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Giovedì 25 Aprile 2013

25 Aprile, la resistenza di Madrid
di Debora Billi

Mentre in Spagna e Grecia è l'assedio della disperazione, quello italiano è stato l'assedio della speranza. Forse per l'ultima volta.

E' un 25 Aprile del XXI secolo, quello che si sta consumando a Madrid. Data che non significa nulla per gli spagnoli, diversamente che per noi, ma che forse da oggi sarà ricordata anche lì.

Non per una Liberazione però. O almeno, ancora no. Come sta purtroppo accadendo in tutti i Paesi mediterranei, nella capitale della Spagna il 25 Aprile 2013 è il giorno in cui si assedia il Parlamento.

Scontri giovedì sera nel centro di Madrid nei dintorni del Parlamento tra forze dell'ordine e manifestanti convocati dalla piattaforma «En Pie!» (in piedi), che ha convocato la manifestazione «Occupiamo il Congresso». Manifestanti hanno lanciato oggetti contro la polizia, che ha caricato a più riprese.

Sei milioni di disoccupati cominciano a farsi sentire, nella società civile e poi anche per strada. Bruxelles, spietata, chiede "ulteriori misure": ma quelli, si sa, amano infierire proprio su chi si mostra più disperato. Prima che in Spagna, gli assedi al Parlamento sono diventati ormai all'ordine del giorno in Grecia, al punto che la Casta ateniese ha pensato bene di assumere i mercenari Blackwater per proteggere meglio il Palazzo. Tra i poliziotti locali, ormai, serpeggia il malcontento e non c'è troppo da contare più sulla loro assoluta fedeltà.

E in Italia? Per la prima volta, sabato scorso, anche a Roma il Parlamento è stato circondato dai cittadini furibondi. Un giorno forse, chissà, potrò raccontare cosa è successo. Ma un'osservazione è doverosa: mentre in Spagna e Grecia è l'assedio della disperazione, quello italiano è stato l'assedio della speranza. Non cittadini senza più nulla da perdere, ma cittadini con qualcosa ancora da chiedere con forza: un nuovo presidente che li rappresentasse e che potesse anche rappresentare l'ultima possibilità di svolta. C'era insomma ancora una bandiera per gli italiani a piazza Montecitorio, sabato scorso, e si chiamava Stefano Rodotà.

Non sono stati ascoltati. La prossima volta, probabilmente, conosceremo anche noi l'assedio della disperazione.

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