Originale: The Indipendent
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7 maggio 2013

‘La guerra civile in Iraq è già cominciata’: un politico sostiene che il conflitto è iniziato e avverte che sarà ‘peggiore della Siria’.
di Patrick Cockburn
Traduzione di Maria Chiara Starace

I leader iracheni temono che il paese stia scivolando  lentamente verso una nuova guerra civile che “sarà peggiore che in Siria”. I residenti di Baghdad stanno facendo incetta di riso, verdura, e altri generi alimentari, in caso che gli sia impedito di andare nei negozi dai combattimenti o dal coprifuoco. “E’ sbagliato dire che ci stiamo avvicinando a una guerra civile,” ha detto un importante politico iracheno. “la guerra civile è già incominciata.”

Questo è stato confermato dall’aumento improvviso del numero di persone uccise durante le violenze politiche in Iraq in Aprile; l’ONU sostiene che il mese scorso siano state uccise più di 700 persone, il totale mensile più alto registrato da cinque anni.

La situazione si è improvvisamente deteriorata da quando sono stati uccisi 36 dimostranti arabi sunniti  durante un sit-in ad Hawijah. Un osservatore a Baghdad, che non voluto che si facesse il suo nome, ha detto: “da allora la gente di Hawijah ha paura che si  ritorni ai massacri del 2006.” Ha aggiunto che i Sunniti e gli Sciiti stavano evitando di andare nelle reciproche aree.  Dappertutto ci sono segni di deterioramento della sicurezza. Al-Qa’ida ha mostrato   lunedì quando 5 auto bombe sono esplose nell’Iraq meridionale a grande maggioranza sciita, uccidendo 21 persone. Il gruppo fondamentalista sunnita, che ha avuto una ripresa nel 2012, è responsabile dell’uccisione della maggior parte di 1.500 Iracheni che sono morti finora durante le violenze politiche di quest’anno.

I suoi membri sono ora in grado di vagare liberamente nella provincia di Anbar dove un anno fa essi erano un movimento clandestino. Nelle vicinanze di  Kirkuk, la settimana scorsa al-Qa’ida ha preso la città di Sulaiman Bec, ha sparato al capo della polizia, ha devastato la stazione di polizia e se ne è andata con le armi prese lì,  dopo essersi accordati per una tregua con l’esercito iracheno.

I residenti di Baghdad dicono che i soldati che sostengono di essere uomini della milizia sciita in uniforme, si sono raggruppati intorno alle enclave sunnite nella città e stanno preparando dei posti di controllo. Ricordi della guerra settaria del 2006  e del 2007, quando, nei mesi peggiori, circa 3.000 persone sono state massacrate, forse possono esacerbare il senso di minaccia, ma vecchie paure di stanno risvegliando. Le bombe sono state di solito dirette contro gli Sciiti in passato, ma nelle recenti settimane sono stati presi di mira  le moschee e i caffè sunniti. “Prima potevamo scappare in Siria, ma con la violenza che c’è là, dove possiamo andare?” ha chiesto un iracheno. “non c’è via di uscita.”

Il governo del Primo ministro Nouri al-Maliki, è in difficoltà a replicare. Trattando con il movimento di protesta degli arabi sunniti, che è nato quattro mesi fa, un quinto della popolazione dell’Iraq, che dicono di essere trattati come cittadini di seconda classe, Maliki oscilla tra il denunciarli come terroristi e l’ammettere che essi hanno delle lamentele vere da fare. Il governo ha chiuso la strada principale che dall’Iraq va in Giordania, cosa  che i Sunniti dicono sia una punizione collettiva per la loro comunità. Nel complesso, il Signor Maliki ha malamente sbagliato i calcoli, credendo che, se avesse temporeggiato, le proteste sunnite si sarebbero esaurite  e avrebbe potuto dividere la leadership con promesse di denaro e di posti di lavoro.

Le dimostrazioni sunnite, che spesso avvengono sotto forma di sit-in nelle piazze delle città grandi e piccole, sono ora sorvegliate da combattenti bene armati che preparano i loro posti di controllo. Durante un fine settimana, uno di loro ha fermato una macchina con 5 soldati iracheni in abiti civili,

che si sospettava fossero funzionari dei servizi segreti, presso una dimostrazione  a Ramadi, la capitale del governatorato di  Anbar . Gli uomini sono stati tutti uccisi. Il governo iracheno dipende da un’alleanza tra gli Sciiti e i Curdi che, prima che dell’invasione  statunitense del 2003, erano oppressi dal regime di Saddam Hussein dominato dai Sunniti.

