http://znetitaly.altervista.org L’Algeria ritorna in Egitto In modo molto tragico, l’Egitto sembra stia seguendo lo stesso cammino di sangue dell’Algeria negli anni ’90. Come avevo preannunciato quasi due anni fa in un articolo [i], l’esercito egiziano, come quello dell’Algeria nel 1992, è riuscito ora spaccare l’opposizione al vecchio regime autoritario, manovrando l’ambizioso, sicuro di sé, e più importante componente del movimento islamista di massa nel confronto armato diretto con la polizia e le forze armate e costringendo la maggior parte degli oppositori laici a scegliere tra effimere speranze per un regime repubblicano prolungato o per la protezione militare contro una potenziale teocrazia islamista. Tra gli altri, gli osservatori di vecchia data del Medio Oriente, Robert Fisk e Patrick Cockburn, di recente hanno notato questa dinamica ripetuta tra i due paesi [ii], e i commentatori algerini hanno fatto lo stesso [iii]. Mentre i dettagli ovviamente sono diversi, i quadri più ampi sono straordinariamente simili. In Algeria, una breve liberalizzazione della stampa, le aperture elettorali per nuovi partiti politici e spazio per organizzazioni da poco indipendenti (specialmente i sindacati) dal 1989 al 1991, sono venute dopo importanti scioperi dei lavoratori, imponenti manifestazioni nelle strade e sanguinosa repressione di Algeri alla fine del 1988, proprio come al Cairo nel 2011. In entrambi i paesi, il periodo di liberalizzazione politica era soltanto una facciata per nascondere temporaneamente la realtà del controllo militare continuo. In Algeria, un partito islamista populista, il FIS (Fronte Islamico di salvezza nazionale) ha ottenuto vittorie significative nelle elezioni comunali del 1990 e una vittoria schiacciante al primo turno delle elezioni legislative nel dicembre 1991. A questo punto i militari sono intervenuti, hanno cancellato il secondo turno e hanno instaurato un regime apertamente dominato dai militari. Gli avversari laici degli Islamisti si sono allora divisi tra coloro che insistevano per far continuare le elezioni, non importa quali, per salvare il recente esperimento di democrazia liberale e coloro che si opponevano per principio all’esperimento, alleati con coloro che temevano un islamismo trionfalistico che sarebbe andato verso un regime autoritario proprio. Questa divisione ha creato aspre recriminazioni all’interno della sinistra algerina liberale e radicale, proprio come succede oggi in Egitto. Nel frattempo uno slancio crescente di scontri armati e di repressione di stato, iniziato anche prima delle elezioni del 1991, è aumentato drammaticamente fino a diventare una guerra civile di guerriglia su vasta scala urbana e rurale durata quasi un decennio tra militari e gruppi islamisti, mentre i civili erano presi nel fuoco incrociato. Nel conflitto sono morti fino a 200.000 algerini, altre migliaia sono stati feriti e sono spariti. Oltre ai massacri nei villaggi, gli Islamisti hanno ucciso donne laiche, insegnanti, professionisti e giornalisti, hanno rapito donne di varie età per asservirle sessualmente nei campi della guerriglia delle zone rurali. I militari, a loro volta, timorosi di un’opposizione islamista forte e continua, hanno compiuto massacri e torture di prigionieri su vasta scala. Mentre il regime alla fine offriva tregue e l’amnistia alle guerriglie islamiste, fornendo loro la reintegrazione nella società civile, una piccola minoranza islamista, ora nota come Al-Qaeda, nel Maghreb islamista (AQIM), ha continuato le ostilità fino a oggi dalle sue remote basi sulle montagne e nel deserto. L’esercito, a sua volta, ha assicurato la sua scelta di successivi mandati presidenziali e anche il suo continuo saccheggio di enormi entrate statali di petrodollari e di altre fonti di corruzione redditizia. Sebbene sembrasse probabile che Abdelaziz Bouteflika presidente in carica sarebbe stato proposto di nuovo per un quarto incarico nel 2014, il suo grave colpo apoplettico di pochi mesi fa preclude senza dubbio questo scenario. Ciò nondimeno le fazioni rivali all’interno del regime militare, come prima, sicuramente