. Tra le vittime un 26enne ucciso durante l'attacco alla sede del Partito Giustizia e Libertà, braccio politico dei Fratelli Musulmani, nella capitale. Decine di persone hanno preso d'assalto gli uffici lanciando pietre e bombe incendiarie. Un morto anche nella provincia di Assiut dove uomini armati hanno aperto il fuoco contro i manifestanti. Una terza vittima nella provincia di Beit Suef, a Sud del Cairo. Le opposizioni non intendono arrendersi, forti dei milioni di manifestanti portati ieri nelle piazze delle principali città egiziane (Il Cairo, il Delta del Nilo, Porta Said, Suez, Menuf, Mansura, Tanta e Zagagig) e dei 22 milioni di firme anti-Morsi raccolte nelle ultime settimane. E al presidente inviano un ultimatum: dimissioni entro domani alle 17. "Diamo tempo a Mohamed Morsi fino alle 17 di martedì 2 luglio per lasciare il potere e permettere alle istituzioni statali di indire nuove elezioni. Altrimenti sarà l'inizio di una campagna di completa disobbedienza civile", si legge nel comunicato di Tamarod, pubblicato sul sito web della campagna. Non solo. Tamarod ha fatto appello all'esercito, alla polizia e al potere giudiziario perché dichiarino apertamente il proprio sostegno al popolo egiziano: "È necessario che le istituzioni statali, compresi l'esercito, la polizia e la magistratura stiano chiaramente a fianco del popolo rappresentato dalle folle di domenica". E c'è chi, tra le file delle opposizioni, si appella all'esercito: "L'esercito deve agire, perché è dalla parte della gente", ha detto Hamdeen Sabahi, candidato alle presidenziali del 2012. Morsi non cede e punta sul dialogo, "unica via attraverso la quale possiamo giungere ad un compromesso. La presidenza è aperta ad un dialogo nazionale serio", ha detto il presidente attraverso il suo portavoce, Ehab Fahmy. Nena News |
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Al-Masry Al-Youm 14 killed during 30 June anti-Morsy protests Fourteen people have been killed and more than 900 injured since clashes flared between supporters and opponents of President Mohamed Morsy early Sunday, according to data from the Ministry of Health and other medical sources. Tensions are hiking as opposition groups demand early presidential elections while Morsy's Islamist supporters rally in support of his legitimacy as Egypt's elected president. Cairo has seen the largest number of deaths with five killed during attacks on the Muslim Brotherhood's headquarters in Moqattam, south-east of the capital. Around 80 people were wounded in the clashes, as opposition protesters were reported as throwing Molotov cocktails at the building. People defending the Brotherhood compound reportedly responded with cartouche fire. However a security source meanwhile told state-run news agency MENA that the death toll outside Brotherhood HQ stood at 8. The source said one police officer from Basatin police station sustained gunshot injuries to the chest and the face, and was taken to hospital for treatment. In Assiut, 4 people were killed and 15 others injured on Sunday close to the Freedom and Justice Party's offices. One protester was killed in each of Alexandria, Kafr al-Sheikh, Gharbiya, Fayoum and Beni Suef. At least 457 were injured in these governorates. Violence elsewhere saw 312 people injured in Beheira, 15 in Monufiya, seven in Damietta, five in Aswan, three in Daqahlia and 15 in President Morsy's home governorate, Sharqiya. |
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MENA 250 fishing boats sail in Damietta, to protest Morsy Two-hundred-and-fifty fishing boats on Sunday sailed in the Nile to al-Saa Square in Damietta in protest against President Mohamed Morsy. The fishermen used megaphones to chant slogans against Morsy and the Muslim Brotherhood as tens of thousands of Egyptians marched against the Islamist regime across Egypt. |
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http://www.unita.it Stralci dagli aggiornamenti dell'Unità
EGITTO: APPELLO AL AZHAR, OGGI NO VIOLENZE Il gran imam di al Azhar, Ahmed el Tayyeb, ha fatto appello "a tutti gli egiziani di dare prova di moderazione ed evitare qualsiasi forma di violenza oggi", nella giornata di proteste anti Morsi. "E' necessario fare prevalere l'interesse superiore della patria ed evitare atti che possono metterlo a rischio", ha detto in una nota. FERMATI 17 UOMINI ARMATI ANDAVANO A EVENTO PRO-MORSI La polizia egiziana ha fermato 17 uomini armati mentre si dirigevano a una manifestazione a favore del presidente, Mohamed Morsi, al Cairo: lo hanno reso noto fonti della sicurezza, che hanno rivelato di aver intercettato anche enormi quantitativi di armi dirette verso la protesta. I 17 uomini armati viaggiavano in un microbus da Alessandria verso Il Cairo per partecipare al raduno della piazza di Rabea Adauiya, nel quartiere cairota di Nasr City.
UN MURAGLIONE DI CEMENTO PER PROTEGGERE IL PALAZZO Stanno già affluendo al palazzo presidenziale di Ittahadeya centinaia di manifestanti per partecipare alla megamanifestazione, indetta nel pomeriggio, dal movimento Tamarod (ribelli) per chiedere le dimissioni del presidente egiziano Mohammed Morsi. Il palazzo è completamente blindato, un muraglione di blocchi di cemento è stato allestito lungo il muro di cinta per tenere lontano i manifestanti, che sopra ci hanno stesso un lunghissimo striscione con l'immagine della guida spirituale della fratellanza barrata con una X. MORSI AL GUARDIAN: "NON ME NE VADO" Ci possono essere dimostrazioni ma non si può mettere in discussione la legittimità costituzionale di un presidente eletto. Così il presidente egiziano Mohamed Morsi, in una lunga intervista al britannico 'The Guardian', una delle rare concesse ad un media straniero, respinge la richieste dell'opposizione di dimettersi. MORSI: "SONO LEGITTIMAMENTE ELETTO" "Se cambiassimo qualcuno eletto secondo la legittimità costituzionale, ci sarà qualcuno che si opporrà anche al nuovo presidente e una settimana o un mese dopo chiederanno anche a lui di dimettersi", ha affermato il primo presidente dei Fratelli musulmani, nel giorno delle grandi manifestazioni indette per chiedere le sue dimissioni. "Non c'è spazio di discussione su questo punto. Ci possono essere manifestazioni e le persone possono esprime la loro opinione ma il punto cruciale è l'applicazione della costituzione. Questo è il punto cruciale", ha insistito.
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