Questa alleanza è ora logorata e molto più debole che in passato. L’esercito iracheno e le truppe curde (peshmerga) si sono radunate per affrontarsi l’anno scorso in una vasta striscia di territori disputati noti come “la linea

Una delegazione curda guidata dal Primo ministro del Governo regionale del Kurdistan (KRG), Nechervan Barzani, è andata a Baghdad a discutere una quantità di problemi controversi   compresi la sicurezza, i giacimenti di petrolio e la quota dei Curdi del bilancio federale. Il Signor Maliki ha promesso di visitare il KRG fra 10 giorni e i ministri curdi stanno terminando il loro boicottaggio del governo, ma i Curdi non si aspettano progressi riguardo alla maggior parte degli argomenti in discussione.

Parlando della imminente rivolta sunnita, Fuad Hussein, il capo del personale del presidente del KRG, Massoud Barzani, ha detto che “la parte occidentale del paese è  coinvolta in un’insurrezione contro il governo. Non vogliamo avere una seconda Siria, qui e stiamo andando in quella direzione. Il fuoco è moto brutto e noi non abbiamo molti pompieri.” Crede che la crisi attuale è peggiore delle prime perché non c’è nessuno che possa mediare.

Le ultime truppe americane se ne sono andate alla fine del 2011, il presidente Jalal Talabani è malato e si trova in un ospedale in Germania, e i Curdi stessi sono troppo ai ferri corti  con Baghdad per svolgere un ruolo di moderatori tra Sciiti e Sunniti. Il Signor Hussein teme che se la crisi attuale si intensifica, non c’è nulla che impedisca che esploda in un bagno di sangue.

Le crisi in Iraq e in Siria si stanno ora contagiando reciprocamente. L’insurrezione che dura da due anni dei Sunniti in Siria ha incoraggiato i loro compatrioti in Iraq che condividono una frontiera comune, a iniziare le loro proteste. Queste sono iniziate lo scorso dicembre e, finché l’esercito ha ucciso e ferito dozzine di dimostranti, erano in gran parte pacifiche.

I Sunniti iracheni hanno preso forza dal fatto che, mentre essi sono una minoranza nel loro paese, sono una maggioranza nella regione.

Le rivolte nei due paesi stanno sempre più svolgendosi sempre piùin parallelo. Al-Qa’ida in Iraq il mese scorso ha annunciato che aveva fondato il Fronte al-Nusra, la forza militare siriana più efficace, che ha dedicato metà del suo bilancio per sostenerla, e che ha mandato combattenti esperti di Al-qa’ida in Siria come rinforzi.

Quando in marzo i soldati del governo siriano sono fuggiti in Iraq, e sono stati rimpatriati in Siria, a circa 47 di loro è stato teso un tranello e sono stati uccisi ad Akashat, vicino al confine siriano. I ribelli sostengono che il governo iracheno dominato dagli Sciiti, sta diventando un sostenitore più attivo del presidente Bashar al-Assad. La settimana scorsa i ribelli hanno riferito che  un aereo dell’aviazione irachena aveva bombardato le loro forze a Deir Ez Zhor nella Siria settentrionale.

Era più probabile che fosse un aereo siriano che era entrato per breve tempo nello spazio aereo iracheno, sebbene il governo di Baghdad non abbia emesso alcuna smentita immediata. I volontari Sciiti iracheni sono andati a Damasco per difendere il santuario sciita di Sayida Zaynab, anche se il loro numero è sconosciuto. Gli Stati Uniti presumono che l’aereo iraniano con le armi per le forze di Assad vola regolarmente attraverso l’Iraq.

I leader iracheni a Baghdad ed a Erbil sono convinti che l’intera regione sta per essere scossa da una guerra settaria tra Sunniti e Sciiti. In un conflitto del genere l’Iran e l’Iraq saranno moltissimo in minoranza.

Mahmoud Othman, un esperto leader curdo e deputato, crede che il governo di Baghdad abbia un’idea esagerata della sua forza e sottovaluta il grado in cui l’ambiente internazionale è ostile ad essa. Dice: “Ricordo loro che tra i 56 stati islamici del mondo, soltanto due sono completamente sciiti.”