troveranno un nuovo personaggio da compromesso da imporre a un elettorato algerino sempre più alienato, senza preoccuparsi delle condizioni della vita quotidiana che si deteriorano continuamente per la maggior parte delle persone, o delle richieste di responsabilità politica poste da lungo tempo dalla base popolare. E’ ancora da vedere se gli Islamisti egiziani possano ora produrre e sostenere un movimento di resistenza di guerriglia su un terreno molto diverso da quello dell’Algeria. Gli Islamisti algerini avevano il vantaggio di remote basi di montagna e spesso dell’appoggio dei locali abitanti dei villaggi per le loro azioni. Malgrado le grandi frustrazioni dell’anno scorso, gli Islamisti in Egitto hanno ancora senza dubbio un sostegno sostanziale tra i milioni di Egiziani ridotti in povertà, ora radicalizzati dal colpo di stato militare- Ugualmente, la resistenza armata islamista e le aggressioni in altre parti del mondo arabo, compresa la Siria, l’Iraq, la Libia e lo Yemen, dimostrano la probabilità di un’efficacia di una guerriglia islamista prolungata sia nei contesti urbani che in quelli rurali. Mentre il conflitto delle forze armate contro gli Islamisti, sviluppa la sua tragica parabola in Egitto, i liberali e i radicali laici che disprezzano entrambe le parti, saranno presi in mezzo, come in Algeria, e saranno certamente lasciati ai margini per lungo tempo, una volta che la probabile guerra di guerriglia sarà finita. Quella che era iniziata come “rivoluzione senza capi” nel 2011 per deporre Mubarak e, come alcuni speravano, l’intero ancien régime, come culmine dell’attivismo della base popolare in diversi contesti sociali [iv], è stata cooptata da Islamisti di gran lunga meglio organizzati e ora dai militari egiziani. Se tutto va bene, l’euforia una volta sperimentata dell’azione diretta riuscita e dello spazio temporaneamente più libero, sosterrà le speranze e le attuali energie organizzative più sofisticate di moltissimi persone della generazione più giovane, la cui generosa determinazione nel 2011 ha offerto tale ispirazione specialmente in Medio Oriente e in Nord Africa, ma anche in tutto il mondo. Nel frattempo dipende da noi operare contro l’oppressione nei nostri paesi e verso la caduta del terrorizzante sistema capitalista mondiale che incoraggia sia i regimi militari che i populismi autoritari, teocratici o di altro genere, che vengono considerati come un’ultima occasione da miliardi di persone disperatamente povere e inermi. Note [i]{C} David Porter, “The Long Shadow of Algeria on the Arab Autumn,” ZNet, 11/5/11.[L'ombra lunga dell'Algeria sull'autunno arabo] [ii]{C} Robert Fisk, “Cairo Massacre: After Today, What Muslim Will Ever Trust the Ballot Box Again?” The Independent, 8/14/13 [Il massacro del Cairo: dopo oggi, quale musulmano si fiderà ancora dell'urna elettorale?] Patrick Cockburn, “Egypt on the Brink of A New Dark Age, As the Generals Close In for the Kill,” The Independent, 8/18/13, [L'Egitto sull'orlo di una nuova età buia, mentre i generali si avvicinano alla preda ]. [iii] For example, Farah Souames, “Crise en Egypte: l’avenir incertain ou la pire scénario,” El Watan, 8/18/13; [Crisi in Egitto: l'avvenire incerto o il peggior scenario], Mohand Bakir, “Egypte: une guerre qui ne nous est pas étrangère,” Le Matin.dz, 8/19/13; [Egitto: una guerra alla quale non siamo estranei]; and Samir Bouakouir, “Ni Etat policier, ni Etat intégriste,” Le Matin.dz, 8/20/13. [Né stato di polizia, né stato integralista]. [iv]{C} David Porter, “On Leaderless Revolutions and the Fall of Mubarak,” ZNet, 2/12/11.[Le rivoluzioni senza capi e la caduta di Mubarak]. David Porter è Professor Emeritus di scienze politiche e storia alla State University di New York, ed è autore di: Eyes to the South: French Anarchists and Algeria, [ Occhi verso il Sud: gli anarchici francesi in Algeria], pubblicato nel 2011 dalla AK Press. Da: Z Net Lo spirito della resistenza è vivo www.znetitaly.org Fonte:http://www.zcommunications.org/algeria-redux-in-egypt-by-david-porter Originale: David Porter’s ZSpace Page
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