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America, giovedì il default. La fronda dei senatori repubblicani Senza un accordo, il Tesoro americano potrebbe dichiararsi insolvente da giovedì. I senatori del Gop sono pronti a trattare, ma si scontrano con l'intransigenza dei loro colleghi della Camera
I repubblicani e la Casa Bianca hanno quasi trovato un accordo per superare lo shutdown e alzare il tetto del debito federale. Eppure Obama e il Grand Old Party sono lontani da qualsiasi accordo. Sembra un paradosso ma è la realtà: i moderati repubblicani del Senato stanno infatti lavorando a una bozza di proposta che rimetta in funzione le finanze pubbliche paralizzate dalla mancata approvazione di una legge di bilancio, mentre il gruppo alla Camera lavora a una sua idea. La prima ha qualche possibilità di incontrare i favori del presidente democratico, la seconda no. Il partito di Paul Ryan (nella foto) e John McCain, per dare due nomi famosi che incarnano posizioni lontane, è più diviso che mai. Sui contenuti e sul modo per portare a casa dei risultati. Di fronte al possibile default, che il Dipartimento del Tesoro annuncia per giovedì, i senatori repubblicani hanno fretta. La loro proposta è stata elaborata da Susan Collins e altre due senatrici. L’idea è quella di autorizzare l’innalzamento del debito fino a tutto gennaio 2014 in maniera da consentire a democratici e repubblicani di trovare (finalmente) un accordo generale sul deficit e sul suo ridimensionamento. Il pacchetto contiene anche misure per far rientrare lo shutdown. In questo caso non si chiede la sospensione della riforma sanitaria ma il rinvio di una tassa sulle apparecchiature mediche che dovrebbe contribuire a finanziarla. Uno specchietto per le allodole introdotto dalle senatrici per poter dire agli elettori: una cosa la abbiamo ottenuta, abbiamo cancellato una tassa. Il pacchetto manterrebbe i tagli automatici scattati dopo che i due partiti americani erano stati incapaci di trovare un accordo sul bilancio lo scorso anno. La scelta del gruppo repubblicano al Senato è netta: bisogna evitare lo shutdown e far ripartire il paese. Il Grand Old Party precipita nei sondaggi e viene percepito come il responsabile del disastro. I senatori del partito vorrebbero uscirne vivi. Purtroppo per loro devono vedersela con i loro colleghi della Camera. Alcuni moderati hanno in questi giorni sparato ad alzo zero contro l’ala estrema: «È ora di comportarsi da adulti in questa vicenda», ha detto il governatore del New Hampshire Sununu riferendosi all’ala del Tea Party che domina alla Camera. La risposta è venuta dall’incontro nazionale dei Value Voters (un gruppo di repubblicani battaglieri sui “temi etici”) dove tutti hanno promesso di non arretrare di un passo nella battaglia per cancellare Obamacare. Compreso il redivivo Paul Ryan già candidato vice di Mitt Romney e membro della commissione Bilancio. Si dice che quando la delegazione senatoriale ha incontrato Obama abbia chiesto dettagli sui piani dei compagni di partito. Ovvero, i gruppi non si tengono informati né lavorano di concerto. Alla domanda «Le piace il piano del Senato?», Ryan ha risposto con un secco «No, stiamo lavorando ad altro». Per quanto è dato di sapere, l’altro di cui parla Ryan è una autorizzazione all’innalzamento del debito e alla fine dello shutdown per sole sei settimane. La parte positiva è che il piano della Camera prevede di cancellare una serie di tagli automatici se la Casa Bianca sarà in grado di eliminare altre spese equivalenti. «Si sono fatti passi avanti rispetto al passato, ma l’idea che il presidente possa accettare un rinvio di poche settimane è da escludere. Si tornerebbe all’incertezza all’inizio del periodo natalizio, sarebbe un errore», ha detto il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney. Che non ci sia accordo lo ha confermato lo stesso Boehner durante un meeting a porte chiuse con il suo gruppo. Si continua a discutere, ma la Casa Bianca rifiuta di trattare con la spada di Damocle di fine novembre sulla testa. Al Senato, intanto, la maggioranza democratica voterà l’innalzamento del debito. Un modo ulteriore per mettere Boehner nell’angolo. Tutto si gioca sulla capacità dello speaker di tenere unito il suo gruppo e trattare con Obama a partire da posizioni credibili. Si tratta di due condizioni che difficilmente si verificheranno assieme nei prossimi giorni. Escluderlo del tutto sarebbe però sbagliato. Lo spettro del default fa paura e le pressioni sui repubblicani crescono.
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