PressTv
http://www.infopal.it/
30/11/2013
Arabia Saudita e Israele destabilizzano il Medio Oriente
di Tahmineh Bakhtiari
Traduzione di Laura Delia
La posizione strategica del Medio Oriente e la presenza di vaste riserve energetiche nella regione hanno sempre rappresentato i principali motivi di instabilità.
Durante il secolo scorso, la maggior parte dei poteri economici mondiali ha tentato di penetrare nella regione al fine di espandere il proprio dominio sul Medio Oriente. In una prima fase, l’Impero Ottomano venne diviso e successivamente vennero fondati altri stati fomentando i conflitti etnici e tribali e sostenendo una tribù contro l’altra.
La maggior parte di questi stati si basa su sistemi totalitari che mirano a soddisfare gli interessi della classe dirigente e dei suoi sostenitori occidentali invece degli interessi della popolazione. Nel frattempo l’Arabia Saudita, che ha forti legami con gli Stati Uniti e il mondo occidentale, è stata riconosciuta essere il sostenitore ufficiale del wahabismo nella regione.
In una seconda fase l’Occidente ha piantato i semi della rivolta nella regione istituendo il regime sionista nel cuore del Medio Oriente, affinché la popolazione non potesse conoscere pace.
Il regime israeliano ha dichiarato guerra a musulmani e arabi occupando Al-Quds (Gerusalemme) e Palestina. Israele rappresenta il nemico numero uno; in altre parole, è il nemico pubblico dell’intera popolazione presente nella regione.
Tuttavia la popolazione della regione deve fronteggiare un altro avversario, che si considera il leader del mondo arabo e musulmano, mentre rappresenta invece il principale nemico insieme al regime sionista.
Il regime wahabita dell’Arabia Saudita non si è risparmiato nel fomentare disordini nel Medio Oriente e mira a raggiungere il suo obiettivo principale: preparare la strada alla presenza di poteri egemonici nella regione, interferendo negli affari degli altri stati e promuovendo il settarismo.
Il ruolo dell’Arabia Saudita nel fomentare la crisi in Medio Oriente alimentando la fiamma dei disordini in Siria è abbastanza ovvio; Riyadh ha coinvolto la Siria in una grave crisi fornendo aiuti economici per i takfiri affiliati ad al-Qaeda. Il regime sionista, diversi stati europei e gli Stati Uniti forniscono inoltre supporto economico e politico a questi gruppi di takfiri.
Commenti di Sheikh Abdullah Tamimi, leader spirituale proveniente dalla città siriana di Homs, rivelano la profondità del legame esistente tra il regime sionista e l’Arabia Saudita contro la Siria. In un’intervista con il canale israeliano Channel 2, Tamimi ha dichiarato che l’opposizione siriana non ha mai nutrito sentimenti di inimicizia nei confronti di Israele, era anzi dalla sua stessa parte nel combattere contro il nemico comune, ovvero il governo siriano. Ha espresso il suo profondo odio verso Hezbollah e ha offerto una ricompensa per l’uccisione dei suoi comandanti.
Altri sforzi da parte dell’Arabia Saudita per destabilizzare la regione riguardano l’Iraq. Negli scorsi mesi, i conflitti faziosi in Iraq si sono intensificati: i responsabili sono i mercenari affiliati all’Arabia Saudita e al-Qaeda. L’Arabia Saudita sta infatti cercando di soffocare le rivolte popolari nel Paese attraverso la promozione del settarismo in Iraq. In altre parole, i funzionari sauditi stanno cercando di giustificare la soppressione degli sciiti nel Qatif e in altre province fomentando conflitti faziosi in Iraq e altri Paesi.
Il supporto pubblico dell’Arabia Saudita per gruppi affiliati ad al-Qaeda in Iraq, e la fuga dell’ex vicepremier iracheno Tariq al-Hashimi in Arabia Saudita (lo stesso che aveva formato squadroni della morte in Iraq) rappresentano due tra i numerosi tentativi di Riyadh per diffondere instabilità e insicurezza nella regione.
A partire dall’inizio delle rivolte popolari in Bahrein nel febbraio 2011, l’Arabia Saudita e gli stati litoranei del Golfo Persico hanno cercato di dipingere le rivolte come rivoluzione sciita. Tuttavia la loro propaganda è caduta nel vuoto dopo l’arresto o l’uccisione di numerosi attivisti sunniti. Hanno infatti cercato di mettere sciiti e sunniti gli uni contro gli altri e soffocare le rivolte fomentando un conflitto fazioso; il loro progetto è tuttavia fallito. Pertanto hanno avviato una repressione capillare nei confronti dei manifestanti inviando le loro forze di sicurezza nel Bahrein.
Numerose istituzioni saudite sono state incaricate di creare instabilità nel Medio Oriente, tra cui le più importanti sono l’organizzazione statale di intelligence e il dipartimento di fatwa presso il ministero degli Affari religiosi. Emettendo fatwa controverse, compreso il permesso di uccidere sciiti o fatwa per il jihad in Iraq e Siria, i mufti sauditi inviano i gruppi di takfiri in questi Paesi.
Secondo un rapporto del settimanale “Der Spiegel”, almeno 82 gruppi affiliati ad al-Qaeda hanno passato i confini con la Turchia e la Giordania per combattere il governo del presidente siriano Bashar al-Assad.
La campagna saudita per alimentare l’instabilità della regione ha raggiunto il suo apice da quando il principe Bandar bin Sultan ha assunto il comando del ministero dell’intelligence saudita nel 2012. Il principe Bandar, fratello del re Abdullah ed ex delegato saudita negli Stati Uniti, è coinvolto in ogni conflitto, da quelli in Siria e Libano fino a quelli in Iraq e Bahrein.
La documentazione legata al principe Bandar indica chiaramente che sta finanziando e fornendo equipaggiamento ai ribelli da diverso tempo. Negli anni Ottanta ha aiutato la CIA ad armare i combattenti afgani contro la Russia, che successivamente sono diventati la colonna portante dei talebani e di al-Qaeda. Questo principe saudita sta attualmente riassumendo il suo vecchio ruolo fornendo ai combattenti aiuti finanziari e militari e addestramento.
Dalla Siria al Libano, passando per l’Iraq e il Pakistan, la spirale di violenza nella regione è causata dal progetto unificato del principe Bandar e di Israele. Le minacce militari di Washington contro il governo di Assad nel mese di settembre sono senza dubbio dovute alla pressione esercitata dalla coalizione israelo-saudita.
Dopo che gli Stati Uniti hanno ritirato il loro piano di lanciare un attacco militare contro la Siria, le relazioni di Washington con l’Arabia Saudita e Israele si sono logorate al punto che Riyadh si è opposto pubblicamente agli Stati Uniti per quanto riguarda la questione siriana.
Nel complesso si può affermare che Arabia Saudita e Israele stanno collaborando tra di loro allo scopo di alimentare i disordini nella regione. Analizzando i rapporti e le notizie si comprende appieno lo stretto legame che unisce i due regimi mediorientali.
Il legame tra sionismo e wahabismo si è rafforzato al punto tale che, secondo Yahya abu Zakariya, gli ebrei hanno rubato al-Quds e i wahabi hanno sottratto Mecca e Medina ai musulmani. Zakariya afferma che il wahabismo è stato istituito al fine di distruggere l’Islam e i mezzi di comunicazione wahabi finanziati dai petrodollari sauditi dipingono un’immagine oscura dell’Islam, esattamente ciò a cui mirano gli Stati Uniti e Israele.