Molti politici iracheni danno la colpa al Signor Maliki di esacerbare la crisi. Come capo del partito religioso sciita al-Dawa,  è stato Primo ministro dal 2006, quando è stato scelto dall’ambasciatore degli Stati Uniti in Iraq, Zilmay Khalizad come il leader sciita più accettabile per gli Stati Uniti, e che era anche in buoni rapporti con l’Iran.

Gli Stati Uniti e l’Iran sono rimasti fondamentali perché conservasse la carica, sebbene un diplomatico britannico ha riflettuto in seguito che non essere riusciti a bloccare  il reincarico del Signor Maliki, è stato l’errore peggiore fatto da Stati Uniti e Gran Bretagna.

 

Nei precedenti anni del suo incarico, il Signor Maliki ha scelto un approccio più generalizzato e conciliatorio verso i sunniti arabi e i Curdi e questo avveniva in parte per le pressioni americane. Il Signor Maliki ha però assicurato il suo appoggio elettorale come principale leader sciita, convincendo gli elettori sciiti che lui e il suo partito impediscono una contro-rivoluzione  condotta dal Partito Baath che avrebbe allontanato gli sciiti dal potere.

Giocarsi la carta settaria ha anche il vantaggio di fare della  sicurezza, invece che della corruzione penetrante del governo e del fallimento di fornire i servizi pubblici, il problema principale per la maggioranza Sciita. La mentalità del Signor Malik è molto simile a quella di un uomo della sicurezza all’interno del partito Dawa altamente centralizzato e autoritario che per molti versi è una versione sciita del Partito Baath di Saddam Hussein.

Consolidando il suo appoggio tra gli Sciiti, il Signor Maliki si è per sempre alienato i Sunniti che lo considerano con diffidenza. “Forse ha vinto sugli Sciiti, ma ha perduto l’Iraq,” dice Ghassan al-Attiyah, uno studioso di politica di Baghdad.

Crede che la chiave per sdrammatizzare la crisi attuale, è che il Signor Malik si dimetta e che sia sostituito da una figura più neutrale di primo ministro fino alle elezioni parlamentari del prossimo anno.

Non è probabile che accada. Gli Sciiti dell’Iraq sospettano che potrebbero affrontare una battaglia per la loro esistenza. Queste paure possono essere esagerate e deliberatamente ingrandite dal governo, ma assicurano la base politica del Sgnor Malik. Gli Iraniani hanno apertamente espresso i loro dubbi su di lui, ma non vogliono vederlo destituito mentre stanno combattendo per salvare il loro alleato in Siria.

Credono che sia ora che tutti gli Sciiti restino uniti. Le insurrezioni in Siria e in Iraq arrivano insieme con risultati esplosivi per l’Iraq, la regione e il mondo. Un Iraq stabilizzato soltanto di recente sta diventato di nuovo instabile. Soltanto due mesi fa i dimostranti sunniti stavano scandendo lo slogan :”Maliki o l’Iraq!” Ora invece scandiscono: “Guerra! Guerra!”

‘Gli iracheni stanno affrontando la terrificante possibilità di ulteriore violenza’

Paul Bremer

Amministratore americano dell’Iraq dal 2003 al 2004

Gli avvenimenti iracheni sono causa di preoccupazione. Gli estremisti islamici di al-Qa’ida in Iraq (AQI) sono stati praticamente sconfitti dall’ aumento delle forze americane. La chiave del successo è stata che i Sunniti iracheni si sono resi conto che condividevano l’obiettivo del loro governo e dell’America di sconfiggere queste forze anti-democratiche. Il ritiro delle nostre forze alla fine del 2011, ha però fornito un inconfondibile segnale – al governo iraniano, a molti Sunniti iracheni e, cosa più importante di tutte, ad al-Qa’ida  – che malgrado gli enormi costi di sangue  e di denaro, l’America stava terminando il suo impegno in Iraq. Questo ha aperto la possibilità  agli AQI di riprendere gli attacchi brutali contro il popolo iracheno e ha provocato rappresaglie sempre più dure da parte del governo iracheno.  La ripercussione  di violenza dalla Siria ha esacerbato la situazione.

Alistair Burt

Ministro degli esteri inglese per il  Medio Oriente

La violenza in Iraq nella settimana scorsa è molto preoccupante. La vasta maggioranza degli iracheni non vogliono tornare al conflitto di tipo settario del passato, ma vogliono costruire un paese stabile, prospero e democratico. E’ fondamentale che tutti i capi religiosi agiscano responsabilmente per evitare che la situazione si deteriori, e che trovino un processo di pace inclusivo  che risponda alle richieste di tutti i settori della società irachena. Accolgo i segnali  che alcuni siano disponibili a farlo, ma questo richiederà sforzi coordinati  da parte di tutti.

