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Snowden, la furia del Sudamerica per l’«attacco imperialista» a Morales Dopo l'atterraggio forzato dell'aereo del presidente della Bolivia, tutti i paesi sudamericani si schierano compatti contro l'«affronto» di Europa e Stati Uniti. E l'argentina Kirchner fa la telecronaca
Un pasticciaccio che denota tutta l’impreparazione della security statunitense (che ultimamente non ne azzecca una coinvolgendo, as usual, al traino la vecchia Europa), una “gola profonda” (Snowden) che se da Hong Kong se ne fosse andato direttamente a Pechino avrebbe fatto un favore a tutti, Putin compreso ma, soprattutto, un affronto alla sovranità della Bolivia e dell’America latina, una regione sino a ieri “giardino di casa” di Washington. No, l’aver deciso su imput Usa di chiudere lo spazio aereo al volo del presidente boliviano Evo Morales non è stata una gran pensata di Portogallo e Francia (seguiti a ruota da Spagna ed Italia in “automatico”). E non solo perché di Snowden, sul volo di Evo non c’era neppure l’ombra. E anche se ci fosse stato, comunque, per “catturare” una spia o un eroe, fate vobis, non si fa così in un mondo sempre più globale e controllato. Cornuti e mazziati direbbero a Napoli perché il risultato, chiaro a tutti almeno qui nel Cono Sur, sono le conseguenze diplomatiche che ne seguiranno nei prossimi giorni. Conseguenze che non promettono nulla di buono, né per Washington né per il suo maldestro ed assai poco “intelligent” alleato europeo. Da queste parti, infatti, sono tutti furiosi. A cominciare dai boliviani, ça va sans dire, che ieri, a centinaia, hanno circondato furenti l’ambasciata francese a La Paz. E, se non ci fosse stata la polizia antisommossa di Morales, le feluche transalpine avrebbero sicuramente passato almeno un quarto d’ora assai poco piacevole. «Hanno messo in pericolo la vita del presidente», hanno denunciato a più riprese ieri il vicepresidente, l’ex guerrigliero Álvaro Marcelo García Linera, ed i ministri boliviani di difesa ed esteri, sottolineando che se non fosse stato per l’ok dato da Madrid (che poi avrebbe cambiato idea, impedendo l’atterraggio di Morales su suolo iberico) per rifornire di carburante (alle Canarie) “el avión” su cui viaggiavano Evo e la folta delegazione che l’accompagnava, l’aereo sarebbe rimasto senza carburante a quasi diecimila metri d’altezza. Inoltre, se non ci fosse stata Vienna non a caso una capitale europea che su spie ed affini ha un pedigree indiscusso e mantiene una lucidità sconosciuta ad altri in questo momento Morales forse starebbe ancora volteggiando sui cieli dell’Unione europea. Comunicati al fulmicotone sono stati immediatamente emanati dall’Alba, l’alleanza dei popoli bolivariani, ma anche dall’Unasur, l’unione delle nazioni sudamericane che ingloba tutti gli stati sudamericani ad eccezione della Guyana francese. Giusto per dire che l’ideologia politica c’entra poco, come dimostra il divieto di sorvolo imposto dalla Francia di François Hollande. Unasur che ha già convocato una riunione d’urgenza come accade solo nei casi più gravi. E che questo sia da considerare non solo grave ma gravissimo lo dimostra meglio di ogni altro l’account di Twitter della presidente argentina Cristina Kirchner, che nel giro di pochi minuti ieri notte ha descritto meglio di qualsiasi cronaca giornalistica in una lunga sequenza di tweet l’atmosfera che si respira in queste ore in Sudamerica. Sono tornata dalla Casa Rosada ad Olivos (la residenza presidenziale, ndr). Sono le 21 e 46 minuti. Mi avvisano che c’è il presidente (dell’Ecuador, ndr) Correa al telefono. «Rafael? Passamelo». «Ciao Rafa, come stai?». Mi risponde tra l’arrabbiato e l’addolorato. «Non sai che sta succedendo?» «No, che succede?». Io con la testa tra le nuvole. Strano perché sono sempre attenta e vigile, però avevo appena finito una riunione. “«Cristina. Hanno arrestato Evo con il suo aereo, e non lo lasciano uscire dall’Europa». «Cosa? Evo? Evo Morales arrestato?». Immediatamente mi viene in mente la sua ultima fotografia, in Russia con Putin, Nicolás Maduro ed altri capi di Stato. «Ma che è successo Rafael?» «Molti paesi gli hanno revocato il permesso di sorvolo e ora sta a Vienna», mi risponde. Non c’è dubbio, sono tutti matti. Un Capo di Stato ed il suo aereo hanno un’immunità assoluta. Non può esserci un livello tale d’impunità. Chiamo Evo. Dall’altro lato del telefono mi risponde con voce tranquilla: «Ciao compagna, come stai?». È lui a chiedermi come sto io! Ha migliaia di anni di civiltà di vantaggio rispetto a me. Mi spiega l’accaduto. «Sono qui, in una saletta dell’aeroporto… E non consentirò che mi perquisiscano l’aereo. Non sono un ladro». Semplicemente perfetto. Forza Evo. «Lasciamo chiamare il ministero degli Esteri, gli dico. Voglio vedere la giurisdizione, il Trattato ed il Tribunale a cui fare ricorso. Ti richiamo». «Grazie compagna». Susana Ruiz Cerruti, la nostra esperta in diritto internazionale al ministero degli Esteri mi conferma la totale ed assoluta immunità secondo il diritto consuetudinario, ratificato da una Convenzione del 2004 e che il tribunale a cui appellarsi è quello dell’Aia. Se l’Austria non lo fa uscire o vuole perquisirgli l’aereo possiamo adire la Corte Internazionale dell’Aia e chiedere (i danni, ndr)… Siiii! Altrimenti gli possiamo mandare qualche giudice da qui. Madre de Dios! Che mondo! Chiamo di nuovo Evo. Il suo ministro della difesa annota tutto. In Austria sono già le 3 del mattino. Cercheranno di mettersi in contatto con le autorità. Parlo con Pepe Mujica (presidente dell’Uruguay, ndr). È indignato. Ha ragione. Tutto qusto è molto umiliante. Mi richiama Rafa (Correa, ndr). Mi avvisa che Ollanta (il presidente del Perù, ndr) convocherà una riunione dell’Unasur. Qui è passata la mezzanotte da 25 minuti. Domani sarà un giorno lungo e difficile. Calma. Non ce la possono fare. Com’è andata a finire? Morales è ripartito poco fa per la Bolivia. Che ha presentato oggi una denuncia all’Onu contro «l’atto di aggressione» da parte di vari paesi europei che con un «atteggiamento razzista, coloniale e subordinato agli Stati Uniti» hanno palesemente «violentato le regole del diritto internazionale».
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