Generale Maggiore  Jonathan Shaw

Comandante delle Forze britanniche in Iraq nel 2007

In Iraq, come nella regione durante la impropriamente denominata Primavera Araba, le strutture artificiali dello stato sono state contestate da  lealtà più fondamentali di sangue e di religione. Il Primo ministro Maliki non ha mai avuto il potere bruto o la perspicacia politica di unire i Curdi, gli Sciiti, e i Sunniti come aveva fatto Saddam. E i vicini vedono un vantaggio nella minaccia di uno smembramento: l’ Iran come un cuscinetto a occidente, i sauditi e i Sunniti un cuscinetto a oriente, i Turchi un patto con i Curdi per il petrolio. E visto il premio in petrolio che va ai vincitori,  la battaglia potrebbe essere intensa.

Toby Jones

Assistente universitario di Storia del Medio Oriente all’Università Rutgers, New Jersey

L’Iraq rimane un paese profondamente agitato. La recente impennata di violenza che si è verificata, solleva ovvie preoccupazioni circa la probabilità di un’altra ondata di conflitti mortali. Gli Iracheni, per i quali la sofferenza è diventata purtroppo una routine, si stanno confrontando con la terribile eventualità di subirne ancora un’altra. Ciò che accade in Iraq è importante anche oltre i suoi confini, specialmente se i termini settari di questa fase di violenza diventano radicati. Dato che l’Arabia Saudita e i suoi alleati stanno già sfruttando le differenza settaria in Siria e nel Golfo come mezzo di sfidare l’Iran, una recrudescenza di violenza settaria in Iraq quasi certamente intensificherà le peggiori  patologie politiche che già avvincono la regione.

Douglas Alexander

Ministro degli esteri dell’opposizione

Le violenze avvenute di recente in Iraq, rischiano di mettere a repentaglio i progressi  che così tanti Iracheni vogliono vedere verso la pace e la stabilità. Visto il subbuglio in tutta la regione e il suo impatto sull’Iraq, i gruppi politici locali hanno la responsabilità di non alimentare le fiamme di una divisione settaria. Il Rappresentante speciale dell’ONU, Martin Kobler, ha detto che il paese è ora a un ‘bivio’. Dato che il paese si avvicina alle elezioni dell’anno prossimo, la fragilità della democrazia dell’Iraq pone una responsabilità sul governo iracheno e su altri partiti politici in Iraq di agire con attenzione e cautela.”

Dipartimento di stato degli Stati Uniti.

La situazione attuale in Iraq è preoccupante e ci ricorda le sfide formidabili che l’Iraq continua ad affrontare.  I funzionari statunitensi a Washington e a Baghdad sono stati in costante contatto con una vasta serie di importanti dirigenti iracheni per aiutarli a risolvere le continue  tensioni politiche e settarie. Queste conversazioni si sono incentrate su passi specifici per evitare ulteriore violenza e risolvere pacificamente  problemi chiave attraverso un impegno costruttivo e il processo politico.

Il popolo iracheno ha necessità di esaminare i processi costituzionali e le istituzioni per trovare soluzioni concrete per problemi irrisolti. Questo è un duro lavoro che spesso richiede di lasciarsi dietro lagnanze storiche, trovando un terreno comune tra avversari storici, e elevandosi al di sopra di dispute personali per migliorare la vita di tutti gli iracheni. Esortiamo tutti i dirigenti iracheni a impegnarsi nel dialogo per raggiungere il consenso su specifiche misure costruttive e applicabili per trattare problemi continui e privare gli estremisti violenti di qualsiasi occasione di usare parole o azioni per incitare la tensione etno-settaria.

Gli Stati Uniti continuano ad appoggiare  un Iraq che sia centrale,  unificato, democratico, stabile, e sicuro. Esortiamo tutti i partiti a continuare a lavorare insieme verso quell’obiettivo per mezzo delle istituzioni democratiche dell’Iraq, coerenti con le norme giuridiche e con la costituzione irachena.


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://www.zcommunications.org/the-civil-war-in-iraq-has-already-begun-politician-claims-conflict-has-started-and-warns-it-will-be-worse-than-syria-by-patrick-cockburn

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